Torno in ufficio è quasi ora di pranzo. Chiamo Debora e la informo che dopo pranzo vedrò Park Jimin, poi le chiedo di chiamare tutte le ragazze per andare a pranzo. Andiamo al solito caffè e parliamo dell'andamento della giornata. Le vedo un po' spaesate ma le rassicuro dicendo che piano piano troveremo una quadratura. Al nostro rientro vedo Jimin che sta già aspettando fuori la porta del mio ufficio. Debora resta incantata e io la capisco benissimo. «Debora?» La chiamo tirandola per la manica. «Sì...?» Mi guarda un attimo spaesata e io le faccio una smorfia. «... ci sono». Certo, immagino, mi dico rassegnata. «Posso portarvi qualcosa da bere?» Prende l'iniziativa lei e io sono lieta di questa cosa. Jimin che fino adesso era stato solo spettatore dice: «Acqua». una sola parola, il suo tono di voce era dolce ma allo stesso tempo sembrava ti stesse sussurrando parole all'orecchio. Scuoto la testa e guardo Debora. «Acqua», dice lei come un automa. «Sì dell'acqua grazie». «Sì dell'acqua grazie». Ripete lei. Adesso capisco perché i ragazzi ridono di me. «Vuoi che ti porti dell'acqua Debora?» Dice divertito Jimin. «Sì». Risponde Debora. Decido di intervenire perché sento che questo dibattito non avrà mai fine. «Sì ok Jimin, sono sicura che DEBORA ha capito, ti prego entra. Debora per me un caffè americano, grazie!» Lei si riprende «Sì, subito».
«Dove preferisci accomodarti?» chiedo. «Il divano andrà benissimo» mi risponde. Perché ogni volta che parla sembra sempre che ti stia facendo una proposta indecente? «Tu parli sempre con questo tono vero?» Lui mi guarda divertito. Quando ride è davvero bellissimo, le sue labbra sono piene e quando è serio sembra avere il musetto di un pulcino. I suoi occhi a prima vista possono sembrare piccoli ma non è così, ha la doppia palpebra quindi per questo si ha questa impressione, sono marrone scuro come i capelli, il suo taglio sembra un caschetto spettinato e ha delle meches bionde. «Non capisco che vuoi dire». Mi distrae dalla mia disamina. «Niente lascia stare...» gli rispondo.
«Innanzitutto volevo ringraziarti per il diffusore, è stato inaspettato». Lui sorride. «Pensavo ti servisse qualcosa per rilassarti, ti ho vista molto provata il primo giorno». Sta parlando sinceramente, non vuole prendermi in giro. «Di cosa vuoi parlare?» «Cosa vuoi sentirti dire?» Eccolo che ricomincia, è dannatamente sexy. Respiro a fondo. «Tutto quello che ti va di raccontarmi. Come ti senti in questo nuovo paese, le tue paure se ne hai, preoccupazioni, cose belle, lascio a te la scelta».
Lui si rilassa sul divano stendendosi leggermente. Indossa una tuta nera che non nasconde il suo fisico sodo e le sue forme. Vengo distratta per fortuna da Debora che porta le nostre bevande. «Grazie» dico con tono un po' più accentuato del dovuto.
Restiamo soli «Abbiamo solo quindici minuti Jimin, puoi iniziare».
Jimin racconta che i suoi genitori sono ristoratori e che ha un fratello più piccolo. Mi spiega che sin da piccolo si avvicina alla danza contemporanea e frequenta un'accademia e poi un'altra scuola di artisti. Sotto suggerimento di un insegnante partecipa ad un'audizione per una compagnia di intrattenimento e poi viene preso dalla Bighit come settimo e ultimo membro del gruppo. Da lì un po' come Jk, racconta gli anni da trainer, i sacrifici a cui sono stati sottoposti, le restrizioni che sono costretti a subire, cose che già avevo letto, ma preferisco sentirlo da loro per percepire le sensazioni.
Suona il timer che avevo impostato. «Bene Jimin, grazie per esserti aperto come me, spero di avere più tempo la prossima volta». Lui si alza. «Adesso vai altrimenti avrò di nuovo uno scontro con il maestro». Lui sorride e dice: «Sei stata forte l'altra volta, nessuno mai si era rivolto così al maestro.» Sta per andare quando si gira «..... Ah, volevo dirti che sicuramente non ci conosci ancora bene ma sono sicuro che hai percepito che c'è qualcosa di irrequieto nell'aria. Ti prego non ti impressionare troppo e abbi fiducia in noi, dacci tempo, non siamo così male. Abbiamo dovuto prendere una decisione importante e dobbiamo metabolizzare ancora il tutto. Adesso non posso dirti niente perché Jin Young insieme a Nam hanno deciso che dobbiamo parlartene tutti insieme.»
Va via lasciandomi con tante domande. Cosa sarà mai questa decisione?
Il resto della giornata lo passo tra le scartoffie, c'è così tanto da leggere su questi ragazzi, a volte mi prede il panico.
Chiamo le ragazze nel mio ufficio e consegno i contratti chiedendo di leggerli con calma per poi parlarne l'indomani. Aggiungo che se non hanno altro da fare possono andare a casa. Guardo l'orologio, è quasi sera e tra poco incontrerò Jin, mi sento nervosa. Decido di aspettare che sia lui a chiamare, mi stendo un po' sul divano.
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".. Sfondare il muro tra ciò che voglio dire e quello che non posso dire..."
FanficNon ho una vera descrizione per questa storia, ho sempre pensato che fosse un delirio di una pazza. Un giorno incoraggiata da alcune amiche ho cominciato a scrivere e poi ho continuato..... Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale e d...