Capitolo 4

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Davanti la stanza c'erano una sfilza di agenti in divisa e lulla porta un paio di strisce gialle della polizia.
A Toby bastò mostrare nuovamente il tesserino per poter entrare all'interno della stanza.
Questa era completamente bianca, ma quel bianco così puro era stato macchiato dal rosso del sangue.
Quella scena faceva invidia ai peggiori film horror. Prima di entrare, aveva sentito qualche agente blaterare inorridito di cosa aveva visto li. Ma a Toby non faceva nessun effetto, ne aveva viste così tante che ormai era cosa di tutti i giorni vedere qualche uomo o donna sventrati e privati della loro vita da qualche serial killer.

La scientifica aveva già isolato l'area del delitto per non contaminarla e un uomo con un camice addosso stava già procedendo a raccogliere i campioni, era assistito solo da un paio di agenti con lo stomaco forte.

A terra vide il medico: giaceva supino sul pavimento, con una profonda ferita da taglio sulla schiena, aveva il braccio macellato e le unghie tutte rosse e piene di sangue, lividi e qualcos'altro.

Toby annotò mentalmente tutte quelle informazioni, che avrebbe poi trascritto sul suo taccuino: l'uomo si era difeso ma era stato anche colpito alle spalle. Come era potuto accadere ?
Doveva capirne di più; solo su quelle informazioni preliminari non si sarebbe mai potuto basare per scrivere uno dei, probabili, migliori articoli della storia.

"Cosa è successo ?"
Chiese il ragazzo al medico nel momento in cui, quest'ultimo, una volta ispezionato tutta l'area, si era allontanato dal cadavere per avvicinarsi a lui.

"A quanto pare il nostro uomo è stato abbastanza bravo da occultare il suo omicidio per sviare le indagini. È una cosa abbastanza complessa, perché il dottor Williams è morto in circostanze abbastanza curiose. Appena siamo entrati sulla scena tutti abbiamo capito che è stato colpito alla schiena, senza che se ne accorgesse."
Disse l'altro, facendo una panoramica generale sulla questione.

"Fino a qui ci eravamo arrivati un po' tutti quanti."
Disse Toby in tono scocciato. Già voleva andare via, ma prese comunque il suo taccuino e la sua penna per iniziare ad annotare tutto quello che gli stava dicendo l'esperto.
Erano troppe informazioni e non voleva rischiare di dimenticarsene.

Il medico legale gli scoccò un'occhiata e fece un sospiro:
"Comunque, abbiamo notato che sulle mani ha dei segni di lotta, quindi ciò non vuol dire che è stato colto di sorpresa."

L'altro annuì e continuò a scrivere anche se fino a li c'era arrivato anche lui.

"Ma abbiamo notato anche la presenza di un terzo elemento."
Cosa ?
Alzò di scatto la testa da quello che stava scrivendo e concentrò tutta l'attenzione su di lui: tra le mani, coperte da guanti di paltica bianchi, aveva una fiala mezza piena e da dove scorreva un liquido verdastro.

"È stato avvelenato."

Come aveva fatto a non rendersi conto di quel particolare ?

-•-

Finito di parlare con l'esperto e una volta uscito da quello studio, Toby fece per andare verso l'uscita ma deviò del tutto la direzione. Prese la strada di un corridoio; lì vi era la terapia intensiva, un reparto in cui c'era gente in stato di coma e in cui c'era anche sua sorella Lyra.
Era da tempo che non la andava a fare visita. Ogni volta che si trovava a girovagare in quell'ospedale, in quel corridoio, sentiva sempre l'aria mancare e le gambe tremare.
La stanza dodici, era la sua.
Subito arrivò ad essa. Era facile per lui che quel corridoio lo conosceva a memoria, nonostante da lì mancasse da tempo.
Sua sorella era ancora su quel dannato lettino bianco, attaccata a molti tubi. La pelle del viso era pallida, così come anche le sue braccia le quali erano anche coperte da lividi profondi e scuri dovuti a quei molteplici aghi infilati nella sua pelle.

Si sentiva morire ogni volta che la vedeva ridotta in quel modo.

Appoggiò la mano sul vetro della porta che lo separava dall'altra stanza e una lacrima gli rigò il viso.

Era vietato a chiunque di entrare in stanze come quelle, i parenti potevano solo osservare da fuori e solo i medici, accompagnati da un infermiere, potevano entrare.

"Chi è ?"
Sentì la voce alle sue spalle, che lo fece trasalire, e allo stesso tempo provare una profonda rabbia.
Si andò a girare, con un'espressione carica di rabbia e strinse i pugni.

"Non ti interessa."
Non gli importava se stava ancora piangendo e aveva gli occhi lucidi.
Ben, lui, non doveva essere lì.
"Chi ti ha detto di entrare ?!?"
Gli chiese alzando la voce e ,con uno scatto di rabbia, si pulí il viso dalle lacrime con il dorso della mano.

"Mi hai lasciato da solo ! Hai detto di non conoscermi. Io dovevo essere lì con te sul posto."
Ribatté il biondino, facendo un passo in avanti così come lo fece Toby nella sua direzione.

"Tu sei solo quello nuovo, impara a stare al tuo posto."
Sibilò Toby tra i denti.

L'altro, lo spinse con entrambe le mani, per allontanarlo siccome il moro era troppo vicino e lo soffocava.
"Io ho il compito di aiutarti. Me l'ha detto il nostro capo!"
Ringhiò Ben a sua volta.

A quel punto, Toby, non risuscí a vedere più nulla dalla rabbia. Si avvicinò all'altro, afferrò la sua felpa tra le mani e lo spinse con la schiena contro il muro, facendo vibrare quest'ultimo al solo contatto con il suo corpo.

"Non mi interessa di cosa sice quello stronzo."

Poi lo lasciò, girò i tacchi e se ne andò verso l'uscita.

Murder in the city (TICCIDROWNED) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora