Capitolo 4 - Bridget

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Bridget si sistemò su uno dei cuscini vuoti accanto a Clelia. Nemmeno gli altri sembravano voler avere a che fare con lei, tanto che solo quei due erano rimasti vuoti.

Clelia si inclinò verso di lei. «Strano, eh?»

Alternò lo sguardo tra la delegazione di Helistrum e il braciere. Le fiamme sacre sembravano diverse da quelle di cui aveva sentito tanto parlare: non c'erano le scintille che schizzavano in tutte le direzioni, il braciere appariva troppo grande rispetto a quelle che c'erano dentro.

O forse si riferiva a chi aveva chiesto di incontrarli, guidati da uno della quinta gens. Aveva i capelli legati indietro, le solite scintille che aveva già visto su altri.

Era sbagliato su più punti di vista – dov'era finita l'unità che c'era stata tra le varie città fino a quel momento? Ognuna con la sua identità, ma abbastanza simili da poter pensare di guardarsi allo specchio. Forse non era vero che la colpa della sparizione delle fiamme sacre fosse dei Cogwright, poteva essere benissimo loro e del loro andare contro le tradizioni.

«Che ne pensi?» le chiese Clelia a bassa voce.

«Che hanno fatto un casino.»

«Devo darti ragione, Turner. Il loro è quasi peggio del tuo.»

Quasi. Non l'avrebbe mai ammesso che era almeno cento volte peggio: poteva aver rovinato se stessa e la propria reputazione, ma almeno non avrebbe messo in pericolo tutti.

«Il punto è che è successo qualcosa tra il loro periodo e il nostro.»

Clelia sollevò le mani. «Non darmi la colpa, non ho fatto niente.»

Una scusa che non aveva chiesto. Sarebbe passata sopra la questione, se poteva portarla a incartarsi nelle sue stesse bugie. Le sembrava di brancolare in un buio dove nemmeno la propria energia poteva aiutare.

Serrò le labbra e si sistemò sui talloni. Non si era resa conto di essere così stanca, se non il primo momento in cui si era appoggiata su un qualcosa di morbido – un sogno all'interno degli ardenti agri. Non ci avevano pensato, a differenza loro.

La questione non le piaceva nemmeno troppo. Che altro c'era fuori da Scaldenn che non si allineava con quelle che – in teoria – erano le regole da seguire?

Sbatté le palpebre e cercò di riprendere il filo della conversazione che Clelia aveva iniziato, ma aveva saltato tutta la parte iniziale. Non sapeva ancora chi avesse davanti, perché l'unico della prima gens fosse più impegnato a riempire una tazza di tè fumante che a prestare attenzione a loro.

Deglutì a vuoto.

Era strano non avere un equilibrio dall'altra parte, era quello che il padre le aveva sempre raccontato. Se l'aveva fatto su quello, su quant'altro le aveva mentito?

Si spostò appena sul cuscino, il senso di inquietudine che si faceva sempre più forte. Era come se una delle creature fosse comparsa alle proprie spalle e la stesse fissando, calcolando il momento migliore per attaccare.

Tamburellò con le dita sulla coscia.

Avrebbe voluto alzarsi, calmarsi lontano da quel miscuglio che sembrava uno scherzo: la quinta gens non poteva essere al potere, nemmeno là. Se si basava tutto sulle fiamme sacre, sul calore, loro non erano affatto le persone adatte. Voleva bene a Eleanor, però... c'erano dei limiti che dovevano ricordarsi anche loro.

La conversazione si trasformò in silenzio quando la terra tremò di nuovo. Il tentennare delle rocce, più forte della volta precedente, si allargò in tutto il corpo. Il battito del cuore si fece più forte, ma nessuna parte del proprio corpo sembrava in grado di rispondere ai comandi che voleva dare.

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