Metabolizzare

32 10 11
                                    

Il tempo sembrava non passare mai, i ragazzi erano partiti, il volo sarebbe durato almeno undici ore. Sarebbero rientrati in serata. Mi rifugio nel lavoro per passare il tempo ma non posso fare a meno di pensare cosa dirò a Jin quando lo avrò davanti. In serata Debora e Kate salgono da me per chiedermi se volessi cenare con loro, ma io non sarei riuscita a mangiare nulla, avevo lo stomaco chiuso dal nervoso. Verso le ventuno circa la porta del mio ufficio si apre, non avevano bussato e io già sapevo chi avrei visto di lì a poco. Entra e chiude la posta dietro di sé e resta fermo a guardarmi. Io sono felice di vederlo, non sono più arrabbiate e senza dire nulla gli corro incontro per abbracciarlo, lui mi solleva dal pavimento e mi bacia. In quel momento non avevo bisogno di spiegazioni, volevo solo averlo, mi era mancato tutto di lui. Le sue mani sul mio corpo, i suoi baci sul mio viso. «Jin, voglio averti dentro di me subito», gli sussurro. Lui non se lo fa ripetere due volte e mi porta in camera da letto. Niente preliminari, niente parole, solo sguardi e quel bisogno di possedersi che era mancato da troppo tempo. Ci ritroviamo sul letto nudi senza sapere nemmeno come. Lui mi bacia con avidità, come se non avesse aspettato altro da tutta la vita ed era così anche per me. Si inginocchia tra le mie gambe e si infila un preservativo che non so nemmeno da dove sia saltato fuori e poi mi penetra. Io sussulto, lo sento ansimare. «Avevo dimenticato quanto fossi stretta», inizia a muoversi dentro di me, le sue mani sono strette nelle mie e il suo sguardo è fisso nei miei occhi. Stava facendo l'amore con me, non era sesso. I nostri gemiti come una melodia ci accompagnano fino alla fine, quando insieme arriviamo al culmine del nostro piacere. Continua a non parlare e a fissarmi, poi si alza e va in bagno. Quando torna io sono seduta ai piedi del letto, lui scosta le coperte e si sdraia. «Vieni da me», mi dice e io faccio come dice. Mi stringe tra le sue braccia e poi alza le coperte per coprirci. «Dormi con me». Io annuisco, non riesco a dire nulla di fronte a questo suo atteggiamento insolito. Mi stringo a lui e lo bacio, restiamo a fissarci in silenzio per luogo tempo.

Durante la notte mi sveglio, voglio andare a fare una doccia e cerco di liberami piano dal suo abbraccio ma lui mi stringe. «Dove vai?» «Ah, allora hai ancora una voce... » dico girandomi verso di lui. «...voglio solo fare una doccia», lui alza il viso di scatto. «Puoi farla? Ero così preso dal vederti che non ho fatto caso se avessi ancora i punti». «Li ho tolti l'altro ieri». «Stai bene? Sei ancora arrabbiata con me?» Disegno il contorno del suo naso con il dito. «Hai uno strano modo di chiedere scusa, ma è stata la cosa più bella che qualcuno abbia mai fatto per me». Lui sorride. «Lasciami andare, voglio fare una doccia. Poi sarebbe meglio se andassimo via da qui». «Perché? Tu sicuramente hai il cambio vestiti qui...» fa una lunga pausa «....e anche io», lo guardo stranita. «In che senso?» Lui sospira. «Adesso ti dico una cosa ma non devi arrabbiarti», sono sempre più perplessa. «Quando abbiamo fatto pace ho chiesto alla signora Kim di sistemare alcune mie cose qui in ufficio da te, si vede che da allora sei sempre tornata a casa e non ti sei accorta di nulla». Io non so che pensare. «Jin, ma.... Anche in bagno ci sono le tue cose? Perché se è così allora ho qualche problema, non ho visto niente e quello lo uso». Lui annuisce. «Sono in uno dei cassetti, per questo non le hai viste». Io spalanco gli occhi. «Qui.. Qui.. qui.. quindi... anche i preser....» non riesco a finire la domanda, mi porto le mani al viso dall'imbarazzo. «No, quelli li ho messi io nel cassetto senza che te ne accorgessi», tiro un sospiro di sollievo. «Non sentirti in trappola come magari ti sei sentita quando sono stato con te nei giorni di convalescenza, o quando per preoccupazione dico cose che possono sembrare che voglia controllarti o sminuirti. Non è mia intenzione, credimi. Voglio solo farti capire che ho intenzioni serie e non sei un passatempo per me», era sempre così sincero e schietto e io mi sentivo una stupida ad aver pensato alcune cose di lui. «Mi dispiace se alcuni miei comportamenti ti sono sembrati distaccati, non voglio allontanarti. Ho bisogno di metabolizzare la situazione e sono grata che tu sia così paziente», non volevo raccontare niente adesso non era il momento. «Non sono arrabbiata per quello che hai fatto, anzi mi piace che tu ti prenda certe confidenze. Adesso posso andare a fare una doccia?» «Vengo anche io», il suo sguardo da predatore non ammette repliche.

".. Sfondare il muro tra ciò che voglio dire e quello che non posso dire..." Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora