Capitolo 7 - Eleanor

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La tazza le dava l'idea di potersi rovesciare da un momento all'altro addosso. Era una porcellana pesante, diversa da quella che aveva usato a Scaldenn.

La paura di bruciarsi era stata sostituita da quello che avrebbe potuto dire Theo. Aveva abbassato lo sguardo sul liquido scuro che continuava a fissare, come se non avesse appena lasciato andare una notizia troppo grande per essere digerita.

Eleanor si sistemò meglio sul divanetto, ma la posizione era scomoda ovunque si mettesse. Sarebbe voluta correre via e riportare a Bridget quelle informazioni, ma non senza avere altri dettagli. Non era detto che Theo ne volesse riparlare nelle ore o nei giorni successivi e ogni cosa poteva cambiare la situazione.

Erano state così vicine per tutto il tempo ed era sicura che la famiglia di Clelia avesse a che fare con la questione.

Portò la tazza alle labbra e bevve un sorso. Aveva un retrogusto di frutta che non si aspettava dall'odore. Bruciò la gola per un attimo, ma senza darle il sollievo che aveva sperato. Forse un bicchiere di liquore sarebbe stato più apprezzato.

«Stiamo aspettando te, ragazzo.» Fu Jacob a rompere il silenzio, il tono duro come non l'aveva mai sentito. Eleanor rabbrividì, anche se l'ordine non era rivolto a lei.

Theo inspirò a fondo, poi appoggiò la tazza sul tavolino e sfregò le mani sui pantaloni. «Sono stato il primo a sopravvivere agli ardenti agri. Mia madre ha sempre insistito che imparassi a usare l'energia, anche se per piccole cose, e mi è tornato utile là dentro. Ho ucciso uno della prima e il figlio di Gilbert ha capito quanto potessi essergli utile, ma una volta tornato è venuto meno alle sue promesse. Non voleva essere bollato come quello strano, quello...» Scosse la testa. «E visto com'è andata quest'anno, ci aveva visto bene.»

Si morse la lingua. Non era il momento di commentare quel che pensava.

«I primi anni ho fatto quel che potevo per sopravvivere – anche se significava sottostare ai capricci dei Cogwright. Ho cercato di tirarmi via da loro, ma non posso. Anche se nel tempo ha capito che gli sono utile, i miei errori pesano addosso. Prima di partire si chiedevano come portare le fiamme sacre negli ardenti agri, ma non so cosa volessero fare di preciso. Insomma, sono più un tuttofare che un consigliere per complotti vari ed eventuali.»

«Pensavo stessi con Gilbert» disse Philip. Aggrottò la fronte e appoggiò la tazza sul tavolo a sua volta, poi incrociò le braccia. «Cosa c'entrano i Cogwright ora?»

«Mi hanno promesso soldi» mormorò Theo abbassando lo sguardo. «Soldi che, ovviamente, non ho mai avuto. Continuano a usarmi a loro piacimento e cosa posso fare contro di loro? Mi ucciderebbero alla prima lamentela, me l'hanno detto più di una volta. Ho provato a parlarne con Gilbert una volta, ma non mi ha creduto, diceva che dovevo smetterla di rubare il vino a suo figlio e in qualche modo ne sono venuti al corrente. Non auguro a nessuno di ritrovarsi sotto i colpi di una frusta di fuoco.»

Eleanor bevve un sorso, come se potesse buttare giù anche il disagio. Non poteva dire di conoscere Theo, non avevano mai parlato di altro che non fossero le circostanze. L'idea che per lui fosse tutto sistemato era crollata in mille pezzi davanti a sé.

«Perché non ce l'hai mai detto?»

«Cosa potevate fare? Difendermi? Avrebbero ucciso anche voi.»

Il tintinnio della tazza di Jacob contro il piattino richiamò l'attenzione di tutti.

«È una cosa che non mi stupisce, purtroppo.» Accavallò le gambe e strinse le mani sul ginocchio. «Hanno sempre cercato di far sì che le cose girassero come volevano loro, sono a Scaldenn solo perché nessun'altra città li vuole. Hanno più di un'accusa: truffa, evasione delle tasse e omicidio sono solo alcune.»

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