Panico

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Come previsto appena tornati il lavoro ci piomba addosso e io non riesco ad avere un incontro con i ragazzi e nemmeno con Jin. Tranne che per un pomeriggio dove riesco finalmente a consegnare il regalo ai ragazzi che mi ringraziano di cuore e mi dicono che appena tornati dal tour avremmo aperto le bottiglie insieme. Venerdì sera torno a casa un po' prima perché tutti avevamo deciso di non fare nottata all'agenzia per ricaricare le pile. Chiedo a Jin di venire a stare da me ma lui rifiuta dicendomi che era molto stanco. Lo capivo ma ci sono rimasta male lo stesso. Erano passati solo un paio di giorni e già sembrava che ci stessimo allontanando di nuovo. Dopo un'ora sento il campanello suonare, non aspetto visite quindi mi chiedo chi possa essere. «Chi è?» Questa volta chiedo, non sia mai dovesse essere Jin che ha cambiato idea, mi dovrei sorbire un'altra cantilena. «Sono Sara, Marina per favore apri», il suono della sua voce era grave. «Sara cosa succede?» è sconvolta. «Marina, Jin....» cosa stava succedendo, vedere Sara sconvolta e sentire quel nome non mi faceva pensare a niente di buono, ma devo restare calma. «Sara, Jin cosa?» Lei abbassa lo sguardo. «Jin è stato portato d'urgenza in ospedale, ha avuto un incidente domestico e ora lo stanno operando». Forse non avevo capito bene. «Sara cosa stai dicendo? Jin, ospedale, operare....» mi girava la testa e per un momento ho perso le forze ma Sara è stata pronta a sorreggermi. «Tranquilla, non è niente di grave, c'è una macchina che ci aspetta, ci accompagnerà all'ospedale». Io non capisco più niente, non so nemmeno come abbia preso la borsa, il cappotto e chiuso la porta. Il viaggio per l'ospedale mi è sembrato durasse un'eternità.

Sara mi spiega che Jin si era reciso il tendine dell'indice sinistro e che in un primo momento avevano chiamato lei, ma sentendo la spiegazione aveva consigliato subito il trasporto in ospedale. Poi era venuta direttamente da me. Arrivata in ospedale, trovo Kate e Debora che mi portano in una sala dove ci sono anche i ragazzi. «Cosa succede? Jin? Dove si trova?» Per la prima volta nella mia vita non riuscivo a controllarmi, ero sempre stata una persona fredda. Anche nelle peggiori situazioni ho sempre saputo gestire il mio stato d'animo, adesso ero nel panico. Yoongi si avvicina a me. «Lo stanno operando, tranquilla non è niente di grave. Usciamo da qui e andiamo a prenderci un caffè». Io non riesco a parlare e lo seguo senza fiatare.

Prendiamo un caffè dal distributore e poi scendiamo giù per prendere un po' d'aria, ci sediamo su una panchina e restiamo in silenzio. Poi lui mi chiede se sto meglio e io gli dico di sì, anche se in questo momento volevo solo essere chiamata per salire da Jin. «Posso farti una domanda scomoda?» Mi chiede lui improvvisamente, io annuisco. «Nel poco tempo che ti ho conosciuta e per quello che ho saputo di te non avrei mai immaginato di vederti in questo stato. Questo mi dispiace per un verso ma per l'altro verso mi fa piacere. Vuol dire che ci tieni davvero a Jin, mi chiedo come avresti reagito se al posto suo ci fosse stato uno di noi ». Io guardo e non posso dargli torto, quando ho sentito che Jin era ferito mi sono sentita morire per un attimo e molto probabilmente mi sarei preoccupata anche per loro. Era la verità, io tenevo a questi ragazzi in un modo che non sapevo descrivere. «Molto probabilmente avrei reagito non proprio allo stesso modo, ma ci sarei andata vicina», rispondo sinceramente. Lo vedo annuire.

Ricevo una telefonata da Nam, l'operazione era conclusa. Ci avviamo in fretta, anche lui è molto preoccupato anche se non lo da a vedere. I ragazzi sono tutti nella stanza ma Jin è ancora mezzo addormentato, io non riesco a vederlo bene perché ho gli occhi colmi di lacrime così decido di lasciare la stanza. Mi compongo e vado a parlare con i medici che mi dicono che l'operazione è andata bene e che lo avrebbero dimesso domani. Doveva portare il gesso e riposare. Torno in camera per riferire a tutti quello che mi aveva detto il dottore. «Ragazzi voi andate a riposare, il peggio è passato, resto io qui. Debora preparate un comunicato ufficiale per la piattaforma e prima di pubblicarlo mandamelo, lo voglio controllare. Domani Jin sarà dimesso, verrà a stare da me per qualche giorno, io posso lavorare da casa». Nessuno protesta. «Si è ripresa in fretta», dice Tae facendomi un cuore con le mani. Io gli sorrido, poi noto Jhope che non aveva un bell'aspetto. «Jhope, tutto bene? Sembri stare male». «Sto bene, credo di avere un po' di raffreddore, seguirò il tuo consiglio e andrò a riposare», mi risponde. Ci salutiamo ma Nam si avvicina. «Per qualsiasi cosa chiama. Domani sera passeremo da casa tua per salutare Jin se non ti dispiace». Io gli rispondo che erano i benvenuti.

Finalmente erano andati via, io mi tolgo il cappotto e mi accascio sulla sedia, prendo la mano non ferita di Jin e la bacio poi gli accarezzo il viso, sembra così indifeso. Le lacrime per forza vogliono uscire dai miei occhi ma io faccio un respiro profondo e le ricaccio indietro. Era andato tutto bene, quindi non c'era motivo di fare così. Poggio la testa sul lettino per rilassarmi un attimo e sento un movimento e poi una mano che mi accarezza la testa. «Scricciolo, allora mi vuoi bene veramente», dice con voce debole, era sveglio. «Ehi, come ti senti?» Lui mi sorride e anche adesso in quelle condizioni era davvero affascinante. «Cosa è successo?» Gli chiedo ancora. Lui si mette la mano libera sul viso. «Sono uno stupido, ecco cosa è successo».

Alzo un sopracciglio. «Aish! Avevo già intenzione di venire da te stasera, ma volevo farti una sorpresa, cucinare qualcosa per te prima e poi presentarmi. Non mi aspettavo che tu mi invitassi e ho rifiutato con una scusa. Sapevo che in quella tua testolina chissà cosa stessi pensando e per fare presto mi sono tagliato...» Mi sto infuriando. «....ti prego non fare quella faccia e non arrabbiarti. Non è colpa tua ma della mia stupidità. Dovevo venire con te e avrei lo stesso potuto cucinare per te». Io stavo urlando dalla rabbia dentro di me "Jin, non so se essere arrabbiata, lusingata o offesa», riesco a dire con calma.«Dimmi che non hai pensato male nemmeno un attimo, dimmelo». Non potevo perché aveva ragione e io adesso mi sentivo in colpa, lui se ne accorge. «Non farlo, non sentirti in colpa è stato un incidente, molto probabilmente mi sarei tagliato anche da te. Ti prego non farmi sentire ancora più stupido». Io mi sento afflitta.

«Va bene, adesso riposa. Il dottore ha detto che dovrai portare il gesso finché non sarai guarito del tutto. Domani verrai dimesso, starai con me per qualche giorno poi vedremo come procedere». Lui sembra preoccupato. «Come farò con il tour? Come faranno i ragazzi? Maledizione!» Io mi alzo e lo bacio. «Ti prego io adesso, riposa e non ci pensare, un modo lo troveremo», gli sussurro carezzandogli i capelli. Lui mi stringe a sé con il braccio libero. «Dormi accanto a me», io mi scosto. «Siamo in un ospedale sei matto!» Lui dice sì con la testa. «Nemmeno tu sei normale, metti la sveglia presto, ma adesso voglio che mi abbracci», io faccio come mi dice, non ho potere contro di lui quando fa così.

".. Sfondare il muro tra ciò che voglio dire e quello che non posso dire..." Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora