Il mattino seguente vado in macchina a lavoro perché la giornata è grigia e sembra che stia per piovere. Arrivata in ufficio inizio subito con il fascicolo dei ragazzi, devo finirlo. Apprendo moltissimo su di loro, i sacrifici che hanno fatto, le conseguenze di tante rinunce, il successo. Hanno una discografia pazzesca, scrivono e producono le loro canzoni da soli, ballano, recitano, testimonial dei maggiori marchi in Corea e anche per marchi internazionali di moda, hanno girato vari reality show. A questi ragazzi non serve un motivatore ma uno psicologico, se non sono a pezzi mentalmente è un miracolo.
Riesco a lavorare tutta la mattinata in tranquillità, tranne per l’interruzione di Massimiliano che mi porta altri curriculum inutili che vanno a finire nell’immondizia, non è capace di scartare un curriculum, ma come è possibile. È quasi ora di pranzo, prima di scendere devo fare una telefonata «Salve direttore…. No, non c’è nessun problema, ma avrei una richiesta… Grazie, volevo chiedere se fosse possibile trasferire il segretario di questo piano in un altro reparto, vorrei sceglierne io uno personalmente……certo sarò attenta… sì mi occupo io del trasferimento quando sarà il momento. Grazie». Perfetto, posso andare. Sto per entrare in ascensore quando sento chiamarmi «Cooooach!» Ovviamente non c’è bisogno di girarmi per capire chi è. «Ciao anche a te Jk, per favore puoi chiamarmi con il mio nome?» Lui mi fa l’occhiolino e annuisce. Un altro che fa l’occhiolino. «Allora è vero che hai un impegno, pensavo avessi rifiutato il mio invito. Quindi stasera vieni a cena con me, se rifiuti, scappo di nuovo e stavolta mi ubriaco veramente e tu dovrai per forza venirmi a prendere». Pensando che stesse scherzando fingo di essere scioccata «NOOOOOOOO, non lo faresti mai». Lo vedo drizzare la schiena, il suo sguardo diventa serio, i suoi occhi mi stanno fissando, ha lo sguardo della tigre quando deve catturare una preda. «Mettimi alla prova». Ha cambiato di nuovo voce, ho lo stomaco sotto sopra e sento dei brividi lungo la schiena, mi sento la sua preda. «Qu…quindi non scherzi» balbetto io «No» risponde deciso lui. Un altro brivido. Mi schiarisco la voce e cerco di riprendere il controllo di me stessa dico: «Allora facciamo così, ti dico sì, ma ne approfitterò per conoscerti meglio come coach visto che non avete molto tempo a disposizione, quindi sarà una cena di lavoro». Eccolo che si trasforma di nuovo, sfoggia quel suo sorriso da bambino impertinente «Ci sto, sei forte coach, ehm Marina.» Mi porge il cinque e io ovviamente lo batto senza pensarci e rido insieme a lui. Scuoto la testa rinunciando a capirci qualcosa e a farmi domande.
Nel caffè le ragazze già mi stanno aspettando, pranziamo e loro mi raccontano qualcosa delle loro vite lavorative. Mi sembrano intelligenti e anche competenti, mi sta frullando una strana idea in testa, loro fanno proprio per me, occuperebbero i 5 posti più importanti e urgenti che devo coprire. Con molta disinvoltura, come se il fatto non fosse il mio chiedo che genere di musica ascoltano e se conoscono il k-pop. Loro iniziano a parlare dei generi musicali che preferiscono. La butto sempre lì e chiedo se conoscono una band chiamata STB. Loro mi dicono che conoscono un paio di canzoni che ogni tanto danno alla radio e sanno che hanno un seguito di fans mondiali assurdo e che dovrebbero essere dei ragazzini. Ceeerto ragazzini!
Faccio una domanda inaspettata: «Se domani qualcuno vi chiedesse di lasciare il vostro lavoro per uno migliore e ben pagato a chi lavora e a chi studia dare una possibilità di lavoro part time sempre ben pagato, voi ci penserete?» Le ragazze mi guardano stupite e Debora chiede «Ci stai offrendo un lavoro?» La guardo annuendo leggermente, i suoi occhi acqua marina sono speranzosi, ma io ci leggo tanta tristezza e sofferenza. A questo tavolo tutte le ragazze hanno qualcosa che non le soddisfa, dalle sensazioni che ho hanno sofferto pur essendo molto giovani, ma hanno energia positiva. «Facciamo così, vi lascio il mio indirizzo e-mail ed entro oggi mi manderete un curriculum. Domani vi farò sapere qualcosa». Loro sorridono, sembrano sorprese ed entusiaste allo stesso tempo. Scrivo il mio indirizzo, le saluto e vado via. Ho una sensazione positiva.
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".. Sfondare il muro tra ciò che voglio dire e quello che non posso dire..."
FanfictionNon ho una vera descrizione per questa storia, ho sempre pensato che fosse un delirio di una pazza. Un giorno incoraggiata da alcune amiche ho cominciato a scrivere e poi ho continuato..... Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale e d...