Non so come ma riusciamo a riposare e io al mattino presto mi alzo e lascio la camera prima che si svegli. Dopo vari accertamenti lo dimettono. Chiamo una macchina e le guardie per il trasporto. Debora mi manda il comunicato che approvo. Dopo pochi secondi, scoppia un caso virale, ovviamente gli army volevano sapere delle condizioni di Jin, i Grammy, i concerti.
Arrivati a casa ricevo una telefonata, Jhope era molto ammalato e non era riuscito ad alzarsi, aveva preso una grave forma di influenza e adesso era in isolamento nella villa, i ragazzi sarebbero rimasti in agenzia. Che cazzo stava succedendo? Informo Jin dell'accaduto e insieme videochiamiamo Jhope che non è in gran forma ma promette di prendersi cura di sé e di stare bene per l'esibizione. «A lui basta un giorno per la coreografia, è il nostro dance leader, vedrei che ce la farà». Jin voleva rassicurare me. Assurdo.
I giorni successivi li passo lavorando a casa e prendendomi cura di Jin, che a volte era insopportabile, ma lo capivo perché era insofferente. Il lunedì decido di andare in ufficio, lui stava molto meglio e io avevo bisogno di uscire da quella casa. Incontro i ragazzi che sono molto agitati ma io cerco di rassicurarli. «Ho parlato con il dottore. Jin può partire con voi, ma non potrà ballare, quindi bisognerà fare qualche cambiamento. Jhope invece ha ancora la febbre, ma si sta riprendendo. Forza ragazzi non perdiamoci d'animo andrà tutto bene». Loro annuiscono ma non li vedo convinti. «Allora, Jk partirà qualche giorno prima per organizzare la situazione palco ai Grammy, poi il 28 partirete voi. Kate, Samar, Giusy insieme a Chiara e Floriana partiranno con voi e altro staff. Debora tu dovrai restare con me per questa volta, ho bisogno di aiuto qui per monitorare la situazione».
La riunione procede per un'altra mezz'ora poi tutti torniamo al nostro lavoro. I giorni si susseguono velocemente e il tempo sembra non passare mai. Jin sta molto meglio e viene anche in agenzia per qualche ora al giorno, i ragazzi hanno avuto una fantastica idea per inserirlo nella performance dei Grammy e anche per i concerti sembra avessero trovato una quadratura. Jhope stava migliorando, ma sarebbe partito solo un paio di giorni prima dell'evento.
La mattina prima della partenza Debora mi informa che i ragazzi avrebbero ricevuto una visita da un amico che era venuto in Italia per un servizio fotografico con una casa di moda, Lee Dong-min si chiamava e che per accoglierlo avremmo preso un caffè tutti insieme nella sala relax. «Scusa Debora ma se è loro amico perché dobbiamo andare anche noi a questa rimpatriata?» Lei mi guarda sbattendo gli occhi. «Che vuoi? che ti prende? Perché stai facendo la strana? E perché ti faccio questa domanda sapendo che qui dentro nessuno è normale compresa me?» «È un cantante e un attore famoso, abbiamo chiesto al leader se ce lo presentava». Io la guardo storto. «Ok, faccio finta che tu non abbia detto questa cosa ma ti chiedo: io cosa c'entro? Perché devo venire anche io?» lei fa spallucce. «Sei il nostro direttore e poi farai una piccola pausa dal lavoro. Mettila così». «Così....» le faccio una smorfia e lei esce senza aggiungere altro.
Nel pomeriggio vengo chiamata per questo benedetto incontro, sono già tutti lì, aspettano solo me. Decido di andare perché effettivamente avevo bisogno di una pausa. Entro in sala con il caffè, ci sono tutti, c'è anche Jin, gli sorrido e sto per andare da lui quando il mio cammino viene interrotto da un ragazzo. È alto ed ha i capelli neri e corti, è da mozzare il fiato, mi prede la mano e me la bacia e io resto incantata. «I ragazzi non avevano torto quando dicevano che eri una bellezza italiana di eccellenza, come tutte le ragazze qui presenti del resto», mi parla in inglese. Io non riesco a staccargli gli occhi di dosso. «Piacere il mio nome è Lee Dong-min ma puoi chiamarmi semplicemente Eunwoo», Eunwoo, porco cazzo se sei bello, avevano ragione le ragazze.
«Ecco, tutto a posto, siamo alle solite», dice Tae facendo ridere tutti, io mi riprendo e guardo Jin, l'unico che non rideva. «Il piacere è tutto mio», lui mi lascia la mano e io cambio direzione andando dalle ragazze, era meglio. Arrivata da loro gli intimo un WOOOW loro ridono. Passo una mezz'oretta insieme a loro e poi mi congedo. «Ragazzi io vi lascio perché ho molto lavoro." Poi mi rivolgo al ragazzo in inglese «Eunwoo, è stato un piacere torna presto a trovarci».
Entro in ufficio e dopo due minuti contati sento aprire la porta e sbatterla. È Jin, lo sapevo, quello che non sapevo era che lui aveva chiuso la porta a chiave con il codice. «Che stai facendo?» Io sono in piedi davanti alla scrivania, lui si avvicina minaccioso. Adesso è con il viso contro il mio. «Hai finito di ignorarmi?» Io sostengo il suo sguardo. «Ignorarti? Ma che stai dicendo». Lui mi spinge verso la scrivania e io mi ritrovo seduta con lui tra le gambe. Quel giorno indossavo un vestito che con quel gesto era risalito lungo le cosce. «Jin, ma che hai?» Lo spingo delicatamente lontano, ma lui non accenna a muoversi. «Ti è piaciuto essere corteggiata tutto il tempo?» Io sbuffo. «Oddio Jin, non fare il bambino. È stato solo gentile e poi è davvero un bel ragazzo, sfido chiunque a non restarne affascinato». Lui si scosta un attimo da me per poi ritornare tra le mie gambe, con la mano libera mi circonda la vita e mi stringe a lui. «Tu sei mia!»
Anche se non approvo il suo comportamento, il suo desiderio di possessione mi eccita. Mi avvinghio a lui e infilo le mani nei suoi capelli attirandolo a me. «E di chi altro vuoi che sia?» Gli dico a voce bassa e poi lo bacio con passione. Lui infila una mano sotto il vestito e afferra i miei slip che tenta di sfilarmi, ma può usare una mano sola quindi lo aiuto. «Dovrai aiutarmi a fare anche un'altra cosa», infila una mano in tasca e tira fuori un preservativo. «Come è che vai in giro con un preservativo in tasca?» Lui mi sorride maligno. «Dopo quella volta a casa tua, non giro mai più senza». «Oh!» Riesco a dire ma lui si impossessa di nuovo della mia bocca e preme la sua erezione sulla mia intimità ormai senza velo. Quel desiderio primordiale che gli leggo negli occhi si impossessa anche di me. Gli abbasso i pantaloni e gli slip in un gesto solo, apro la bustina e gli srotolo il preservativo sul pene, lo voglio dentro di me subito. Lui mi penetra con urgenza e violenza. Dobbiamo trattenere i nostri gemiti perché qualcuno potrebbe sentirci, ma non dura molto questa sofferenza perché veniamo insieme quasi subito.
Lui poggia la fronte contro la mia. «Scusami», io lo abbraccio e lo stringo a me con le gambe. «Non devi scusarti di nulla», lo bacio. Ci rimettiamo in sesto. «Parti con me. Vieni in America con me», chiede improvvisamente. «Jin, lo sai che non posso. Sai anche che non ci sarebbe bisogno di chiederlo se potessi», lui annuisce. «Sono solo venti giorni, mi mancherai tantissimo, ma questa è il nostro lavoro». Lui annuisce ancora. «Stasera resta qui in agenzia, dormiamo qui». Io gli dico di sì. «Ovviamente, che pensavi che ti avrei fatto passare la notte prima della partenza da solo?» Gli faccio uno sguardo malizioso e finalmente lui sorride. Quella notte la passammo insieme facendo l'amore più volte. L'indomani i ragazzi partirono per l'America.
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".. Sfondare il muro tra ciò che voglio dire e quello che non posso dire..."
FanfikceNon ho una vera descrizione per questa storia, ho sempre pensato che fosse un delirio di una pazza. Un giorno incoraggiata da alcune amiche ho cominciato a scrivere e poi ho continuato..... Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale e d...