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I giorni passarono veloci, Hanji li aveva raggiunti dopo un paio di giorni con diversi carri.
La donna poi, quando scoprì cosa i due ragazzi avevano combinato andò su tutte le furie. Ci vollero diverse ore prima che si potesse di nuovo tornare a parlare con lei senza ricevere occhiatacce o urla isteriche.
Prima di ripartire i due ragazzi si erano assicurati che Morel non avesse riaperto le sue attività, e poi l'armata ripartì.
La strada del ritorno era stata lunga e accompagnata da un vento caldo e deleterio per i cavalli, che schiumavano dai loro corpi agili e snelli.
Ma la parte più difficile venne quando l'armata partì. Ormai tutto era pronto, e niente li poteva più trattenere.
Herb ancora non aveva dato loro notizie, e nessuna lettera era più arrivata da parte di Erwin. L'umore dei soldati era quanto mai a terra, scoraggiati da quell'infausta situazione.
Nagi si sentiva morire dentro ogni volta che qualcuno nominava il suo compagno, e ormai aveva iniziato ad evitare anche i suoi amici per paura che potessero chiederle aggiornamenti.
La ragazza si limitava a guardare il cielo e a sperare con tutta sé stessa che lui stesse bene.
Dopo che erano ripartiti dal distretto poi, Nagi non aveva più incrociato molto Levi. L'uomo era quasi sparito dalla circolazione, salvo apparizioni sporadiche nelle quali però evitava sempre il suo sguardo.
Nagi non poteva fare a meno di chiedersi il motivo di quel comportamento, credendo che ormai la relazione fra loro fosse ormai definita.
Il ragazzo in realtà aveva solo paura di stare di nuovo accanto a lei. Aveva paura di provare ancora quelle sensazioni così travolgenti, e aveva paura di non riuscire a trattenersi se lei si fosse avvicinata troppo, o se l'avesse vista semplicemente inumidirsi le labbra per il troppo caldo.
Inoltre in quanto capo della squadra aveva anche degli obblighi da portare a termine, e la missione era ormai troppo vicina per ammettere distrazioni.
Il giorno della partenza Levi si andava destreggiando tra Hanji e i suoi compagni, tra le scuderie per controllare che fosse tutto pronto e i carri dell'approvvigionamento. Quel giorno si sarebbero messi in marcia verso il distretto di Holst, che avrebbero raggiunto in non molto tempo, e poi da lì sarebbero usciti.
All'alba tutti erano già pronti per la partenza, gli sguardi cupi dei soldati scelti per la missione, assieme a quelli dei suoi compagni, seguivano ogni passo che muoveva e sentiva su di lui tutta la responsabilità di quelle vite.
Era stato lui assieme ad Hanji a recarsi presso di loro per chiedergli di seguirli in quel folle piano. Solo un paio aveva rifiutato, ma nessuno dei due comandanti se la sentiva di dar loro torto, così fecero finta di non aver mai chiesto nulla. Fu forse la prima volta che vide gratitudine nello sguardo di un suo sottoposto nei suoi confronti.
I preparativi ormai si stavano concludendo e i soldati si stavano radunando sullo sterrato fuori dal campo base.
Avevano gas a sufficienza per almeno un paio di settimane, ma Levi sperava vivamente che non avrebbero dovuto usarlo.
"Mancano ancora un paio di soldati che stanno mettendo le imbragature, poi dovremmo esserci" stava dicendo Hanji che quella notte non doveva aver chiuso occhio. Lunghe macchie nere si allungavano sul suo viso solcato da alcune rughe. Levi pensò di non averle mai viste, e che sicuramente erano frutto delle ultime settimane di stress.
La donna poi si portò due dita alla radice del naso e massaggiò con forza, intralciata dagli occhiali.
"Va a cercare Nagi, dovrebbe essere anche lei a prepararsi, ma deve radunare la sua squadra e controllare che siano tutti in ordine" Hanji aveva un sorriso scaltro celato dalla mano che ancora si ostinava a tenere di fronte al viso.
"Sai anche tu che non serve" la rimproverò lui, con sguardo truce e tono basso.
"Sono giorni che la eviti e merita di partire con il cuore leggero. Il suo amico ancora non ha mandato nessuna lettera e ormai molti lo considerano disperso o pensano che la Gendarmeria l'abbia catturato" la donna aveva portato di nuovo la mano lungo il fianco e lo guardava con la fronte corrucciata.
Levi sospirò, consapevole di ogni singola parole che lei aveva pronunciato. Controllava ogni giorno la corrispondenza e si era raccomandato con tutte le reclute e i soldati che poteva, affinché fosse il primo ad essere avvertito se fosse arrivata qualche lettera.
Nessuno era mai andato a cercarlo.
"Levi" lo richiamò la donna mentre lui si voltava e si dirigeva, a cuore pesante, verso la stanza dove gli altri si stavano preparando "Niente distrazioni in battaglia"
Riprese a camminare verso la sua direzione, sperando di non trovarla ancora a cambiarsi. L'immagine di lei che legava il suo sinuoso corpo con quei lacci così stretti lo faceva tremare di desiderio.
Per sua fortuna la incrociò mentre usciva, in coda a tutti gli altri, mentre si assicurava che nessuno fosse rimasto indietro.
"Nagi" la chiamò per attirare la sua attenzione, ma lei lo aveva visto arrivare già da un po'.
L'aria quella mattina era pesante e i raggi del sole illuminavano a poco a poco quella povera isola, e i volti stanchi e tesi dei soldati che a passo pesante si dirigevano alle loro cavalcature.
"È pronto il mio cavallo?" chiese lei cercando di evitare qualsiasi tipo di conversazione che potesse rivangare ciò che si erano detti giorni prima. Aveva raggiunto un fragile accordo ed equilibrio con sé stessa, dove si era ripromessa di evitare di pensare a quella notte. Alle cose che si erano detti.
"Sta aspettando solo te" disse lui liquidano la cosa.
Ora che se la trovava lì davanti, con la canotta bianca e i pantaloni scuri, imbragata fino al petto, non poteva fare a meno di trovarla buffa. Puntò i suoi occhi scuri in quelli chiari di lei e a quel punto non potè non pensare che era davvero bella.
Al solo pensiero di avere davanti quei grandi occhi azzurri si sentì come invaso dall'impazienza di stringerla fra le braccia.
Provò l'istinto forte di baciarla, che il suo corpo tradusse immediatamente con uno scatto in avanti. Lei non si sottrasse alle sue forti braccia e lo accolse schiudendo le labbra.
Entrambi dimenticarono di essere nel bel mezzo di un accampamento militare, con i loro compagni a pochi passi. C'erano solo le loro labbra e i loro sospiri, che piano piano si tramutavano in gemiti quando i loro corpi aderirono perfettamente.
La loro pelle bruciava di passione e le loro mani fremevano nell'impazienza di stringersi e di aversi.
Ma a malincuore Levi interruppe il bacio, prima che la cosa gli sfuggisse di mano.
"Niente distrazioni in battaglia" disse Nagi con la voce tremante di desiderio, e lui si ritrovò ad annuire.
"Vedi di non farti ammazzare" fece di rimando, anche lui con voce roca e carica di passione.
"Non avremo tempo per niente di tutto questo, ma se questa storia dovesse finire per il meglio io vorrei.."
Ma Levi non seppe mai cosa lei avrebbe voluto dirgli. Si sentirono chiamare da Hanji, impaziente per la partenza.
Nagi aveva montato il suo cavallo e aveva seguito il nuovo capitano, in testa a tutti i suoi compagni.
Al termine di quella giornata arrivarono al distretto di Holst e uscirono dalle mura, celati dell'oscurità.
Da quel momento in poi a Nagi non sembrò per nulla di star vivendo, tesa com'era.
Avevano una formazione piuttosto larga, e torce imbevute di così tanto alcool che anche con un passo un po' sostenuto non riuscivano a spegnersi.
La ragazza lanciava sguardi furtivi nel buio, temendo di trovare ad un certo punto davanti a loro un gigante pronto a spazzarli via.
La notte era illuminata solo dalle loro torce e la luna, che avrebbe dovuto essere piena e splendente, era coperta da nuvole passeggere.
"Dannazione, proprio oggi" sussurrò Auruo dietro di lei.
I soldati erano tesi come corde di violino, e l'aria era così pesante che ad ogni singolo rumore sobbalzavano e portavano le mani alle lame. Quasi d'istinto.
I volti erano sfigurati dalla paura e dalla tensione per una tanto folle spedizione.
"Non perdete il corso del fiume" disse Hanji, e piano piano i suoi avvertimenti si stavano spargendo nella formazione.
Quel piccolo gruppo stava avanzando nella notte fresca, speranzosi che la sorte li potesse assistere.
Nagi da quando erano partiti non aveva più pensato al bacio che si era scambiata con Levi, e quasi si sorprese di ciò. Era concentrata e tesa, e cercava di raggiungere con gli occhi il punto più lontano che poteva, così da evitare sorprese all'ultimo minuto.
Mano a mano che l'armata avanzava, il fiume si faceva più rumoroso, e la vegetazione attorno a loro cambiava. Stavano entrando in una sorta di ecosistema nel quale usare i dispositivi sarebbe stato impossibile.
Rovi, cespugli e piante ingombravano il loro cammino, e i carri delle provviste, al centro della formazione, non potevano proseguire da lì.
"Fate fermare tutti" disse all'improvviso Hanji, facendo arrestare il suo cavallo.
"Radunateli, da qui i carri non possono passare"
Nagi rabbrividì a quelle parole e il calesse si fermò immediatamente non appena si sparse la notizia. Ogni secondo che passava era un crescendo di ansie e paure che imperlavano la fronte dei soldati e irrigidiva i loro muscoli.
I ragazzi che guidavano i carri si avvicinarono con visibile irrequietezza, e con tono rotto e parole stonate a causa dell'agitazione chiesero come avrebbero dovuto fare.
"Dobbiamo prendere una decisione, e in fretta" sentenziò Levi, che pure non si sentiva molto a suo agio. Gli sembrava di essere tornato alle prime spedizioni fuori dalle mura, quando, giovane e inesperto, temeva quelle creature e la loro imprevedibilità. Anche celati dal buio sentiva che non sarebbero stati al sicuro. Certo, in mezzo a quella selva se un gigante si fosse avvicinato di sicuro lo avrebbero udito, inoltre la notte in quell'isola maledetta sembrava amplificare i suoni. Ma l'oscurità non li avrebbe protetti per sempre.
"L'unica soluzione sarebbe quella di seguire la foresta da fuori, sperando che il rumore dell'acqua sia abbastanza forte da permetterci di udirlo" stava dicendo Hanji mentre si torturava le mani.
"Se non ne abbiamo altre allora direi che possiamo proseguire" Kaiji svettava imponente sul suo cavallo, e alla luce della torcia sul suo viso nascevano e morivano ombre inquietanti. Nagi rabbrividì.
"Ha ragione, muoviamoci. Meno tempo passiamo fermi più tempo guadagnamo prima dell'alba" concordò la ragazza mentre faceva voltare il suo stallone per rovesciare la formazione.
Per uscire da quell'intricato luogo, impiegarono diverso tempo, ma una volta ripresa la marcia cavalcarono più che poterono, tendendo sempre un'orecchio verso la direzione del fiume.
Nagi si perdeva nelle parole mormorate dall'acqua che scorreva placida nella notte, sovrastata dagli zoccoli di quel folle gruppo di ricercatori.
Gli animi erano pesanti e nessuno si lasciava sfuggire una parola, spaventati da ogni singolo rumore.
L'alba era ancora lontana, ma in compenso il cielo era tornato limpido e sereno, e ora la luna allietava i loro passi permettendo loro di vedere per molti metri più avanti.
Cavalcavano sulle soglie del bosco, sotto le fronde di alberi mai visti prima, che svettavano alti nel cielo. Dal lato opposto invece la strada si stringeva sempre di più, lasciando posto ad un burrone che sprofondava diversi metri più sotto, dove li attendeva un paesaggio sconfinato, pieno di alberi e rovi.
Nagi pensò che se ci fosse stato un gigante, forse non sarebbero stati nemmeno in grado di vederlo, nascosto dal verde scuro delle foglie d'estate. Eppure nessuno ne intravide.
Il gruppo avanzava silenzioso, tradito solo dallo scalpitare dei cavalli e dalle provviste che sobbalzavano a causa del terreno accidentato.
Eppure del mare ancora non c'era traccia.
L'alba invece non tardò ad arrivare, e con il sole si levarono anche le preghiere del piccolo gruppo.
Di nuovo la marcia venne interrotta dal comandante, per permettere ai suoi soldati di rifocillarsi in vista di una giornata impegnativa. Non avrebbero più avuto modo di fermarsi, almeno fino al calare della notte.
Ed essendo quasi estate, il sole tardava sempre di più a calare.
Nagi prese grandi sorsi d'acqua. Durante la notte faceva comunque caldo, e lei si sentiva davvero stremata. Sentiva la testa dolorante, come se le avessero conficcato un perno nella fronte a avessero iniziato a martellarlo. Si massaggiò con calma la testa e poi si allontanò di qualche metro, cercando un luogo in cui avrebbe potuto avere un po' di privacy mentre liberava la sua vescica.
Era da molto tempo ormai che non cavalcava senza sosta, dunque già iniziava a sentire le prime vesciche formarsi sotto i glutei. Fece attenzione quando si rivestì a non scoppiarle, ma sapeva che una volta salita di nuovo sul dorso del suo cavallo ci avrebbero pensato da sole.
Prima di riavvicinarsi al gruppo, la ragazza si prese diversi minuti per sé. Buttò la testa all'indietro ad ascoltare il canto dei primi uccellini che si andava mescolare con quello del fiume a pochi metri da lei. Le foglie degli alberi facevano da riparo e chiudevano il cielo dando l'impressione di essere bloccati. Ma anche da lì Nagi riusciva a vedere il cielo. Dentro o fuori le mura, aveva sempre lo stesso colore, sempre le stesse sfumature quando il sole sorgeva. Ma dentro le mura non dava affatto quella carica che la ragazza sentiva montare nel suo petto in quel momento. Sentiva la libertà, la vita che le scorreva dentro, e per un po' dimenticò la missione. Dimenticò i suoi compagni e il motivo della spedizione. Dimenticò Erwin, Herb e persino Levi. C'era solo lei.
Respirò a fondo l'aria limpida del sottobosco, e poi decise di ritornare.
"Che fine avevi fatto, ragazzina" le chiese Keiji non appena la vide.
Nagi sorrise quasi in imbarazzo e l'uomo scoppiò in una fragorosa risata. Il petto gli si scuoteva forte, e dagli occhi socchiusi scendevano delle lacrime che si asciugò subito con le lunghe dita, salvo poi stendersi ad indicare un punto.
Nagi percorse con lo sguardo la direzione che il suo compagno le stava indicando. Levi stava osservando i volti di ognuno, cercando di non darlo a vedere.
Le uscì un piccolo sorriso nel vederlo e si diresse da lui.
Mentre lo raggiungeva prese del cibo che stavano distribuendo e riempì il suo stomaco.
La sensazione di appagamento fu indescrivibile. Sentiva che piano piano i muscoli si rilassavano e il mal di testa cessare.
Quando raggiunse il Capitano vide nel fondo dei suoi occhi blu accendersi una luce, ma come al solito quando parlò il suo tono era neutrale.
"Dobbiamo riprendere la marcia"
"Che fine pensavi avessi fatto" ridacchiò invece lei divertita. In realtà di divertimento non ce n'era nemmeno un po' e nonostante la tranquillità del posto, quella era sempre terra dei giganti.
Lo vide farsi scuro in volto.
"Questo non è un gioco!" la rimproverò lui, alzando la voce e attirando lo sguardo di qualche recluta. I loro compagni aveva imparato da tempo ormai che era meglio non impicciarsi negli affari dei superiori. Solo Petra guardava cupa la scena.
"Che succede qui?" Hanji sbucò da dietro alcuni alberi. Aveva un aspetto terribile, di chi non dorme da molto per star dietro alle mille responsabilità. Era un buon comandante, pensò Nagi, ma nei suoi occhi poteva leggere benissimo il peso di quell'incarico e la speranza che Erwin potesse tornare a dirigere l'armata al posto suo.
"Dobbiamo riprendere la marcia" il tono di Levi era tornato di nuovo calmo.
La donna annuì e poi montò sul suo cavallo.
"Soldati!" gridò per richiamare l'attenzione dei suoi sottoposti "In marcia!"
Da lì in poi i soldati furono impeccabili. Nessuno rimase indietro, e nonostante il sole rovente cercasse di piegarli, nessuno di loro mollò.
Piano piano il paesaggio tornava ad aprirsi, e piano piano gli alberi si diradavano, per lasciare spazio ad una grande distesa d'erba che si andava arrampicando su quella che sembrava essere la costa di una collina.
Persino da lì l'armata poteva percepire il rumore del fiume che cadeva a strapiombo nel mare. Nagi lo trovò uno spettacolo bellissimo quando terrificante. Non c'erano punti di appoggio nel caso fosse arrivato un gigante, e il loro unico punto di vantaggio era costituito dal fatto che avrebbero potuto vederlo arrivare. Ma a quel punto cosa avrebbero potuto fare? Lì in mezzo al nulla loro non erano altro che facili prede, e tutti non potevano fare altro che guardare attorno meravigliati e impauriti al tempo stesso.
La distesa d'erba si andava mescolando man mano con la sabbia, che si alzava in aria al passaggio dei cavalli, che pestavamo con forza il terreno.
Un momento prima Nagi si stava guardando intorno, sperando con tutto il cuore che nessun gigante li raggiungesse. Improvvisamente però il vento si levò, e la sabbia che prima veniva sbalzata all'indietro, ora finì tutta nei suoi occhi. Si era distratta, e cominciò a lacrimare.
Sentiva bruciare mentre quei minuscoli granelli le raspavano l'interno dell'occhio. Cercò di levarli in fretta, ma più sfregava la palpebra più quelli le provocavano dolore. Le lacrime scendevano incontrollate sulle sue guance e finalmente riuscì a ripulirsi del tutto.
Poi udì il colpo di una pistola provenire dalla sua ala della formazioe.
Un gigante di almeno venti metri, e uno di dodici, si stavano avvicinando alla formazione. Ma quando il suo compagno se ne era accorto i due già avevano guadagnato terreno.
Si era distratta. E ora ne avrebbe pagato le conseguenze. Non solo lei, tutta la sua squadra era stata messa in pericolo.
Si affrettò a lanciare anche lei il suo razzo, ovviamente non che i suoi compagni non se ne fossero già accorti.
Guardò in avanti, indecisa su cosa fare. Avrebbero dovuto affrontarli? O sarebbero dovuti fuggire? Ma se lo avessero fatto quanto si sarebbero dovuti allontanare? Osservò Hanji mentre stringeva con forza le redini del suo cavallo, era rossa in viso.
Persino da lì Nagi poteva percepire la sua indecisione, così decise di rompere la riga e di affiancarsi a lei.
"Dobbiamo virare!" le urlò per cercare di sovrastare il rumore prodotto dagli zoccoli del cavallo che pestava il terreno.
"Siamo incastrati, di là c'è il fiume, Hanji" la ragazza non se ne era accorta fino a quando non lo sentì parlare. Levi si era affiancato a loro. Il vento gli scompigliava i capelli, la camicia era sporca e sudata, e Nagi pensò di non averlo mai visto così. Nei suoi profondi occhi poteva quasi veder scorrere adrenalina pura. Nagi vedendolo rinsaldò la presa sulle redini e sentì una scarica percorregli tutta la schiena.
"Non abbiamo idea di cosa ci sia oltre questa distesa, ma quasi sicuramente un burrone. L'unica opzione che abbiamo è affrontarli" sentenziò la donna alla fine. Lo sforzo che aveva fatto per fare uscire quelle parole era visibilissimo, e Nagi in quanto capitano, si sentì in dovere di fare qualcosa.
In realtà l'unica cosa che avrebbe potuto fare sarebbe stata quella di annuire, anche perché la squadra era davvero incastrata da tutti i lati.
"Vado io" disse quindi alla fine. Non se la sentiva di mandare nessuno dei suoi compagni, e d'altronde lei era stata nominata Capitano per un motivo.
Vide Levi sussultare. L'uomo avrebbe voluto gridare, avrebbe voluto opporsi, ma sapeva che era la cosa giusta da fare, e dunque si propose anche lui. Temeva che si sarebbe avverato ciò di cui aveva più paura. Temeva che l'avrebbe persa in quello scontro.
"Tu cerca di guidarli lontano da qui e di prendere tempo fino a quando non li avremo abbattuti"
Hanji annuì e poi sparò un colpo per far virare la formazione, mentre i due soldati si staccavano e correvano verso i due giganti.
Nagi era terrorizzata, non aveva idea di dove avrebbe potuto aggrapparsi in caso di pericolo, e in più il fatto che Levi l'avesse seguita la metteva ancora più in agitazione.
Niente distrazioni in battaglia.
Forse se lo era ripetuto anche troppe volte. Per anni era rimasta sola, e l'unica persona a cui aveva dovuto badare non era altro che sé stessa. Non che Levi avesse avuto bisogno di lei, forse in quello scontro sarebbe stata lei a perdere la vita, ma il fatto che lui potesse ferirsi in qualche modo la metteva davvero in agitazione.
Sentiva sulle spalle la responsabilità di tutte le vite presenti fuori dalle mura in quel momento, ma soprattutto di quella del Capitano.
Se lei avesse sbagliato qualcosa e si fosse ferita, forse avrebbe trascinato nella morte certa anche lui, e sicuramente era l'ultima cosa che voleva.
"Tu occupati di quello più piccolo" Levi la risvegliò da quella sorta di trance nella quale era entrata. Ormai erano vicini, e da lì Nagi poteva agganciare il gigante con facilità.
Lanciò il rampino, mirando alla coscia. Sarebbe partita dalle gambe, per rallentarlo, e poi sarebbe passata alla nuca. Spiccò il volo e in pochi secondi aveva raggiunto il gigante. Ma questo fu più svelto di lei. Afferrò il filo mentre lei stava per atterrare, con le lame già sguainate.
Nagi si sentì trascinare a forza, e la sensazione di non riuscire a controllare il suo dispositivo la destabilizzò al punto di farle perdere la cognizione di cosa stava facendo. O forse era semplicemente il fatto che il gigante aveva preso a giocare con il filo, e la ragazza vedeva la terra avvicinarsi sempre di più.

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