Capitolo VIII: cuore di ghiaccio

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Londra

Mi risvegliai in ospedale, in un lettino del pronto soccorso, con un'infermiera dallo sguardo apprensivo che mi prendeva i parametri vitali.

"Si è svegliata, sembra stia bene" disse ad un'altra donna altrettanto preoccupata.

Non ricordavo molto, dovevo aver sbattuto la testa, anche perché mi faceva un gran male.

"Che cosa è successo?" chiesi.

L'altra donna si avvicinò, aveva un'aria familiare ma non riuscì proprio a identificarla, mi disse: "Karina, sei svenuta a casa mia. A Harry è sanguinato il naso e tu sei caduta a terra, abbiamo chiamato subito l'ambulanza"

Harry...

Ma certo il bambino a cui stavo facendo da babysitter! Quella donna era la madre.

Che vergona, ero svenuta in casa loro, durante il primo giorno di lavoro: la conoscenza con il bambino.

Inutile dire che non ottenni mai quel posto.

Sento un fiato caldo e umido sulla mano, e subito dopo una lingua calda che mi lecca le dita. Fatico ad aprire gli occhi e, ancora intontita, intravedo una massa giallina al mio fianco.

Sento una mano che mi tasta la fronte, delicatamente, poi una coperta si adagia sul mio corpo come per magia. Cado di nuovo in uno stato di profonda incoscienza.

*

Apro gli occhi lentamente, come dopo un lungo sonno.

Aspetta, quando mi sono addormentata?!

Rivango nella mia mente per cercare dei ricordi, di dov'ero, di quando e come mi sono addormentata, di cosa stessi facendo prima. Ma niente.

I miei occhi si riaprono su un soffitto, ma non sembra quello di casa mia. Abbasso lo sguardo e sono su un divano. Io non ho un divano in casa mia. Non sono a casa mia.

Dove sono allora?

Con un certo sollievo mi accorgo della loro presenza in questa stanza. Del cane colore del sole e del ragazzo con la pelle colore della luna e i capelli colore della notte. Se ne stanno al tavolo, Leo che scarabocchia qualcosa su un'agenda, Milo accucciato fedelmente ai suoi piedi.

Ci troviamo in quello che sembra a tutti gli effetti un salotto. Due divani grigi, un tavolo rotondo in legno, molti mobili intarsiati, alcuni quadri appesi alle pareti. Tutto ha un'aria elegante, un po' antiquata ma pur sempre di classe.

Provo ad alzarmi, ma appena muovo i muscoli sento un bruciore e un intorpidimento incredibili. Sento anche gli occhi che bruciano e la testa pesante, per non parlare dei brividi di freddo. Forse ho la febbre.

Non ho le forze di alzarmi, ancora non riesco a ricordare cosa sia successo, quindi non ho altra alternativa.

"Leo..."

Di scatto chiude il suo quadernino su cui stava scarabocchiando, si alza dalla sedia e viene verso di me, Milo lo segue.

Si accovaccia vicino al divano su cui sono sdraiata, quando si avvicina noto qualcosa nei suoi occhi, sembrano più vivi.

Non felici né gioiosi, semplicemente più vivi, più veri del solito. Normalmente non trapela alcun tipo di emozione o sentimento, sono impenetrabili. Ma adesso noto qualcosa, preoccupazione forse. Fa scorrere veloce le sue iridi chiare su di me, prima sul mio volto, poi sulle mie mani e su tutto il corpo, ancora avvolto da una coperta.

"Ti senti bene, vero?" mi chiede ansioso.

"Credo di aver sbattuto la testa, non ricordo molto, mi fa male tutto" dico toccandomi dietro la nuca.

Tra la Neve e le StelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora