15. Nulla di buono

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HAYDEN'S POV 🥀

La vidi uscire da quel bagno, e non mossi un dito.

Giocava a fare la grande con me, ma ad ogni mia risposta burbera riuscivo a vedere le sue pupille tremare. A volte si mordicchiava il labbro inferiore per trattenersi, oppure giocherellava in modo involontario con le sue mani.

Stava cercando davvero di abbindolare un ragazzo come me, con tutte quelle moine?

Non riuscivo a capire le sue intenzioni, e questa cosa mi sembrava impossibile. Ma quando quegli occhietti blu imbarazzati si posavano sul mio corpo, sul mio viso, sulle mie labbra, in quel momento non potevo ragionare.

C'era qualcosa di contorto in tutte quelle attenzioni che mi riservava.

La lotta al potere non era terminata, lei sarebbe stata la mossa decisiva. Sapevo perfettamente il motivo per cui aveva deciso di scombussolare le nostre vite.

Avrebbe trovato l'anello debole della famiglia Wright, e lo avrebbe colpito.

Avrebbe capito le nostre mosse, ci avrebbe studiato... e infine ci avrebbe annientati tutti, dal primo all'ultimo. Senza pietà.

I miei pensieri sadici vennero interrotti quando una biondina rompicoglioni, si posizionò davanti a me fuori da quel misero bar.

«Si può sapere che cosa le hai detto questa volta? Hayden... non puoi trattarla in questa maniera, la tua mente ti sta mettendo sulla difensiva senza motivo!»

Alya, mia sorella.

Avevamo sempre avuto un rapporto unico, mi bastava un cenno per farle capire quello che mi passava per la testa, a lei bastava un semplice sguardo. Lei suppone, anzi ne è molto convinta, che i miei occhi riescano a trasmettere molto più di mille parole.

Questo accade solo con lei, con quella nanetta non credo proprio. Sebbene dal mio sguardo riuscirebbe a percepire soltanto un profondo odio, ed un'altissima diffidenza.

«Non mi sono comportato male, le ho detto la verità. Mi darai ragione un giorno.»

«Mio dio... quando capirai che quella ragazza non vuole ammazzarci tutti? Sa a malapena di essere un angelo!»

Buttai il mozzicone consumato della mia sigaretta per terra, calpestandolo con la suola della scarpa. Per me la conversazione poteva ritenersi chiusa.

Porsi il casco ad Alya, salendo sulla mia moto. Alla fine, pure in questa realtà avevo una certa reputazione da mantenere. Sicuramente non ero conosciuto per essere il ragazzo più dolce del mondo, diabetico.

Mia sorella allacciò le braccia attorno al mio torace, posando il viso sulla mia spalla. Sapere di averla qui vicino a me, faceva crollare tutte le mie barriere, tutte le mie preoccupazioni svanivano.

Dopo la morte di nostra madre, il suo contatto fu l'unico che riuscii ad accettare. Ci volle molto prima di riuscire a sentirmi libero con il resto della mia famiglia, eccetto mio padre.

Deviai leggermente la strada, guidare aiutava a smaltire il marcio che tenevo dentro.

«Guarda chi c'è!» da dietro sentii mia sorella sobbalzare, vedendo la minuscola figura della ragazza davanti a noi.

Aveva già finito il turno? Come poteva già essere a casa?

Soprattutto, che cosa mi interessava?

Accostai sul ciglio della strada per accontentare Alya, che non appena sentii la moto fermarsi, balzò giù. Tutto questo affetto? Non si vedevano da minimo un'ora...

«Alya! Ti va di entrare? L'invito non comprende tuo fratello.» la bambina incrociò le braccia al petto, guardandomi in modo severo.

Il mio sguardo scivolò lungo il suo corpicino esile, la sua rabbia, il suo disgusto, la sua corazza, crollarono tutti assieme.

Scesi dalla moto, guardandola ancora più incuriosito. Le piaceva darmi ordini, a me d'altro canto, piaceva ancora di più non rispettarli.

Aspettai che si facesse strada in casa sua, e la seguii subito dopo.
Che maleducazione sarebbe stata lasciarmi lì fuori da solo, al pericolo?

Fece finta di non vedermi, ignorò completamente la mia presenza, e trascinò via da me mia sorella. Lasciandomi da solo, in una casa non mia.

Raramente mi facevo i cazzi altrui, semplicemente perché mi importava relativamente poco. Ma qualche strano potere mi invitava a curiosare nella vita di quella ragazza... nel suo passato distrutto, e rubato.

Entrai in quella che sembrava a tutti gli effetti una cucina, nessuna foto, nessun ricordo.

Certo, il suo passato non apparteneva a quel mondo.

Su un ripiano vidi una collanina con un ciondolo, la lettera R decorata da piccoli Swarovski ovunque.

Sfilai dalla mia tasca il plettro, il piccolo regalo che poco prima Ren aveva ben pensato di darmi, ma chi voleva far cedere.

Infilai il plettro nel filo d'argento, richiudendo il ciondolo attorno al mio collo, nascondendolo poi sotto la maglietta.

Se l'avessi presa in prestito nessuno se ne sarebbe reso conto, no?

Mending the darknessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora