Gli incubi si ripetevano ed erano sempre tutti uguali.
Ma dopo lunghe ore paura e ricordi ad occhi chiusi suonò la sveglia.
Era quella dei suoi genitori ma quel giorno nessuno dei due lavorava.
Lara aprì gli occhi e restò nel letto sotto le coperte, fuori dalle lenzuola c'era freddo, la notte iniziò a piovere, e ancora la mattina continuava.
Si vedevano delle piccole gocce sul vetro della finestra, ma era sempre meglio stare sotto le coperte, che essere costretta a bragnarti sotto la pioggia che filtrava nel tetto, in quella casa vecchia.
Iniziarono a fare casino, rumore di pentole e di posate.
Stavano già preparando la colazione.
Dopo partii la sveglia di Sara, aveva una canzone d'avvero brutta.
Sara si alzò e stropicciandosi gli occhi uscì dal cassetto i biscotti e prese le tazze.
- Il grande giorno!
Disse Sara con ironia.
- Vai a chiamare tua sorella.
Che sennò facciamo tardi.
Le disse suo padre, mentre versava il latte nelle tazze.
Per Lara non lo fece, le tazze erano solo tre, lui sua moglie, e sua figlia.
Per Lara no.
Ma lei era abbituata avrebbe preso qualcosa nel cassetto.
Sara si alzò seccata e strofinando i piedi arrivò alla porta della camera da letto di Lara.
Bussò.
- Svegliati!, muoviti!, oggi nessuno ha dormito per colpa tua.
Disse Sara.
Non avrebbe dovuto dirlo, ma lei lo disse solo perché ad ascoltare ci stavano i suoi genitori.
Lara sentii tutto, capii che quello era il giorno più temuto.
Si era innervosita all'affermazione di Sara, sembrava che fosse colpa sua di tutto il casino che c'era in giro.
Ma nella testa di Lara c'era di più di un semplice casino per cui lamentarsi.
Lei si alzò e si mise subito dei calzini perché c'era freddo, poi le pantofole, e uscì dalla stanza sbadigliando.
- Sei stanca, vero?. E colpa tua! Perché sei un impiccio enorme, e dai solo problemi.
Urlò sua madre, quelle parole, non erano nuove già sentite, ma ogni volta Lara perde un motivo per cui non dovrebbe uccidersi.
Fece finta di niente, aprì il cassetto e prese un pacchetto di biscotti.
Si alzò e si girò, ma da dietro si sentii:
- Guarda a questa che si è presa i biscotti che aveva comprato a Sara.
Disse sua madre, nervosamente.
Lara non si trattenne più non voleva dargli il sazzio di avergli risposto perché era quello che lei voleva, che Lara si comportasse male.
- Tutto in questa casa è per Sara, per me nulla, qualcosa dovrò mangiare.
Disse Lara trattenendo i nervi, e dominando una grande calma falsa.
Aprì la porta di camera sua e si chiuse lì dentro, si sedette nella scrivania e mangiò i suoi biscotti, il pensiero che avrebbe dovuto vedere di nuovo quel mostro che la stava uccidendo era davvero forte e le faceva venire i brividi.
Ma poi pensò che almeno sarebbe stato giustiziato forse avrebbe avuto ciò che si meritava.
Lei si alzò e scelse i vestiti, decise di vestirsi di nero.
Una tuta, aveva anche un cappuccio, Lara si sarebbe dovuta riparare dalla pioggia.
Lei era pronta, si era messa anche le scarpe, ma decise di restare in camera sua per aspettare la sua famiglia che si preparava.
Lara aveva l'ansia, e doveva parlare con qualcuno ne aveva l'esigenza, voleva una parola do conforto o anche solo sentirsi ascoltata poteva farla stare meglio.
Lei prese il telefono e pensò a chi potesse scrivere, Dario no, lo avrebbe solo messo in difficoltà visto che è un ragazzo in certe cose lui non può essere d'aiuto.
Anna era perfetta per sfogarsi, forse lei sapeva come farla calmare.
Lara scrisse ad Anna.
- Anna, ho bisogno di qualcuno.
Anna lo lesse subito e rispose.
- Lara, che succede?
- Devo presentarmi, è l'ultima volta, e io non voglio andare.
Anna ho paura.
- Lara, fatti forza devi essere forte, passerà anche questa è diventerà un lontano ricordo.
- Lo so ma adesso io devo andare, e mi vergogno da morire.
Ci saranno molte persone, e guarderanno tutti me.
- Abbiamo tutta la vita davanti, tu inizierai a venire a scuola e tutto tornerà come prima, il passato sarà solo passato.
E la vergogna deve averla chi fa qualcosa di male. Non tu che cerchi di vivere tranquilla.
