"... Basta Restare Sospesi..."

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«Jin, devi venire a prendermi», sento solo lamenti dall'altra parte del telefono. «Se non vieni tu chiamerò l'autista. Ho chiamato prima te perché altrimenti ti saresti arrabbiato. Devi venire a prendermi». «Ma sono le sette del mattino, dove devi andare?» Ha la voce impastata. «Aspetta un momento...» sento un tonfo «...ahia, aish... ti senti male?» Mi chiede allarmato. «Jin, sei caduto dal letto?» Sto per scoppiare a ridere me lo sento. «Io l'ho detto e lo ripeto, per colpa tua io un giorno impazzirò. Sono caduto si, perché mi fai prendere questi spaventi?» Io non riesco a rispondere. «Ridi, ridi pure di me. Ti sto vedendo a prendere per rinchiuderti in un manicomio. Pazza. Esaurita. Non posso più dormire. Dove devi andare alle sette del mattino?» È arrabbiatissimo. «In ufficio», sta imprecando in coreano, ne sono certa. «Jin, per favore, non voglio restare a casa tutto il giorno di nuovo e poi tra qualche giorno partirete e voglio che tutto vada per il meglio». Lo sento grugnire. «Allora stammi bene a sentire. Tu oggi non uscirai da quella casa e riposerai un altro giorno. Farò licenziare chiunque ti aiuti a mettere un piede fuori da quella porta. Adesso me ne torno a dormire perché oggi dovevo andare al lavoro più tardi, volevo svegliarmi tra un'oretta circa e poi passare da te per farti compagnia. Invece adesso sono nervoso e assonnato perché sei una testa dura che non ascolta mai nessuno. Questa volta ti conviene fare come ti dico. Ci sentiamo più tardi tesoro», mi stacca il telefono in faccia e io resto basita per molto tempo fissando il telefono che all'improvviso suona di nuovo. Subito si è pentito, lo sa che con me non deve scherzare con il fuoco.

«Che c'è TESOOORO ci hai ripensato?» Silenzio poi una voce incerta. «Coach, come mi hai chiamato?» Maledizione a me e che non guardo mai chi mi chiama «Jk, che succede?» Lo sento ridere. «Coach pensavi fossi Jin Young?» Mio dio perché mi trovavo sempre in queste situazioni. «NO! Pensavo fosse Debora, noi ci prendiamo in giro così», invento una scusa. «Tu, che ti prendi in giro con Debora? Mah!» Ovvio che era perplesso, quando mai ci saremmo chiamate tesoro io e Debora per prenderci in giro? «Jk perché mi hai chiamata così presto?» Mi dice che stava per partire e che voleva salutarmi e che mi avrebbe chiamata appena arrivato. Io gli chiedo di tenermi aggiornata su tutto e ci salutiamo. Che figuraccia è come se non bastasse devo restare a casa. Di nuovo. TUTTA LA GIORNATA! Prendo i medicinali e trono a letto, forse riuscirò a dormire un po', visto che avevo fatto una nottata in dormi veglia.

Quando mi sveglio è quasi ora di pranzo, le ragazze mi portano da mangiare e mi mettono al corrente della situazione in agenzia. Mi fanno notare che era uscito un articolo su di me e sull'accaduto. Io chiedo chi avesse fatto trapelare la notizia e se potevamo fare qualcosa per rimuovere l'articolo. Kate mi spiega che il tizio che mi aveva aggredita non era nuovo a questi episodi e che molto probabilmente era stata la polizia a raccontare dell'accaduto, non ne erano certe perché non avevano trovato indizi e che ormai era troppo tardi per rimuovere la notizia. Il resto della giornata lo passo al telefono con la mia famiglia e i miei amici che avevo letto ed erano preoccupati. Anche loro mi fanno la ramanzina.

La sera ormai ero esaurita, credevo di impazzire e dopo essermi lavata vado in cucina per preparami da mangiare. Il campanello suona. «Chi è?» Dopo qualche secondo sento dire. «Grazie al cielo», era Jin. Apro la porta e me lo ritrovo di fronte con la faccia seria. «Finalmente ti sei decisa ad ascoltarmi. Oggi è una giornata perfetta». Io alzo un sopracciglio. «Che c'è? Vuoi un cagnolino che ti obbedisca?» «Vuoi litigare? Voglio solo che tu non sia sprovveduta e ti preda cura di te stessa. Ma non nego che quando fai ciò che chiedo mi fa sentire importante. Un alfa». Quest'ultima frase l'aveva detta con enfasi e si vedeva che mi stava prendendo in giro. Io non gli do soddisfazione e per non fargli vedere che stavo ridendo mi giro facendo l'offesa e mi incammino verso il salone. Lo sento entrare e chiudere la porta, poi mi afferra e io mi ritrovo tra le sue braccia «Stupida», mi bacia il naso. «Pagliaccio», gli rispondo e lo abbraccio.

".. Sfondare il muro tra ciò che voglio dire e quello che non posso dire..." Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora