Sunshine

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Questa volta mi siedo alla scrivania, preferisco mantenere un distacco severo tra me e lui. Jhope entra e la stanza sembra illuminarsi, ha un sorriso e un'espressione che ti mettono tranquillità. È diverso da ieri, eccone un altro che cambia atteggiamento come se niente fosse. «Buongiorno...» Sentirlo parlare è sempre strano, il tono della sua voce è marcato e non combacia per nulla con il suo aspetto esteriore. «... ho visto Jin Young uscire, tutto a posto con lui? Ultimamente lo vedo nervoso e me ne preoccupo». Non mi stupisco affatto nel sentire questa domanda. «Tranquillo, siccome è arrivato anche lui presto, ne ho approfittato per parlare un po', visto che ho sempre tempi ristretti. Allora, dimmi di cosa vuoi parlare tu invece». Gli sorrido, mi sento più rilassata adesso e non provo imbarazzo. Lui si fa serio , ho modo di osservarlo meglio questa volta. Quando si usa il termine 'occhi a mandorla ', lui li ha proprio così senza sbavature, sono marroni ma sembrano brillare. Il suo naso ha il ponte lungo e sottile e finisce a curva in su. La sua bocca è a forma di cuore, la piega al centro è definita, ha un neo sulla parte superiore. Il suo viso è ovale ma finisce a punta. Quando preme le labbra compaiono delle fossette. Ho letto che lo chiamano Sunshine, hanno ragione. «A dire il vero non saprei da dove iniziare». Giusto gli avevo fatto una domanda. «Potresti dirmi quello che non ho letto, per esempio la decisione di prendervi una pausa di gruppo. Tu come la vivi?» Lui fa un lungo sospiro. «Ho le stesse paure degli altri membri, ma allo stesso tempo sono felice e pronto a dimostrare un'altra parte di me. In questi anni ho lavorato molto per il gruppo e non dico che quello non sono io. Sono io in quel contesto, ma sono anche altro, sto lavorando da un po' al mio album, la mia paura è di non essere capito. Quando ho debuttato per molto tempo sono stato insicuro e per questo indossavo una maschera. I primi anni sono stato fortemente criticato, non ricevevo mai un messaggio, lettera o regalo dai fan a differenza degli altri membri. Mi facevo forza e restavo positivo ma a un certo punto ho pensato di lasciare il gruppo, pensavo che non riuscissimo ad avere successo per colpa mia. I ragazzi mi hanno aiutato a superare queste paure e con il tempo è andata meglio. La prima volta che Jimin mi ha portato delle lettere ero incredulo e felice, mi sono emozionato molto. Ho capito che non possiamo piacere a tutti ma anche se piaci solo ad una piccola parte, quello è già tanto. Sono stati anni davvero difficili. Ovviamente ci sono ancora momenti difficili, ma adesso sono adulto e con diverse consapevolezze. Vedi io sono molto perfezionista, pretendo molto da me stesso e questo a volte mi rende irrequieto, ma sto lavorando anche su quello». Lo ascolto e non posso fare a meno di pensare che è diverso da ieri. Come se mi avesse letto nel pensiero. «Volevo scusarmi per ieri sera, avrai pensato che fossi uno stronzo, ma non sono così di solito. Ieri non riuscivo a completare bene una coreografia e quindi ho sfogato la mia frustrazione su di te. Attenzione però, non ho mentito sul fatto che sei una donna interessante». E così dicendo ammicca facendo un occhiolino. Eccone un altro. «Certo interessante. Non lo sono e non devo nemmeno esserlo. Cerchiamo di lavorare bene e in sintonia». Disse la donna che non poco tempo prima si scioglieva davanti a uno sguardo. Lui sorride. «Va bene, ci proverò ma non prometto niente.>> Io lo guardo storto e lui scoppia ridere, poi si rende conto che sto diventando verde forse e si copre la bocca con le mani. «Non devi farlo...» dopo quello che mi aveva raccontato non gli permetterò di sentirsi sbagliato per nulla «... non coprirti e non fermarti mai più mentre ridi, non stai facendo niente di sbagliato e non devi badare a me. Promettimelo». Lui annuisce. «Prometto» e mi porge il pugno, io sono indecisa se ignorarlo, ma non lo faccio e gli do il pugno anche io. Guardo l'ora. «Jhope ti lascio andare al tuo lavoro, per oggi basta così». Lui si alza mi saluta con educazione ed esce.

Oggi vorrei andare via prima, anche se non porto bagagli devo comunque sistemare casa prima di partire. Chiamo Debora e avviso che oggi sarei uscita per ora di pranzo e che sarei tornata lunedì mattina. Le chiedo di informarmi di qualsiasi problema. Prima di rimettermi a lavoro prendo un analgesico per il mal di testa che non mi dà tregua e mi stendo sul divano. Dopo pochi minuti, sento delle risate fuori dall'ufficio, una di sicuro la riconosco. È quella di Jin. Continuo a sentire schiamazzi e mi alzo stizzita dal divano per andare a vedere cosa stesse succedendo. Fuori dal mio ufficio vedo le ragazze che avevano tutte un fiore in mano e Jin che faceva battute e tutte ridevano e prendevano dalle sue labbra. Dentro di me prende vita un sentimento doloroso, quasi di possesso e sapevo dargli anche un nome: gelosia.

".. Sfondare il muro tra ciò che voglio dire e quello che non posso dire..." Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora