1. La notte prima della mietitura

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Le onde si infrangono prepotentemente sulla spiaggia e, al loro passaggio, lasciano sulla riva conchiglie, sassi e pezzi di legno. Una leggera brezza notturna, l'unica nota positiva di questa sera, mi scompiglia i capelli, che ondeggiano intorno al mio viso in maniera scomposta. Domani non sarà un giorno come tutti gli altri. Domani sarà il giorno della mietitura : un ragazzo ed una ragazza, provenienti da ogni distretto di Penem, verranno condannati a morte e solamente uno riuscirà a tornare a casa.

Sento una strana sensazione di vuoto impossessarsi del mio corpo e osservo l'orizzonte. Quanto vorrei prendere una barca e andarmene da qui... Amo il mio distretto, ma odio Panem, odio gli Hunger Games ed odio la morte. Tremante, mi avvicino alla riva e lascio che l'acqua mi bagni i piedi . Se solo penso che questa potrebbe essere l'ultima volta che riesco a percepire l'acqua bagnarmi il corpo ed i vento scompigliarmi i capelli mi viene da piangere.

Mi tolgo il vestito, lo lascio cadere sulla sabbia asciutta e mi dirigo verso l'acqua. Mi immergo fino all'addome e mi abbandono alle onde. Lascio cullare il mio corpo dal movimento lento e dolce dell'acqua salata, che mi tranquillizza da quando ero solo una bambina. Guardo il cielo stellato e ogni volta che scorgo una stella più luminosa delle altre penso che sia uno dei miei amici, caduti miseramente durante gli Hunger Games precedenti. Sospiro affranta e comincio a nuotare. Mi spingo un po' più a largo come sempre e mi arrampico su di uno scoglio che è stato il mio rifugio innumerevoli volte. Raccolgo le gambe al petto e, involontariamente, comincio a piangere come ogni notte prima di questi maledetti giochi.

«Ti odio...Ti odio Snow» singhiozzo per un po' , convinta che la mia voce spezzata non sia udita da anima viva, finchè non sento qualcuno ridere piano dietro di me.
Mi volto e vedo un ragazzo alto, dalla carnagione ambrate e gli addominali scolpiti che mi fissa. I suoi capelli biondi sembrano brillare ai raggi fiochi della luna . A giudicare dall'arma che impugna nella mano destra posso dire con certezza di chi si tratta: Finnick Odair, il vincitore dei sessantacinquesimi Hunger Games.
Mi asciugo gli occhi con il dorso della mano e, ignorando il bruciore provocato dall'acqua salata, mi alzo in piedi «Finnick Odair... Cos'hai da ridere?» gli dico.
L'ex tributo sfoggia uno dei suoi soliti sorrisi accattivanti e mi risponde « Oh, niente. Trovo solamente buffo il fatto che tu pianga... Sai, anche io l'ho fatto la notte prima della mietitura ,ma non è servito a nulla. Il mio nome è stato estratto da quella maledetta ampolla e sono dovuto partire per i giochi. Smettila di piangere, non ti salveranno le lacrime... Ti salverai da sola».
Stringo i pugni fino a conficcarmi le unghie nella pelle e ,prima di tuffarmi di nuovo in mare, gli rispondo «A te ha salvato la tua bellezza , perché mai non dovrebbero salvarmi le lacrime?».
Mi rituffo rapidamente in acqua e con poche bracciate raggiungo la riva. Il sale mi brucia negli occhi, ma non me ne importa. Lanciando un'ultima occhiata allo scoglio, strizzo i capelli e mi rivesto ,fragandomene del fatto che sono completamente bagnata. Rivolgo uno sguardo carico di malinconia al mare e comincio a correre verso il villaggio. Voglio ritornare a casa e stare sveglia tutta la notte. Voglio osservare mio padre dormire fino all'alba , almeno un'ultima volta prima di firmare la mia condanna a morte domani mattina. Attraverso le diverse vie del villaggio di pescatori e giungo davanti a casa mia. Le luci sono tutte spente e non si sente nessun rumore provenire dall'interno: mio padre starà sicuramente dormendo, del resto sono le 23:30.
Per non fare rumore mi dirigo verso la parte opposta della casa e vedo che la finestra del salotto è aperta . Salto sul davanzale e mi lascio scivolare dentro l'abitazione. Richiudo la finestra e mi avvio verso il bagno . La mia pelle odora di sale, non posso lasciare che s'incrosti sulla mia pelle , così decido di farmi una doccia. Non riesco a smettere di pensare all'ampolla, ad una mano che pesca un bigliettino e che strilla il mio nome con entusiasmo. Ho paura, sì. Sono una codarda ... Forse ha ragione Finnick Odair, le lacrime non mi salveranno . Devo essere forte, devo sfoderare gli artigli e combattere. Se domani mattina quella donna dai capelli blu griderà il mio nome , dovró essere pronta a combattere . Combatteró per papà, combatteró per me... Combatteró per vivere e passare davanti a Snow sul carro dei vincitori trionfante.

Ma ancora una volta, dovrò ricordarmi che il prezzo della mia libertà sarà alto. Uccidere diventerà la regola numero uno per poter sopravvivere.

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