Bridget lisciò la stoffa della giacca e allineò al meglio il fazzoletto al collo.
Di solito non c'era mai un bel motivo dietro quelle richieste del padre e visto quanto era successo nei giorni precedenti, immaginava che sarebbe stato sulla stessa linea: era inutile sperare che si trattasse di una buona notizia sulla sua posizione nel Consiglio, aveva superato troppi limiti con quel pugno e si meritava la punizione che sarebbe arrivata da lì a breve.
Inspirò a fondo e sollevò la mano per bussare sulla porta dello studio, il cuore che non accennava a rallentare i battiti.
Bussò, poi fece un passo indietro. Le buone maniere non erano state dimenticate.
«Avanti.» La voce attutita dal legno.
Entrò nello studio a testa bassa. I decori delle mattonelle di marmo si sovrapponevano gli uni agli altri, segno che le lacrime erano già lì. Non voleva mostrarsi debole, ma il peso del fallimento la piegava sotto di sé un po' di più ogni giorno che passava e non poteva dargli altri motivi di disprezzarla più di quanto non facesse già. Ci doveva essere un modo per tornare sulla strada giusta, avrebbe fatto tutto quello che le avrebbe chiesto.
Inspirò a fondo e poi sollevò il mento. Il padre era intento a scrivere qualcosa su un foglio, tutto quello che vedeva erano i capelli rossi pettinati indietro. Non l'aveva nemmeno degnata di uno sguardo, come se fosse qualcuno della quarta gens su cui non aveva alcun interesse.
«Vincent ha detto che volevi vedermi» disse prima di fare due passi avanti. Il silenzio era troppo da sopportare.
«Iniziavo a pensare che se lo fosse dimenticato.» Appoggiò la penna nel calamaio, intrecciò le mani e alzò la testa verso di lei. «Perché continui a deludermi, pulce?»
«Non ho fatto niente.» Allargò le braccia. Iniziava a essere stanca di quelle accuse: quel che era successo negli ardenti agri era ormai passato, così come lo scontro.
«Non ti è venuto il dubbio che forse è quello il problema?»
Bridget fece per rispondere, ma richiuse subito la bocca. Le aveva teso una trappola e ci era caduta in pieno. Non aveva proprio visto che la sua mancanza di fiducia era solo un modo per vedere quanto sarebbe stata in grado di rimettere insieme da sola i pezzi della propria vita, non perché non la volesse aiutare.
«Forse abbiamo sbagliato qualcosa nel crescerti. Non hai imparato niente. Niente! Devo considerare sprecati anche i soldi che abbiamo usato per la tua istruzione? Non stai facendo fare una bella figura alla nostra famiglia.»
«Mi dispiace?»
«È una domanda?»
Portò le mani dietro la schiena. Doveva accettare che anche lui aveva una parte di responsabilità in quello che era successo: in tutti quegli anni non le aveva mai permesso di sbagliare. Le seconde possibilità non erano mai esistite, se non per Vincent e le sue almeno quattro attività commerciali fallite prima di trovare quella giusta.
«No» rispose dopo un attimo di silenzio. «Mi dispiace.»
«Di cosa?»
Si avvicinò alla scrivania, appoggiandosi con entrambe le mani sul bordo. «Cosa vuoi che ammetta con questo incontro? Ho imparato anch'io a giocare con queste questioni. Non sono così stupida.»
Gli avrebbe dimostrato che non erano stati soldi sprecati.
«Cosa pensi che voglia che tu ammetta?» Il padre si alzò in piedi, la sedia che stridette sul pavimento mentre era spostata indietro. «Il fatto che tu continui ad associarti così tanto con la quinta gens mi fa pensare che ci sia altro.»
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Fiori di fuoco
FantasyEleanor non ha mai conosciuto altro a Scaldenn che non fosse l'odio e il disinteresse: segnata dall'appartenere alla quinta gens, non può fare altro che cercare di sopravvivere e sperare che non arrivi una condanna ingiusta anche per lei. Bridget J...