Lara la ringraziò e chiuse il telefono, perché sentii un grido provenire dalla cucina.
Era Sara.
- Lara muoviti.
Lara si alzò dalla sedia, e uscì fuori senza dire una parola.
Sarà aveva addosso un vestito di fiori, tutto aderente, sembrava che stesse andando in discoteca.
Lara entrò in macchina, mentre aspettava quardava le gocce di pioggia che cadevano sull'asfalto della strada.
Dopo qualche minuto, erano tutti in macchina, Lara e Sara dietro e i loro genitori davanti.
Nessuno parlò per tutto il tragitto, solo la musica faceva rumore.
Arrivarono li fuori Lara iniziò a tremare, era enorme, un tribunale del genero lo vedeva solo nei film.
Ma non avrebbe mai pensato che sarebbe dovuta andare lì.
Entrarono, all'inizio c'era l'avvocato di Lara, già si erano conosciuti, lei era una donna.
Lara credeva, che visto che a difenderla c'era una donna avrebbe attenuto la giustizia.
- Come stai?
Chiese l'avvocato.
- Una favola, non vedevo l'ora di essere qui.
Ironia e sarcasmo.
Lara era nervosa.
Tonto nervosa, troppo nervosa.
- Ne ho sentite tante storie, ma la tua mi ha fatto stare davvero male, io ho visto molte ragazze come te, che hanno passato ciò che hai passato tu, io ti capisco e comprendo il tuo comportamento.
Lara la guardò negli occhi, e poi abbassò lo sguardo al pavimento.
Avrebbero iniziato molto presto, infatti già iniziarono a prendere posto, arrivarono persone che Lara non conosceva.
C'era Elena, accompagnata dal suo patrigno.
C'era la signora Maria, che piangeva senza fermarsi un secondo.
Andrea e Lola non andarono perché avevano i bambini, e poi Andrea non l'aveva preso per niente bene.
E trovò metodi estremi per curare il suo dispiacere.
Lara di girò in avanti ancora non c'era nessuno.
Lara non se ne accorse, ma nella parte affianco a lei avevano portato quell'uomo.
Era ammanettato e subato.
Iniziò a guardare Lara fissandola in un modo strano, sembrava che stesse sognano.
Lara dopo lo vide, cercava di trattenere le lacrime, non voleva che lui la vedesse piangere.
Iniziarono e lei cercava di pensare ad altro, guardava il tetto, e pensava a cose più belle.
Ma nelle orecchie arrivava lo stesso la voce di chi parlava.
Lara si girò dietro per vedere chi la stesse guardando.
Perché si sentiva osservata, e perché li dentro si parlava di quello era accaduto a lei.
Tutti la stavano guardando, nessuno escluso.
Ma appena videro gli occhi di Lara distolsero lo sguardo, guardando al trove.
Lei era terrorizzata e tremava.
Dentro di lei qualcosa le diceva di girarsi e di guardare.
Lara teneva il capo chinato guardava il banco mentre si strofinò gli occhi.
Decise di guardare ma solo per un secondo.
Si girò, le finirono i capelli davanti agli occhi ma riuscì a guardare lo stesso.
Lui era anche girato, la stava guardando da tempo, nonostante fu richiamato molte volte.
Lara lo vide, era uguale, sembrava che stesse sorridendo.
Ma lei si girò subito.
Aveva paura, e iniziò a tremare.
Le voci nella testa ripartirono nel parlare, alcune volte minacciose, come se la volessero manipolare.
Lara aveva entrambi i palmi delle mani aperti e appoggiati sul banco, lei muoveva la testa cercando di tornare nella normalità, ma le stavano trascinando via la ragione.
Qualcuno le toccò la spalla e le disse.
- Stai bene?
Era il suo avvocato.
Lara alzò la testa, e le voci non c'erano più, lei non disse nulla, si girò e alzò la testa guardando il giudice.
Le tremava la gamba, ed era d'avvero fastidioso, era l'ansia.
Lara si sentiva soffocare, lì dentro non c'era luce, e non girava l'aria, era la stessa sensazione di stare chiuse in quella stanza per giorni.
Li dentro parlavano, e parlavano, ma Lara iniziò a non sentite più vedeva le loro labbra che si muovevano, e forse qualche parola la capiva in base al movimento.
Aveva un rumore in testa, come il gesso che strofina sulla lavagna.
Il tempo passava ma per lei non velocemente, la signora Maria ancora piangeva, e Lara aspettava con ansia la fine.
Ma non sarebbe stata libera perché aveva una seduta subito dopo.
Dalla stanza uscirono tutti, si doveva aspettare il verdetto finale, ciò che avrebbero scelto non sarebbe stata una condanna da poco, perché in mezzo ci sono molti reati.
La scelte erano due, o la morte, o restare a vita in galera.
Ma la maggior parte della gente che conosceva quell'uomo votava per la morte.
L'amicizia c'era però era grave, e se avrebbero scelto loro già sarebbe stato morto.
Se gli avrebbero dato la pena di stare in carcere a vita, ci sarebbe stata la possibilità di togliere anni.
Tornarono di nuovo tutti e si sedettero ai propri posti.
Si aspettava il giudizio.
Quell'uomo sembrava tranquillo, molto tranquillo, cosa avrebbe dovuto temere, era lui il killer li dentro una condanna di quella non bastava per punirlo per ciò che ha fatto.
Una ragazzina perse sua madre, uccisa da suo zio.
Un'alta ragazzina perse la sua dignità, e tutto per lei si bloccò la mattina del venti ottobre.
Giulia perse la vita in un incidente stradale organizzato da un uomo pacano.
Bianca ne restò vittima.
Tanti bambini sempre sue vittime, nessuna condanna, nessuna sarebbe stata all'altezza, e nessuna gli avrebbe fatto capire i suoi sbagli.
Specialmente se fai del male a dei bambini piccoli e innocenti.
Il giudice prese in mano dei fogli, e iniziò a leggere.
Leggeva tutti i reati, erano tantissimi, e Lara provava a non ricordare, ma parlava di ciò che la turbata sempre.
E le immagini ritornavano in testa in base al reato che diceva.
Rapimento.
E nella sua testa iniziava il film mentale che si era creato.
Li disse tutti, tutti, l'ultimo fu:
- Omicidio.
Che parola forte, Elena scoppiò in lacrime e il suo patrigno cercava di calmarla, ma era difficile.
Anche Lara avrebbe voluto urlare o anche piangere, ma non poteva, non doveva farsi vedere debole.
Doveva solo resistere un altro po.
Dopo aver elencato tutto, continuò a leggere.
- La giuria ha deciso.
Tutti si concentrarono ad ascoltare attentamente le parole, anche se si sapeva.
Lo condannarono alla pena di morte.
Tutti lo sapevano, e tutti se lo aspettavano.
Appena lo disse Lara si girò e guardò la sua reazione.
Era tranquillo sorrise, non gli importava.
Nella vita aveva fatto quello che voleva, aveva rovinato dei bambini, e delle ragazze, ucciso la propria sorella.
Non si sarebbe mai pentito.
Lo portarono via, le urla della madre, la disperazione e la crisi di Elena non gli suscitò alcune emozione.
Quella era sua nipote, e l'altra sua madre.
La signora Maria, era scioccata, non le restava più nessun figlio, solo una nipote.
Lei piangeva, entrambi i suoi figli sono morti, anche lui si potrebbe considerare morto.
Ormai nessuno lo salverà da quello che è il suo destino.
Tutti uscirono fuori, Lara mise un piede fuori e le lacrime le iniziarono a scendere lungo il volto.
Per ore era stata costretta a tenetele, non avrebbe lasciato che lui la vedesse piangere.
C'era freddo ma non pioveva più.
Lara andò a mettersi in macchina mentre aspettava, menomale che questa era l'ultima volta che Lara sarebbe dovuta andare.
Tutti entrarono in macchina, nessuno disse una parola.
Poi la loro madre disse.
- Poverina quella ragazzina gli ha ucciso la madre.
A Lara salirono i nervi, perché quando venne uccisa c'era lei, quando la vide mentre la tagliava a piccoli pezzetti, c'era lei quando le disse che avrebbe uccisa.
Ma sua madre non lo capiva.
E quelle erano immagini che dalla testa di Lara non si sarebbero mai tolte.
- Hai visto quanti reati, sono tantissimi.
Aggiunse Sara guardando sua madre.
Lara si era innervosita ancora di più, perché tutti quei reati erano sulla sua pelle.
E loro non lo capivano.
La prossima fermata di Lara era il pissicologo, la lasciarono lì e senza salutarla sua madre le urlò dalla macchina.
- Noi non ti veniamo a prendere torna a piedi.
Aveva un grado di presunzione troppo alto che a Lara fece salire ancora di più i nervi.
Se ne andarono, Lara si girò e appena arrivata sul marciapiede si sedette e restò li fin quando i suoi nervi passarono.
E lei decise di respirare e aspettare qualche altro minuto prima di entrare.
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IL DOLORE DELL' AMORE
Ficción GeneralL'amore tra Lara e Dario è immenso, la storia di due adolescenti, un mix di rabbia, paura, ansia, delusione, ma soprattutto amore. Il dolore d'amare. ( COMPLETA )