6. Parla chiaro

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Apro la finestra e ,scavalcandola, mi ritrovo sul balcone. Cautamente muovo dei passi verso la figura nera che sta affacciata al parapetto e afferro un bastone che sta appoggiato al muro. Quando sono abbastanza vicina all'individuo alzo la stecca di legno e cerco di colpirlo alle spalle ma lui si volta di scatto e blocca il mio attacco. Solamente quando la luce dei lampioni colpisce il suo viso capisco di chi si tratta. «Avevi intenzione di uccidermi per caso?» mi chiede con voce interrogativa. «No...peró prima avevo intenzione di farlo»gli rispondo gettando a terra il bastone. «Lo schiaffo che mi hai dato mi ha lasciato il segno per un bel po', lo sai?» mi dice guardando la città illuminata dalle luci delle macchine, delle case e delle insegne elettriche. Alzo e le spalle e sedendomi sul parapetto gli rispondo con naturalezza«Ti sta bene. Così impari a portare rispetto ad una ragazza». Lui ride e si siede per terra appoggiando la schiena al muro«Scusami tanto ma vederti conciata così mi ha spinto a reagire in quel modo non proprio carino. Non intendevo offenderti... Spero che non te le sia presa». Non intendeva offendermi? A quel punto rispondo spontanea«Certo, a chi vuoi che dia fastidio essere paragonata ad una prostituta!». Mi alzo e mi dirigo di nuovo verso la finestra dalla quale sono arrivata fino al balcone ma Finnick mi afferra per un braccio e mi costringe a voltarmi verso di lui, mi costringe a guardarlo dritto in quei magnifici occhi che ha. È la seconda volta che fa un gesto simile e, sinceramente, non capisco il perchè. «Scusami non intendevo ferirti... Volevo solamente che non uscissi fuori in quella maniera» mi dice con tono da persona innocente. A quel punto stringo i denti e gli chiedo«Perchè? Dimmi perché ti turbava tanto vedermi uscire fuori conciata così... Non credo che tu sia pazzo, quindi, una motivazione deve pur esserci». Vedo dipingersi nel suo volto stupore e forse paura. Ma paura di cosa? Paura di darmi una risposta? Socchiude le labbra e prende un bel respiro poi mi dice«Perchè sono ... Sono geloso». Cosa?! È geloso? Non è il mio fidanzato, non riesco a comprendere il perché della sua gelosia. «Vuoi farmi credere che ti sei innamorato di me? Ha-ha bella questa» gli dico ridendo. Continuo a sorridere ma il mio sorriso si spegne quando incontro di nuovo i suoi occhi . Sono sinceri, non sta mentendo. Che si sia veramente innamorato di me? No, non puó essere... Insomma , lui è Finnick Odair, è il vincitore più amato di Capitol City, è il ragazzo più bello che io abbia mai visto in vita mia... Come puó essersi innamorato di me? Io sono una semplice ragazza che vive con il padre a pochi passi dal mare. Non ho nulla da offrirgli... Cosa l'ha fatto innamorare di me? Perplessa lo guardo negli occhi «Finnick tu... Tu non puoi esserti innamorato di me» gli dico con un fil di voce. Il vincitore dei sessantacinquesimi Hunger Games sostiene il mio sguardo poi mi risponde«Perché non posso?». «Perchè non è normale... Perchè è contro le regole e perchè io non sono nessuno mentre tu... Si , tu sei il più popolare dei vincitori di Panem» mi ha fatto male dirgli queste cose ma le ho dette lo stesso. A me piace Finnick Odair? Cosa provo per questo ragazzo così bello e maledetto? Ad essere sincera non lo so. Forse sono attratta da lui solo fisicamente... Caratterialmente invece? Questo è ancora troppo presto per scoprirlo e forse ho anche paura a farlo. «Annie non m'interessa se è contro il regolamento, mi piaci lo stesso e nemmeno Snow puó cambiare le cose» mi dice prendendomi entrambe le mani. Le sue sono caldissime a differenza delle mie che sono fredde come il ghiaccio. «Sai... Forse a me serve tempo. So che ne ho a disposizione veramente poco ma è abbastanza per capire ció che provo e ció che voglio» gli dico poi lascio le sue mani e corro verso la finestra scavalcandola di nuovo. Finnick è rimasto fuori avvolto dall'oscurità della notte . Richiudo la finestra e mi dirigo verso la sala da pranzo dove trovo Kitty ed Oliver seduti a tavola. Stanno aspettando sicuramente me e Finnick... Mi siedo vicino a Kitty e rivolgo ad Oliver un sorriso . «Eccoti qui... Hai visto Finnick ?» mi chiede Kitty guardandosi intorno. Versandomi dell'acqua nel bicchiere rispondo«Si, l'ho visto. Era al balcone fino a pochi minuti fa». «Sono qui» risponde una voce alle nostre spalle. Mi volto e vedo il nostro mentore arrivare e sedersi accanto ad Oliver. «Bene... Ora che siamo tutti possiamo anche cominciare a mangiare»dice Kitty con la sua solita vocina allegra. Per metà della cena nessuno parla poi peró Oliver rompe il silenzio chiedendo a Finnick«Come si sopravvive agli Hunger Games?». Tagliando un pezzo di carne, che è nel mio piatto,ascolto ogni singola parola che i due si scambiano. «Devi uccidere o sarai ucciso. Non ci sono regole, non devi avere pietà per nessuno. Gli alleati ti aiutano ma poi arriverà il momento in cui o li uccidi tu o loro uccideranno te. Devi avere sangue freddo e cercare di non pensare tanto a chi hai davanti. L'unico modo per vincere è essere crudeli, non provare pena o pietà per nessuno» risponde con voce neutrale il nostro mentore. Chiudo gli occhi cercando di inghiottire il cibo che ho in bocca. Non ce la faró mai. Come posso non aver pietà proprio io che sono una persona misericordiosa e che si sacrificherebbe per chiunque abbia legato con me? Forse sono così perchè non ho mai avuto nessun amico eccetto una ragazza che fu uccisa agli Hunger Games tre anni fa. D'un tratto sento che lo stomaco non vuole saperne di ricevere altro cibo così , come se nulla fosse, mi alzo da tavola e andandomene rivolgo a tutti le mie più sentite scuse«Mi dispiace, non ho più fame». Sento il rumore di una sedia che si sposta ma Oliver ferma chiunque abbia voglia di seguirmi e dice«Lasciala perdere. Ci penseró io più tardi». Se non ci fosse lui non avrei retto tutta questa tensione e tutto questo, non avrei retto i giochi. Apro la porta della mia camera e richiudendola mi poggio con la schiena contro di questa e lascio che il mio corpo scivoli sul pavimento. Senza che me ne accorga delle calde lacrime cominciano a scendermi dagli occhi e rigano il mio viso . «Non ce la faccio...» dico tra i singhiozzi, ma dentro di me so che ce la devo fare, so che devo lottare per poter ritornare a casa e riabbracciare mio padre. L'unica che deve entrare nell'ottica di diventare una spietata assassina è la mia anima ,che non vuole macchiarsi del sangue di altre anime pure ed innocenti nelle il mio coltello affonderà la sua letale lama.

Il mondo di Annie CrestaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora