Capitolo 3 - Bridget

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Le opzioni che le venivano in mente erano che fosse davvero stupida o iniziasse ad aver paura. Di certo non aveva mai pensato che qualcuno della quinta gens potesse essere interessante. L'avrebbe comunque uccisa, prima o poi. Più poi che prima, visto che il suo aiuto le serviva.

Si guardava intorno, forse stava cercando una via di fuga.

Si sporse appena in avanti per osservarla meglio. Ormai era costretta a sopportare lei, tanto valeva cercare di capire con chi aveva a che fare. Il tempo per procurarsi qualcun altro era scaduto e al Consiglio non sarebbe piaciuto un altro cambio, era già al limite con il non essersi accontenta della prima persona che le era toccata.

Poteva anche essere un vantaggio che fosse diversa, tutti quelli della quinta gens non sembravano mai avere forze.

Bridget inclinò appena la testa. Sarebbe stato divertente vederla litigare con Clelia, per come le aveva risposto prima forse sarebbe stata una delle poche persone in grado di tenerle testa.

«Non hai altri commenti da fare, infima

Quella tornò a guadarla, con la fronte appena aggrottata.

«Puoi stare tranquilla, almeno fino a domani mattina ci arrivi.»

Era strano pensare che era così vicino ai giorni dei fiori di fuoco, tutto quello per cui aveva sempre studiato, l'unico obiettivo di vita era lì. Era diventato reale tutto d'un tratto, tra la scelta dei vestiti per la cerimonia e il cercare il bagaglio più adatto da portarsi dietro. Avrebbe perso ogni cosa a cui era abituata, per tre, quattro giorni Scaldenn sarebbe diventata solo il ricordo di una vita diversa.

Inspirò a fondo. Il premio che le sarebbe venuto... quello valeva sopportare il tempo passato lontano da lì.

«Continuo a non essere convinta del fatto che io dovrei fare qualcosa per te.»

«Non hai da convincerti, devi farlo e basta» le rispose appoggiandosi allo schienale. Accavallò le gambe e inclinò appena la testa. «Sei della quinta gens, sei un'infima. Scegli la definizione che preferisci e infilatela in testa. Tu devi fare quello che ti dico. Non lamentarti. Posso concederti qualche domanda, se serve per farmi lasciare in pace poi.»

Spostò un plico di fogli da parte. Le sembrava strano avere il tavolo quasi vuoto: fino a qualche giorno prima i volumi con le trascrizioni dei resoconti degli anni precedenti e quelli che riportavano ogni leggenda sugli ardenti agri troneggiavano sul resto. Doveva ammettere che le dava un senso di calma, poco corrispondente alla sensazione che non l'aveva quasi fatta dormire le due notti precedenti.

«Okay, quante ne ho?»

Le lanciò un'occhiata. Non aveva mai visto qualcuno che fosse così determinato della quinta gens. Fosse stata diversa poteva anche pensare di farsela amica. Fiamme sacre. Si morse un labbro. Non poteva pensare quelle cose. Era solo colpa dei nervi. Non poteva cedere in quel momento.

«Facciamo dieci.» Di certo non sarebbe arrivata fino all'ultima.

«La prima: perché non sono più in quella stanza?»

«Uno, è una cella. Due, perché partiamo domattina presto. Non ho voglia di venire a cercarti.»

«Non erano già iniziati i giochi?»

Bridget scosse la testa. «Quinto giorno del nono mese. Domani.»

«Oh» mormorò l'infima.

«E la festa delle fiaccole è stasera.»

«E ora che roba è?»

Afferrò un foglio mezzo scritto che fuoriusciva appena dalla cassetta. Segnò tre linee, giusto per evitare che si prendesse più spazio di quello che le aveva dato. «È una delle tradizioni più importanti. Avrai l'onore di assistere, non preoccuparti.»

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