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Istanbul, 20 anni prima

Allison camminò a passo svelto ma controllato fino al tavolo che le interessava. Poggiò il vassoio sul legno invecchiato e sospirò prima di rivolgersi alla persona con cui voleva parlare. Si disse di rimanere calma, di contare fino a dieci prima di dire qualunque cosa. Non voleva fare una scenata e non voleva creare problemi, ma non voleva neppure apparire stupida, non voleva che un locale pieno di predatori la credesse una preda facile.

Non lo era mai stata e non avrebbe iniziato ad esserlo adesso.

Essere vulnerabile non era mai stato un problema per lei, esserlo davanti a tutte quelle creature che non aspettavano altro che vederla debole, però, era tutt'altra cosa.

"Melisa" le disse, "ti chiami Melisa, giusto?"

L'altra non la degnò neppure di uno sguardo, guardò l'uomo seduto accanto a lei e continuò a parlargli, come se lei non fosse nemmeno lì. Allison sospirò, volse lo guardo a Engin dietro il bancone, colse il gesto con il capo che lui le fece e annuì poco, per calmarsi.

Contò fino a dieci e poi fino a venti, provò a calmarsi e poi provò di nuovo a parlarle. La risposta fu un brusco movimento del braccio che fece precipitare in terra tutto ciò che c'era sul vassoio, causando le risate divertite di tutti i presenti.

"Pulisci" le intimò Melisa guardando il disastro che lei stessa aveva causato.

"Oppure potresti farlo tu" le disse Allison. "Dopotutto sei tu che hai combinato questo casino."

Melisa si alzò: era minuta, ma aveva negli occhi una rabbia che faceva paura. Peccato che da occhi come i suoi, carichi di furore, Allison non fosse spaventata. Se lo fosse stata avrebbe pulito e in silenzio si sarebbe dileguata, ma visto che non lo era, quello che fece fu colpirla. Venne colpita a sua volta e, senza rendersene conto, si ritrovò in una rissa che non avrebbe voluto iniziare ma che non aveva provato abbastanza ad evitare.

Si difese bene, ma era scarsa nel corpo a corpo, lo era sempre stata e lo sapeva. Di solito preferiva giocare d'astuzia e da quando era lì non si era allenata molto, impegnata com'era stata a recuperare tutte le informazioni che potevano tornarle utili. Melisa invece si batteva bene, talmente bene che la mise al tappeto e lo fece con un morso al polso che la fece urlare di dolore.

Con la vista annebbiata, Allison vide che con i denti aguzzi si stava avvicinando al suo collo e probabilmente avrebbe affondato i canini anche lì, nella carne morbida intorno alla gola, se qualcuno – non lo riconobbe subito – non l'avesse tirata via e si fosse messo tra loro a farle da scudo.

Il chiacchiericcio che si era creato intorno alla cacciatrice e alla vampira che combattevano finì, ognuno tornò al suo posto ed Allison si alzò a fatica, sorreggendosi a uno sgabello che per poco non si ribaltò.

"Che diavolo sta succedendo nel mio bar?" urlò Dmitry. Le stava di fronte, girato di spalle, e Allison poteva vedere i muscoli contrarsi attraverso quella stretta t-shirt nera che indossava.

"È stata la cacciatrice a iniziare" mormorò qualcuno, Allison non sapeva chi.

Dmitry si voltò a guardarlo. "Non stavo parlando con te."

Tornò a guardare i suoi sottoposti e Melisa abbassò gli occhi ritraendo i canini affilati. "È vero che è stata lei a iniziare", gli disse.

Il vampiro si girò verso di Allison, le guardò il braccio ferito, l'odore di sangue che gli riempì le narici gli fece girare la testa per un istante, tanto era intenso. Lei capì, recuperò uno strofinaccio da sopra il bancone e se lo avvolse intorno alla ferita. Solo allora Dmitry la guardò in viso.

The Family Business - Angels are watching over youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora