Cαριƚσʅσ 22 (Pαɾƚҽ 2)

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"Che mi è saltato in mente? Sono una stupida, non dovevo accettare!"

Jisoo si trovava fuori dall'edificio della PharmaJ, in attesa dell'arrivo del suo capo, stringendosi nel cappotto per pararsi dal freddo pungente di quella sera.

"È anche in ritardo.
Doveva essere qui almeno dieci minuti fa.
Sicuramente avrà avuto un contrattempo e mi lascerà qui al freddo e al gelo per chissà quanto!
Ti sta proprio bene, Jisoo!", continuava a maledirsi, standosene lì impalata, mentre i passanti della capitale cercavano di evitarla come fosse un ostacolo d'intralcio al loro moto perenne.

"Conto fino a sessanta. Se tra un minuto non è qui, prendo e me ne vado. Uno...due...tre"

Percepiva il freddo, sentiva i piedi indolenziti stretti dentro i tacchi, il vento le scompigliava i capelli, tanto da doverli allontanare continuamente dal viso: tutto sembrava infastidirla.
La realtà era che Jisoo stava trovando una miriade di scusanti per poter andare via e disdire quello strano "appuntamento".
Era un'occasione che non poteva perdersi, quei biglietti erano praticamente introvabili e avrebbe potuto vedere la mostra del suo artista preferito, ma si sarebbe ritrovata in compagnia del CEO dell'azienda per cui lavorava.
Il suo datore di lavoro, il capo supremo.
Continuava a passarle per la mente il modo in cui le aveva sussurrato all'orecchio la sera di Natale e il senso di disagio che aveva provato in quel momento.
Perché era caduta di nuovo in una situazione che poteva metterla in imbarazzo? Era stata troppo avventata ad accettare quella proposta e sperava solo che la sua coscienza non le avrebbe presentato presto un conto troppo salato da pagare.

"Trentasette, trentotto...", continuava a contare dentro di sé, quando d'improvviso venne raggiunta da una figura alta e slanciata alla sua destra.

«Eccomi. Scusi per l'attesa, ho cercato di fare il prima possibile. È molto che aspetta?», le chiese Haein.

«No, non si preoccupi», mentì lei, imprecando interiormente per non essere fuggita via prima.

Lui afferrò il cellulare dalla tasca del cappotto, senza aggiungere una parola.

«Gihun, sono di fronte all'entrata dell'azienda», disse per poi riattaccare.
«Il mio autista ci verrà a prendere tra un minuto»

"Un autista privato? Dovevo aspettarmelo" , pensò Jisoo, sentendosi in imbarazzo per la diversità dei loro stili di vita così agli antipodi.

Meno di un minuto dopo una macchina nera tirata a lucido e con i vetri oscurati, comparve di fronte ai loro occhi.

«Prego... », le disse Haein, aprendole lo sportello posteriore e invitandola ad entrare nell'auto.

Jisoo scivolò all'interno in silenzio, prendendo posto sui soffici sedili in pelle, mentre l'autista teneva lo sguardo fisso di fronte a sé, senza sbirciare dallo specchietto retrovisore.
Ebbe la netta sensazione che fosse un uomo abituato a fare il suo lavoro in totale riservatezza, senza fare domande.
Haein si posizionò di fianco a lei e, una volta chiuso lo sportello, si limitò a dire:

«Museo di arte moderna, Gihun. Grazie»

«Arriveremo in venti minuti, Dottore», rispose l'autista, impostando l'itinerario sul display dell'auto, prima di mettere in moto.

𝑺𝒌𝒊𝒏𝒏𝒚 𝒍𝒐𝒗𝒆 (𝑺𝒆𝒒𝒖𝒆𝒍 𝒅𝒊 𝑨𝒏𝒐𝒕𝒉𝒆𝒓 𝒍𝒐𝒗𝒆) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora