6. La caduta

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Il mio risveglio fu proprio come me lo immaginavo.

Sentivo il cinguettio degli uccellini accampati sul bordo della mia finestra, e da essa filtravano dei raggi caldi e luminosi, capaci di dare vita anche a quella stanza inutilizzata.

Proprio grazie ad essi riuscii a studiare meglio quella camera, anche se da vedere offriva poco. I muri erano colorati di un bianco sporco, con crepe e fratture ben visibili. Era presente una scrivania di legno con due mensole completamente vuote. Mentre invece alzandomi da quel materasso vidi una scritta incisa nel muro, un momento... quella scritta era proprio il mio nome. Su quel muro c'era inciso "Ren"! Continuavano a succedere coincidenze su coincidenze, trovare qualcuno con il mio stesso nome mi fece sorridere, era la prima volta che succedeva date le strane origini del mio nome.

Senza troppe domande mi legai i folti capelli biondi in una coda alta, scendendo al piano di sotto e sperando di trovare Cady già sveglia.

Ero a dir poco euforica, insomma non a tutti e non tutti i giorni capita di ritrovarsi in un mondo magico come quello! Poi mi aveva promesso che mi avrebbe mostrato ogni minima cosa, non vedevo l'ora di scoprire i segreti di quel posto.

Venni sopraffatta da un profumo squisito, intuii subito che Cady stava preparando la colazione per entrambe.

«Buongiorno Ren! Dormito bene? Mi sono messa ai fornelli intenta a preparare dei toast...» la vidi sorridere, per poi guardare il cestino, dove trovai ben quattro fette di pane bruciato. Scoppiai a ridere.

«Sul serio Cady? Come hai fatto a bruciare così tanto pane! Vieni qua, fatti dare una mano» e così la aiutai a completare la nostra colazione, che entrambe divorammo voracemente. Poco dopo esserci saziate e preparate per il lungo tour, iniziammo a camminare.

«Mi fa piacere mostrarti la mia cittadina, insomma qui si conoscono sempre tutti... un viso nuovo ogni tanto fa sempre bene! Guarda laggiù, quello é l'albero della vita, andremo a visitare quello come primo luogo importante. Quell'albero é ormai casa di milioni di creature fatate che ospitano questo mondo, non esistiamo solo noi angeli, sennò sarebbe davvero noioso. Vieni, forza!» mi afferrò la mano e mi trascinò fino a quell'enorme albero.

Da lontano le sue dimensioni sembravano completamente diverse, molto più piccolo, ma visto da più vicino pareva tutto il contrario. Esso fluttuava sopra un enorme voragine, immagino che tutti coloro che vivono lì dentro utilizzino le loro ali per arrivare alle proprie abitazione, ne ebbi anche conferma da Cady.

Le foglie seguivano le varie sfumature del viola, era presente il lilla più chiaro fino al viola più intenso, in base alla luce del sole. Era una meraviglia per i miei occhi, non credo che nessuno abbia mai avuto l'onore di vedere da vicino qualcosa di simile. Mi sentivo fortunata.

Mi avvicinai con cautela al bordo della voragine, mantenendo le dovute distanze per non rischiare di cadere di sotto.

«Da che cosa é stata provocata questa voragine? Che cosa si trova qui sotto?» domandai alla mia compagna, in preda alla curiosità. Beh, due domande che sarebbero venute in mente a chiunque.

«Hai presente il racconto di Lucifero? Qui ai bambini é uno dei racconti che viene insegnato fin da piccoli, di come l'angelo più bello e luminoso del creato sia stato capace di creare una voragine simile. Insomma viene indicato come un angelo decaduto dal suo stato di grazia e per questo allontanato dal "Paradiso" dopo aver disubbidito a Dio. Come ogni universo che si prospetti esiste la parte buona e quella cattiva, qui sotto si cela la zona più cattiva. Per seguire la metafora, molti la chiamano "Inferno", mentre per altri é solamente l'Erebo.»

«É abbastanza raccapricciante tutto ciò da raccontare a dei bambini, ma penso che sia un modo per tenerli lontani da qui, per prevenire la loro caduta qua sotto...» feci un altro passetto in avanti, quando la mia scarpa si aggrovigliò ad un erbaccia, facendomi perdere l'equilibrio. Oh no.

Sentii il totale vuoto sotto di me, stavo cadendo davvero in quell'orribile voragine. Urlai più volte il nome di Cady, ma l'ultima cosa che udii fu:

«Non credevo volessi raggiungere così presto la mia famiglia, ho mancato l'ebrezza di spingerti! Merda.»

Che cosa voleva dire tutto ciò? Perché avrei dovuto raggiungere la sua famiglia!

Cady non era la ragazza che si fingeva di essere con me? Ero proprio io la chiave di questo suo gioco?

Dove mi stavo cacciando.

Mending the darknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora