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Il mattino seguente fu lui a svegliarsi per primo, evitando così l'imbarazzo della situazione. Aveva recuperato i cavalli e li aveva sistemati, poi chiamò la sua compagna.
Nagi si svegliò con un terribile mal di schiena, sentiva i muscoli rigidi e per un attimo credette di non riuscire più ad alzarsi. Tutto sommato però alla fine aveva dormito bene, e si chiese cosa avesse pensato Levi mentre lei si era avvicinata a lui in quel modo.
Una volta in piedi la testa iniziò a vorticare, in un'improvviso senso di vertigine che la fece cadere a terra. Si sentiva stanca, aveva molta fame.
Levi la vide a terra e corse da lei preoccupato, anche se al solito sul suo viso non traspariva la ben che minima emozione.
Le tese una mano e lei la afferrò con forza, spingendo per sollevarsi, ma una volta in piedi perse di nuovo l'equilibrio e finì fra le sue braccia.
I due se ne stavano in piedi in una sorta di goffo abbraccio, e da lì lei poteva percepire l'odore dell'acqua fresca sul suo corpo. Si era lavato e lei nemmeno se ne era accorta. La sua parte più infantile lo immaginò subito senza vestiti, tra l'acqua fresca del fiume, ma poi tornò subito alla realtà.
Erano passati diversi giorni dal loro ultimo bacio, e Nagi fremeva al pensiero di averlo tutto per lei ancora una volta. Avrebbe tanto voluto posare le labbra sulle sue e sentire le mani di lui percorrere il suo corpo, abbandonandosi completamente al suo tocco.
"Scusa" disse staccandosi dal Capitano e ritrovando un minimo di equilibrio.
"Forse dovresti mangiare ancora qualcosa" fece lui.
"No sto bene, e poi quella sarebbe la tua razione" Nagi era preoccupata per lui. Non mangiava da almeno un giorno, ma allo stesso tempo non sembrava essere così affamato.
Sperò di arrivare presto al distretto, ma quando i due ripartirono e la foresta incolta accanto al fiume si faceva sempre più rada, una forte agitazione la pervase. Per tutto quel tempo era riuscita ad ignorare la sua esistenza, ma ora come si sarebbe comportata? Conosceva quel posto abbastanza bene, e anche la gente la ricordava.
I cavalli accelerarono il passo non appena la strada fu di nuovo ben percorribile, e nel giro di mezz'ora, raggiunsero il portone principale.
Li fecero entrare da un portone secondario, anche esso di pietra, ma molto più comodo da spostare.
Li accolsero gli uomini del corpo di Guarnigione. Qualcuno era visibilmente ubriaco e la cosa ebbe un forte impatto su Nagi.
Già alla prima occhiata, era facile capire che nessuno di loro aveva mai visto un gigante, nessuno aveva lo sguardo cupo e consumato di chi, come loro, aveva la morte accanto ogni giorno. Le loro pance erano anche belle rotonde, e qualcuno barcollava per il troppo vino.
Sia Nagi che Levi provarono un senso di fastidio. Entrambi, per quanto gli fosse dura ammetterlo, avevano una gran fame, e quegli uomini sembravano essere appena usciti da un banchetto.
"Il corpo di Ricerca! Qual buon vento" venne avanti quello che sembrava essere il capo, un tizio alto e ben piazzato. Lo sguardo era assonnato, e la cosa provocava di nuovo fastidio in entrambi.
Nagi aveva come la sensazione che si stessero prendendo gioco di loro.
"Sono il Capitano Levi, capo della squadra operazioni speciali, lei è Nagi Tanaka, capo della quarta squadra"
Dopo le presentazioni un brusio sommesso si irradiò tra i soldati presenti.
Nagi si guardò intorno, osservando gli edifici. Non era cambiato nulla.
A pochi metri da loro iniziava la città, con le case tutte uguali, se non per le loro altezze, poste in file precise.
Alla loro destra invece si ergeva alto il quartier generale della squadra che li aveva accolti. Soldati uscivano da quella che pareva essere la mensa con pance gonfie e sguardo soddisfatto.
C'erano alcuni tavolini di fuori, messi lì per la bella stagione, e qualcuno stava seduto attorno a loro intenti in concitate chiacchiere. Qualcuno si dilettava nel gioco delle carte, altri semplicemente stavano schiacciando un pisolino all'ombra.
Il suo pensiero volò subito ai suoi compagni, con i loro corpi asciutti e letali, ma con lo stomaco sempre vuoto per la maggior parte del tempo.
"Perché non entrate a mangiare qualcosa!" disse l'uomo, che improvvisamente si era fatto quasi allegro.
Levi e Nagi si scambiarono un'occhiata di intesa e poi smontarono da cavallo.
Due uomini arrivarono di fretta per prenderli e portarli nelle stalle.
"Trattalo bene" disse Nagi al ragazzo che le portò via il suo stallone. Il suo tono e il suo sguardo erano così duri che il povero soldato si sentì investito di una responsabilità troppo grande. Prima che si allontanasse con il suo cavallo lo accarezzò, per rassicurarlo, ma quello proprio non voleva saperne di seguire l'uomo.
"Avanti muoviti!" il soldato tirava la corda ma il cavallo puntava sempre di più gli zoccoli a terra. La ragazza rise di gusto e attirò l'attenzione di Levi.
"Lasciatelo qui e portategli cibo e acqua" la ragazza fu sorpresa nel sentire la sua voce dietro di lei, e le sfuggì un sorriso.
"Andiamo"
Entrarono in una mensa con tavoli sparsi nella sala. L'odore dentro era parecchio invitante e senza volerlo lo stomaco di Nagi protestò.
"Prego, sedetevi pure. Vi faccio portare qualcosa e poi parleremo" disse l'uomo. Nagi pensava di averlo già visto, ma la sensazione non era buona.
Non si sentiva al sicuro accanto a lui, e Levi lo aveva percepito, ma non chiese nulla, limitandosi ad analizzare ogni sua mossa.
Portarono loro due piatti pieni di carne stufata, con un bel po' di patate. Nagi ricordava di averne mangiato anche nel loro di accampamento, ma ormai era passato troppo tempo. La carne era deliziosa e entrambi erano affamati. Non ci misero molto a pulire il piatto con quel pane così morbido che il soldato aveva portato loro.
Avevano mangiato in silenzio e in fretta, come se fossero in ritardo per qualcosa, ma la verità era che il loro stomaco era troppo vuoto.
Bevvero grandi sorsi d'acqua, ma evitarono il vino. Nagi ancora a volte sentiva il sapore di quello che lei e i suoi compagni avevamo bevuto quella sera e la cosa le dava la nausea.
"Non avete molto da mangiare voi del corpo di Ricerca eh" fece l'uomo mentre si sedeva sulla sedia accanto alla loro.
"Io sono Hans" si presentò l'uomo.
Di nuovo Nagi ebbe quella brutta sensazione allo stomaco, e stavolta era certa non fosse fame.
"Abbiamo bisogno di provviste" tagliò corto Levi, che già provava fastidio per la situazione.
"Dovrebbe essere il corpo di Gendarmeria a pensare per voi" quell'ultima parola era stata pronunciata con un tono così sprezzante che un improvviso istinto omicida pervase i sensi della ragazza.
"È inutile fingere di non conoscere la situazione" fece lei con tono severo "Vogliamo solo sapere se ci aiuterete o meno"
"Le donne da voi sono tutte così" ridacchiò l'uomo.
Era evidente che non avesse compreso la situazione, né comprendeva quanto potevano essere letali i due soldati con i quali si stava mal relazionando in quel momento. Ma non ci mise molto a capirlo. Levi gli rivolse uno sguardo assassino, tutto in lui gridava morte e distruzione, e la cosa lo aveva toccato più di quanto gli sarebbe piaciuto ammettere.
"Noi possiamo solo darvi la nostra benedizione, dovreste parlare con il commerciante-capo della città. È lui che raziona le scorte, e di questo periodo non se la sta passando nemmeno troppo male" l'uomo era improvvisamente divenuto serio, e la cosa procurò al ragazzo soddisfazione. Era consapevole che il suo sguardo poteva mettere in riga chiunque, e sapeva bene anche come usarlo.
"Come si chiama" chiese Nagi, mantenendo la sua compostezza.
"Taro Morel"
Taro.
Nagi perse un battito. Cercò di mantenere la sua espressione il più neutrale possibile, ma Levi aveva già colto il suo guizzo iniziale.
"Se riuscite a convincere lui, potrete avere tutto quello che volete. Attualmente porta rifornimenti sia per questo distretto che per quello di Stohess"
"Dove possiamo trovarlo?" Levi sembrava essere pervaso da un'improvvisa fretta, che però notò solo lei. Poteva vederlo fremere sotto la giacca che celava gelosamente il suo arsenale. Pensando a ciò Nagi portò d'istinto una mano alla coscia, per assicurarsi che il suo pugnale fosse lì e che non fosse visibile. Finse di grattarsi per evitare che qualcuno trovasse sospetto il movimento poi tornò alla conversazione.
"Dovrebbe essere in qualcuno dei suoi bar, provate alla locanda al centro.. com'è che si chiama.." bisbigliò tra sé e sè prima di urlare ad un suo compagno.
"Da Rosemary"
"Grazie" risposero i due in coro, e poi si alzarono, congedandosi con uno sguardo.
"Buona fortuna" borbottò l'uomo, e poi se ne andò.
Una volta fuori Nagi cercò con lo sguardo il suo cavallo, ancora al centro della piazza.
"Cerchiamo questa locanda" stava dicendo Levi, ma lei lo interruppe.
"So dove si trova" disse mesta la ragazza. Non voleva crederci, eppure tutti gli indizi portavano lì. Se Hans non si stava prendendo gioco di loro, e si era visto bene dal farlo, quel posto sarebbe stato un bel problema per lei. Percorse a memoria le strade e i vicoli che portavano alla locanda, cercando di mantenere lo sguardo fisso nel vuoto. Cercava di non vedere cosa e chi aveva davanti, temendo che qualcuno l'avrebbe riconosciuta.
Levi le camminava accanto in silenzio, quasi come fosse la sua ombra, e se ne stava dal lato in cui rimaneva scoperta, dove non aveva il pugnale.
La ragazza nemmeno ci fece caso, tenendo il naso all'insù e leggendo l'insegna che si apriva davanti a loro.
Cadeva a pezzi proprio come era sempre stato.
Dentro una donnona stava sbraitando contro qualche ubriacone, il volto rosso per lo sforzo e la rabbia.
L'aria dentro era abbastanza accogliente, c'erano pochi tavoli, forse cinque o sei, e le sedie erano occupati da alcuni uomini che se ne stavano a leggere il giornale o a giocare a qualche gioco.
Subito davanti a loro si apriva il bancone, dietro il quale Rosemary stava ancora gridando. Il legno del posto era così impregnato di alcool e fumo che l'aria pungeva nelle narici.
Appena entrarono tutti si zittirono, qualcuno invece sputò a terra.
Nessuno sembrava essere Taro, nonostante i volti fossero tutti sospetti.
"Che mi venga un colpo.." biascicò Rosemary, strizzando i suoi piccoli occhietti suini. Lo stomaco della ragazza si attorcigliò, rimestando tutto quello che aveva appena mangiato. Nessuno l'aveva riconosciuta fino a quel momento, ma lei si, e d'altronde come poteva non farlo.
"Taro!" gridò la donna sparendo dietro una piccola porta dietro di lei, dalla quale passò a fatica "Guarda chi c'è" stava gridando.
Nagi con la coda dell'occhio vide Levi portare la mano nella giacca, pronto ad agire nel caso di problemi.
"È stato più facile del previsto" fece lei, con un tono tra l'ironico e lo sconsolato.
L'uomo uscì dalla stessa porta nella quale la donna era entrata, sistemando la camicia sul collo. Era abbastanza in carne, ma mai quanto Rosemary. Piccoli occhi marroni se ne stavano infossati tra le guance troppo grandi che sembravano quasi impedirgli la visuale, ed erano colorate di un rosso acceso.
"Ne hai fatta di strada ragazzina" disse non appena la vide.
Era pietrificata. Era proprio come lo ricordava, per quanto si era sforzata di dimenticarlo, ora tutto in lui le sembrava così familiare. Ricordava ogni singolo schiaffo e calcio ricevuto, ogni parola fuori posto, ogni cosa.
Levi notò il suo terrore, per cui prese la parola, ma lei non riusciva a sentirlo. Le sembrava quasi di trovarsi sott'acqua, ogni rumore era attutito, i gesti erano rallentati e le parole le sembravano lontane anni luce.
Si impose di rimanere salda sulle gambe, evitando di mostrarsi debole proprio di fronte a quel verme.
"Nagi!" un uomo che ormai si avvicinava ai sessanta sbucò fuori da dietro il bancone "Sei tornata per prenderne ancora?" rise l'uomo, mimando oscenità con le mani e suscitando risate generali.
Fu come se una scintilla fosse caduta su una tanica di benzina rovesciata.
Levi attraversò con ampie falcate la stanza e con un'agile mosse saltò dietro al bancone; in pochi attimi e senza che lui se ne accorgesse, fu sopra all'uomo che aveva appena parlato.
"Se c'è una cosa che non sopporto sono i viscidi figli di puttana" sibilò facendo pressione sulla gola con la punta dello stivale.
Aveva lo sguardo ferino, e se Nagi pensava che torturare qualcuno aveva tirato fuori il peggio di lui, era solo perché ancora non aveva vissuto quel momento.
Rabbia ceca devastava i suoi occhi, che si erano incupiti talmente tanto da sembrare più neri che blu.
"Fuori" disse Nagi con tono calmo, rivolgendosi alla sala. Nessuno però mosse un passo, troppo sconvolti dalla situazione.
"Ho detto fuori!" gridò poi, voltandosi con tutta la rabbia che aveva in corpo. Dal primo all'ultimo lasciarono la sala in silenzio, increduli.
Nel petto le si agitava un mostro pronto a dilaniarla. Tutti gli anni passati sotto il suo servizio e la sua tirannia si riproposero come incubi. Non vedeva nulla, non ragionava, avrebbe solo voluto prendere a pugni quell'uomo, che aveva permesso una cosa tanto atroce come quella di sfruttare una bambina.
"Non negozieremo con lui" disse poi risoluta, rivolgendosi a Levi.
"Ti sbagli" rispose invece lui, di rimando.
Quei due incutevano un tale timore che Rosemary dovette sedersi per evitare di svenire.
"Questi due invece ci daranno tutto quello che possiedono in più, e lo faranno anche alla svelta"
"Quindi non ti sei davvero arruolata" ridacchiò Taro, visibilmente divertito dalla situazione.
"Oh puoi scommetterci che l'ha fatto. Non sto parlando di soldi, sto parlando di provviste, bastardo"
L'uomo sputò a terra, sprezzante.
"Il servizio va pagato, ricordi Nagi?" rispose malizioso.
Gli occhi le si riempirono di lacrime, e a Levi fu subito chiaro di cosa stesse parlando.
Si avvicinò a lui e, nonostante la visibile differenza di altezza e stazza, il ragazzo lo afferrò per il collo della camicia, sollevandolo di poco.
"Forse non hai capito che le regole non le fai tu" sibilò.
"Fin quando le provviste le ho io, nessuno potrà levarmele. In cambio chiedo solo indietro la puttana migliore che questo posto abbia mai conosciuto. La piccola ci sapeva fare. Al corpo di Ricerca un soldato in meno non guasterà mica"
Aveva perso il discorso già alla seconda frase, quella parola era bastata per accendere in lui la peggiore delle emozioni. Rabbia, odio, ira e devastazione.
Irrigidì i muscoli del collo poi prese una leggera rincorsa, portando la testa all'indietro. Con un solo, preciso colpo, il naso dell'uomo andò in frantumi, sgorgando subito fiotti di sangue.
Rosemary si portò le mani agli occhi, spaventava, ma non disse nulla.
"Levi" lo richiamò lei, con tono fermo e deciso. Nonostante la rabbia, le diede retta e lo lasciò.
"Chi ha ucciso i miei genitori" chiese lei, sorprendendo tutti.
Taro sembrava confuso, gridava e si contorceva dal dolore, e non le rispose. Nel frattempo l'uomo a terra si era rialzato.
"Io" disse.
Fu come se le avessero dato uno schiaffo in pieno viso. Di nuovo i suoi occhi si riempirono di lacrime e non fu in grado di chiedere il perché, ma l'uomo risolse subito il suo dubbio.
"Erano indebitati fino all'osso. Non potevano più permettersi di pagarti da mangiare, per cui come riscatto avrebbero dovuto cederti a noi. Si opposero, così Taro diede l'ordine. Sono stati coraggiosi, e tu sei stata brava a fuggire, ma dal destino non si scappa" ghignò lui.
Ancora una volta rimase pietrificata, non avendo la minima idea di come reagire a quella notizia.
Era furiosa con quegli uomini, che le avevano strappato via la cosa più cara che aveva, e anche la sua gioventù e innocenza.
Non riusciva nemmeno più a piangere, vedeva solo nero, la sua vista era annebbiata e si sentiva sul punto di vomitare. Ma mantenne la sua fermezza, avvicinandosi all'uomo e scaricando su di lui tutta la rabbia che aveva.
Levi non la fermò, rimase a guardarla impassibile mentre sfogata tutto il suo dolore.
Le mani le tremavano e le facevano male, ma sicuramente l'uomo a terra non se la stava passando meglio. Mai aveva usato la violenza, e solo quando si rese davvero conto di ciò che stava accadendo fece un passo indietro. Ma ormai il volto dell'uomo era totalmente sfigurato, e il dolore che provava era talmente tanto da mozzargli il fiato e da non farlo riuscire nemmeno a guidare o lamentarsi. Si limitava a rantolare e sputare sangue, e dopo un colpo di tosse vennero via anche un paio di denti.
Nagi era tornata lucida. Afferrò un asciugamano dal bancone e si ripulì con cura le mani.
"Non sono più quella bambina innocente, Taro. Puoi opporti quanto vuoi, ma non negozierò con un tale bastardo. Ora ci porterai nel luogo in cui conservi le provviste e noi porteremo via il necessario"
L'uomo era rimasto ad ascoltare, terrorizzato dalla presenza di Levi accanto a lui.
Annuì velocemente.
"Non è tutto" aggiunse lei "chiuderai anche tutti i bordelli del distretto. Torneremo a controllare. Non voglio vedere nemmeno un bambino all'interno di questo schifo"
Solo quando ebbe finito di parlare Nagi si rese conto del guaio che avevano appena combinato.
Questo metteva l'armata Ricognitiva in una luce ancora peggiore, tutto perché non era stata in grado di controllare le sue emozioni.
Era sicura che Hanji avrebbe capito, ma tenere a freno l'opinione pubblica non sarebbe stato facile. Tutti i presenti nella stanza che lei aveva obbligato ad abbandonare, sicuramente avevano già diffuso la notizia, e probabilmente era già arrivata al corpo di Gendarmeria.
"Non ci pensare, per quello troveremo un modo" il ragazzo sembrava averle letto il pensiero, e la cosa la inquietò.
"Invia una lettera a Hanji, dille di raggiungerci con i carri"
La ragazza buttò un'occhiata alla locandiera, che per tutto quel tempo era rimasta immobile e con le mani a coprire gli occhi.
"Avresti potuto evitare tutto questo.." le disse quasi con tono dispiaciuto.
La donna allontanò le massicce mani dal volto e puntò lo sguardo dritto nel suo.
"Mi dispiace" disse solo.
La donna non aveva mai avuto la possibilità di avere dei bambini, ma ora capiva quanto male potevano aver provocato a tutte quelle povere donne che si trascinavano dentro e fuori le loro camere, dopo aver soddisfatto le voglie di viscidi uomini. Ora capiva che Nagi era stata solo forte abbastanza da poter reagire, e per un attimo sentì quasi come se il petto le si gonfiasse di orgoglio.
Ma era troppo tardi, sia per le scuse che per sentirsi orgogliosi, ma tra sé e sè decise che avrebbe messo a tacere ognuna delle male voci che si stavano spargendo in quel momento nella città.
"Portaci nei magazzini" disse la ragazza poi, rivolta a Taro.
L'uomo era spaventato e ubbidì senza proferire parola.
Levi nel frattempo si stava occupando della corrispondenza e anche di rimediare al casino che entrambi avevano creato.
Aveva una strana sensazione di orgoglio verso quella ragazza, ormai più donna. Aveva appena affrontato ciò che per anni aveva cercato di tenere nascosto e di soffocare, aveva affrontato il suo peggior incubo senza battere ciglio e in modo coraggioso.
Una voglia improvvisa di stringerla fra le braccia si fece forte e soffocante, mentre cercava di mettere in fila le parole sul foglio.
Stava chiedendo aiuto ad Hanji, cercando rinforzi per portare a casa tutte le provviste, anche se sapeva che la cosa avrebbe impiegato qualche giorno.
I carri erano lenti, e la strada che dovevano prendere era diversa da quella che avevano imboccato loro.
Dopo che ebbe finito di scarabocchiare sulla carta piegò la lettera e la conservò nella tasca interna della giacca. Prima di tirare fuori la mano cercò il contatto freddo della lama.
"Cammina" disse sprezzante mentre Morel si faceva strada a fatica fuori dal bancone.
Si assicurò di rimanere sempre accanto a Nagi, per proteggerla nel caso qualcosa andasse storto. Sapeva che la fascia con il pugnale era stretta attorno alla sua gamba destra, per cui rimase alla sua sinistra.
Mentre seguivano l'uomo Levi pensò a quanto poteva aver sofferto la ragazza, e quanto fosse stato azzardato da parte sua consumare con lui un rapporto.
Si sentì male nel ricordare che anche lui aveva, tempo fa, partecipato alla sua sofferenza. Eppure ancora la desiderava, la voleva più che mai e voleva sentirla sotto di lui.
Piano piano si fece strada in lui la voglia di parlarle, di rimanere di nuovo solo con lei. Non sapeva nemmeno lui cosa avrebbe fatto in realtà, poiché la sua parte più irrazionale lo portava a chiudersi, ma voleva davvero averla di nuovo fra le braccia.
Mentre entravano nell'enorme magazzino sotterraneo quindi, Levi si promise che avrebbe cercato di soffocare il suo bambino interiore, e quindi tutte le sue paure. Proprio come aveva fatto lei.

Le lame della libertà Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora