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Al magazzino si arrivava entrando in un edificio abbandonato.
Le provviste cominciavano ad ammucchiarsi già al piano terra, con alti scaffali che contenevano sacchi di legumi, cereali o altre cibarie che non soffrivano le alte temperature. Poi, ben nascosta da alcune tavole, c'era una porta che apriva su delle scale.
Erano spaziose, e non anguste come quelle che Nagi aveva percorso per entrare nella cella sotterranea sotto gli alloggi della squadra speciale, ma mano a mano che scendevano si faceva sempre più fresco.
Finalmente il suo corpo trovò un attimo di pace, e la ragazza si beò del profumo che quella stanza emetteva, ma soprattutto del fresco che le accarezzava le spalle ormai bruciate dal sole.
Formaggi, salumi, carne, e poi verdure e tutto quello che potevano solo sognare, si trovava tutto chiuso in quella stanza.
Entrambi i ragazzi erano sbalorditi e ammaliati dalla quantità di provviste che si trovavano in quell'immensa stanza. Il soffitto era non molto alto, e la struttura era simile a quella di un capannone sotterraneo.
"Non sarà di certo un problema se portiamo via qualcuno di questi" disse Levi dando un colpetto a un salame appeso ad un filo. Sopra le loro teste passava una lunga corda che teneva sospesi salumi di ogni tipo, lasciati lì per asciugare e per evitare che si rovinassero.
"Hanji sarà molto contenta" borbottò la ragazza, mentre rammentava a sé stessa a cosa era servito tutto quello: uscire dalle mura.
Improvvisamente le venne voglia di uscire, nauseata dalla vista di tutto quel cibo, che le ricordava con troppa violenza che a breve sarebbero dovuti uscire in ricognizione, e che forse sarebbe stata l'ultima della sua vita.
Più ci pensava più il piano le sembrava folle.
"Vi prenderanno prima o poi" disse cupo Morel, che ancora si stringeva il naso.
"Sta zitto bastardo" sputò Levi "portaci nei bordelli di questo posto e sgomberali prima che arrivino gli altri"
Nagi in realtà non se la sentiva proprio di visitare quei luoghi. Aveva paura di riconoscere qualcuna delle ragazze che era stata gentile con lei, e sapeva che si sarebbe sentita in colpa per averle abbandonate.
"Tu cerca un alloggio per questa notte" disse poi rivolto alla ragazza. Rimaneva stupita ogni volta da quel ragazzo.
Ad ogni modo si sbrigarono ad uscire da quel luogo, e mentre si separavano prendendo strade diverse Nagi si chiese se avesse dovuto prendere due stanze separate o una sola per entrambi. Sembrava banale come scelta, e l'opzione giusta sapeva già quale sarebbe dovuta essere, ma in realtà aveva solo una gran voglia di sprofondare fra le sue braccia.
Si sorprese nel pensarlo. Ormai non era più una ragazzina. Lei una ragazzina non lo era mai stata, eppure in quel corpo di donna che gli altri ammiravano silenziosi, lei era sicura ci fosse ancora una bambina.
Era sempre indaffarata, per un motivo o per l'altro non aveva mai un minuto per sé stessa, per riflettere, così col tempo aveva dimenticato quanto fosse importante parlare con sé. Aveva trascurato le sue voglie e le sue passioni, aveva sacrificato la sua vita in nome di qualcosa in cui all'inizio nemmeno credeva. Non le importava di vivere o morire, né tanto meno trovava che i giganti fossero un problema. Ma lo erano diventati con il tempo, quando aveva visto le atrocità di cui sono capaci. Piano piano la paura che aveva si era trasformata in forza, e senza nemmeno accorgersene era diventata brava. Ora la maggior parte delle persone la temevano, e nei distretti e nei villaggi tutti la ammiravano.
Era abituata ad avere paura delle persone, non smise mai in realtà di analizzarle come faceva quando era piccola.
Nonostante però quel potere che ora aveva, e nonostante solo la sua divisa incutesse timore e rispetto nella popolazione, lei non poteva fare a meno di sentirsi scoperta. Nessuno avrebbe osato attaccarla, ma nel caso contrario non avrebbe fatto la minima fatica nel prevalere. Eppure aveva sempre quella sensazione addosso di quando era piccola e girava spaesata per le strade e i vicoli.
Arrivò ad una delle poche locande che non conosceva, e chiese un alloggio.
Non ebbe nemmeno il tempo di pensare se voleva prendere una o due stanze, poiché la signora le affibbiò l'ultima camera matrimoniale che aveva.
La ringraziò e si fece accompagnare al piano superiore.
Le scale erano molto strette, di legno marcio e pericolante. Qualche gradino sembrava sul punto di cedere per cui Nagi si guardò bene dal metterci il piede.
Il luogo aveva un odore vagamente sgradevole, e in alcuni punti la pietra emanava un forte odore di urina.
La stanza in cui la fecero entrare non era tanto meglio, e quasi senza pensarci chiese al suo accompagnatore di pulirla a fondo. Almeno questo glie lo doveva, a Levi.
Il ragazzo nel frattempo aveva indossato la sua maschera da soldato cattivo e stava spaventando tutti i bastardi all'interno dei bordelli. Che fossero semplici clienti o aguzzini a lui non interessava. Sapeva bene come difendersi.
Non voleva entrare nelle stanze in realtà, la cosa lo metteva fortemente a disagio e gli ricordava sua madre.
Qualche donna se ne stava distesa nel letto proprio come lei, con le guance scavate e il respiro flebile.
Scacciò il pensiero che si era proposto violentemente.
Odiava pensarci, soprattutto perché non aveva abbastanza informazioni.
Kenny non aveva mai voluto parlare della relazione che aveva con lui, ma qualcosa gli faceva sospettare che non fosse solo un tipo a caso.
Scacciò anche questo, di pensiero. Non voleva farsi distrarre da ricordi inutili, e in più aveva urgenza di raggiungere di nuovo Nagi.
Era perfettamente cosciente che da sola avrebbe potuto cavarsela benissimo, ma qualcosa in lei gli ricordava una bambina, e quindi l'istinto di proteggerla era forte.
Impiegò mezza giornata per far chiudere tutto, e a quel punto si era fatta sera.
"Non allontanarti troppo e non pensare di riaprire posti del genere. Lo verrò a sapere, e la prossima volta non sarò così clemente"
Taro ancora non si era abituato alla sua presenza e tremava di fronte agli occhi ferini del ragazzo.
Mentre Levi quindi lanciava occhiate truci a Taro che se ne stava andando a passo anche abbastanza spedito, e mentre pensava a come poter raggiungere Nagi, ecco che la ragazza gli si parò davanti.
"Ho preso una camera" disse solo.
Sembrava stare bene a una prima occhiata, ma Levi sapeva che dentro era profondamente scossa.
"Vuoi parlare?" chiese lui mentre i due si incamminavano verso il loro alloggio.
Nel tragitto si fermarono a imbucare la lettera.
Ormai il sole stava calando dietro l'alta muraglia, e non rimanevano che pochi minuti di luce. Nel frattempo la città stava accendendo lampioni e lanterne per rischiarare il cammino, ma le strade piano piano si svuotavano.
Contadini stanchi e con la pelle bruciata dal sole rientravano abbattuti nelle loro umili dimore, dove le mogli e i figli li aspettavano speranzosi che si presentasse con qualche pezzo di carne.
Alcuni mercanti invece giravano con i carretti semi vuoti, soddisfatti della giornata che aveva fruttato loro abbastanza per potersi permettere di comprare cibo per tutta la famiglia per almeno qualche giorno.
"Non mi va molto" ammise Nagi. Si sentiva provata, e non vedeva l'ora di sdraiarsi da qualche parte e dormire. Le sarebbe andato bene anche il pavimento.
Mentre si avvicinavano alla locanda però la ragazza si ricordò che la stanza era per due, e per un attimo provò un po' di disagio. Non glie lo aveva ancora detto.
Nel locale c'era ancora qualche ubriacone che finiva il suo bicchiere, qualcuno invece consumava il suo pasto.
"Portaci qualcosa da mangiare" disse Nagi alla locandiera una volta dentro.
I due ragazzi si sedettero al primo tavolo disponibile, e lei si svaccò sulla sedia.
Alcuni ragazzi li stavano fissando con aria diffidente, ma i due erano troppo stanchi per poter ribattere qualcosa.
Levi in particolare era totalmente distratto dalla pelle di lei, bruciata dal sole. La giacca se l'era legata attorno alla vita, in modo che potesse ancora nascondere il pugnale. Il caldo aveva vinto su di lei, ma lui aveva resistito tutta la giornata.
Percorreva con gli occhi il suo profilo delicato, scendeva sulle spalline della canotta per poi incontrare il suo corpo.
Rimase senza fiato quando notò che la fascia che le sosteneva il seno non c'era più.
Poteva intravedere la loro forma dalla maglia e subito sentì uno strano calore irradiarsi al basso ventre.
Cercò di rimanere composto, ma sospettava che Nagi avesse già visto il guizzo nei suoi occhi.
Ormai aveva capito che lei riusciva a decifrare le sue emozioni, e questa cosa lo mandava in tilt.
La ragazza di fatti se ne era accorta, ma di certo il suo scopo non era stato quello. La fascia la stringeva da tutto il giorno che quasi aveva iniziato a provare dolore.
Quando arrivò il loro cibo, entrambi lo consumarono in silenzio.
"Che ci fanno due della Ricognitiva in questo posto" disse ad un certo punto uno dei ragazzi che li stava guardando. Era alto, i capelli erano rasati e a malapena si poteva intravedere il loro colore. Aveva gli occhi di un castano così scuro che quasi le fece venire i brividi.
"Smamma ragazzino" lo liquidò Levi, il quale non aveva molta voglia di iniziare una discussione. Voleva andarsene di sopra e sprofondare nel letto, per evitare di avere ancora davanti la sua compagna di viaggio.
Il suo istinto era diventato così forte che non era più riuscito a controllarlo.
"Fa il simpatico il nanerottolo" disse il ragazzo voltandosi a ridere con i suoi compagni.
Nagi rimase senza fiato. Nessuno aveva mai osato chiamarlo in quel modo, soprattutto perché il suo sguardo bastava a compensare l'altezza che gli mancava per raggiungere la media.
Stranamente però il soldato non rispose.
"Ti sei cacciato nei guai ragazzino" disse cupa Nagi, che stentava a credere che il suo compagno non si fosse ancora alzato per lasciare un pugno sul viso del ragazzo.
"Mangia" disse invece repentino Levi. Il tono era gelido e composto, e nulla traspariva dai suoi occhi.
Abbassò il capo per prendere una delle ultime forchettate e poi si alzò.
Nagi aveva anche lei terminato la sua cena, ma era molto confusa.
I ragazzi stavano ancora sghignazzando.
"Andiamo a dormire"
"Che c'è piccoletto? Ti sei offeso? Andrai a piangere dalla mamma? Non siete voi quelli che fanno tanto i grossi per aver ucciso uno o due gigan.." nessuno lo vide. Era stato così veloce che nemmeno il ragazzo si era reso conto di avere il naso rotto e di essere a terra, senza fiato.
"Io te lo avevo detto" borbottò Nagi.
"Andiamo a dormire" ripetè poi l'uomo, che senza voltarsi salì le scale e sparì al piano di sopra.
"Che bastardo" mormoravano i ragazzi al tavolo mentre aiutavano il loro amico ad alzarsi.
"Pago la stanza e la cena" Nagi si era avvicinata al bancone per lasciare i soldi alla locandiera, che aveva finto di non vedere nulla.
Scelta saggia, pensò la ragazza mentre raggiungeva Levi.
Lo trovò accanto alla porta della stanza, appoggiato al muro e con le braccia incrociate.
Non glie chiese nulla, sapeva che sarebbe stato come parlare con un muro, e la stanchezza ormai la richiamava al letto.
Entrarono in silenzio e subito davanti a loro si apriva la camera con il letto grande.
C'era un'unica finestra che dava sulla strada e accanto a essa una sedia. L'uomo iniziò a spogliarsi, levando la giacca e la camicia e piegandoli con cura.
Il pugnale che aveva alla coscia rimaneva lì però, e lui non sembrava avere intenzione di levarlo.
Non sembrò lamentarsi per la presenza di un solo letto nella stanza, ma nemmeno sembrava tanto propenso a riposarci su.
Nagi invece era stanchissima, sentiva le braccia pesanti e le gambe doloranti, per cui si sdraiò senza prestare attenzione ai suoi abiti.
Il materasso era scomodo, duro e con la paglia mal distribuita.
"Che seccatura" borbottò alzandosi.
"Sei stata coraggiosa"
Le parole del ragazzo la lasciarono di stucco. In realtà non pensava di esserlo, e tanto meno si era divertita a giocare la parte di quella forte che prendeva la rivincita sui suoi aguzzini. Ripensarci le chiudeva solo lo stomaco e le faceva venire voglia di piangere.
"Mi sono arruolata solo perché nessuno voleva prendere una prostituta. Tutti volevano sempre qualcosa in cambio. Speravo di avere una morte migliore all'interno dell'armata, perché ero troppo codarda per farlo da sola" se ne stava di spalle, voltata verso la finestra a guardare la strada che mano a mano si svuotava e diveniva quieta e silenziosa.
All'improvviso desiderò di trovarsi altrove, ma di nuovo quella brutta sensazione la pervase. Non c'era nessun luogo nel quale potesse nascondersi e sentirsi bene.
"Entrai solo per volere di Erwin" cominciò Levi "ero allo sbando nella città sotterranea, ed ero bravo con il dispositivo per la manovra tridimensionale. All'epoca avevano bisogno di buoni soldati, così mi arruolai. Nella prima spedizione i miei unici due amici morirono" l'uomo era rimasto fermo, con il volto impassibile e gli occhi persi nel vuoto. Sembrava perso nei ricordi di un'epoca ormai lontana, che lo aveva fatto soffrire tanto.
Eccome se aveva sofferto.
"Ognuno di noi ha i suoi fantasmi" rispose Nagi voltandosi verso di lui, con un sorriso amaro.
"Sei stata coraggiosa" ripetè di nuovo il ragazzo, stavolta avvicinandosi. Lo sguardo però era sempre perso nel vuoto, e la cosa la metteva a disagio.
"Sono stata una codarda invece. Ho preferito abbandonare quelle ragazze piuttosto che aiutarle. Ho preferito dimenticare e ricominciare. È davvero nobile quello che ho fatto?"
"Tutti abbiamo dei fantasmi, l'hai detto tu stessa. Cosa potevi fare se non fuggire?"
Levi alzò una mano e le accarezzò dolcemente il braccio.
Brividi le percorsero la schiena. Il suo tocco riusciva a mandarla in estasi e non capiva perché. Chiuse gli occhi beandosi del calore che le sue dita emanavano, e sussultò quando sfiorarono le sue scottature.
"Il fazzoletto che porto al collo è un pezzo dell'abito di mia madre. Anche lei era una prostituta, e io non ho idea di chi sia mio padre" Nagi rimase senza fiato mentre il ragazzo pronunciava quelle parole tanto dure, ma nel frattempo con la mano le accarezzava un fianco. Le sue carezze si facevano sempre più lascive e lei iniziava a sentire calore irradiarsi al basso ventre.
"Perché ora.." chiese timidamente la ragazza mentre cercava di mantenersi composta. Aveva puntato gli occhi nei suoi e sosteneva lo sguardo.
"Tu.." piano piano con la mano scendeva a slacciare i suoi pantaloni "perché mi fai questo? Come fai a sostenere il mio sguardo?"
Nagi davvero non riusciva a comprendere quella domanda, e non sapeva se fosse a causa di quello che lui stava facendo oppure davvero la cosa non aveva senso.
"Levi che stai facendo.." balbettò mentre le sue guance prendevano colore.
"Perché mi rendi così vulnerabile?" la domanda perse qualsiasi tipo di significato nel momento in cui quella vulnerabile divenne lei, quando lui scese con le dita nella sua intimità e la penetrò con dolcezza e decisione.
"Potrei farti la stessa domanda" fece a quel punto lei, completamente travolta.
Man mano che i secondi passavano il ritmo aumentava sempre di più, e con lui il piacere, mentre i suoi pantaloni scivolavano a terra. Quando caddero il pugnale produsse un suono metallico, ma nessuno dei due ci fece caso.
Si era aggrappata alle sue braccia forti, i muscoli in tensione mentre lavorava dentro di lei, che invece aveva le gambe instabili.
"L-Levi" provò a dire, ma le parole le morirono in bocca quando lui uscì e le afferrò i fianchi per portarla a letto.
"Se solo avessi tenuto la fascia.." sussurrò mentre liberava la sua eccitazione.
Nagi nel vederlo venne completamente travolta da uno strano calore, ma qualcosa era diverso.
Mentre lui si avvicinava e le baciava ogni angolo del corpo piano piano si faceva strada in lei la consapevolezza che tutto quello era sbagliato.
Due soldati non avrebbero dovuto provare attrazione l'uno per l'altro e tanto meno avrebbero dovuto avere rapporti. Se fosse rimasta incinta la sua carriera sarebbe finita e sarebbe stata cacciata dell'armata. Ma in quel momento avevano bisogno di lei e di ogni altro soldato disponibile.
"Levi ti prego" si lamentò lei, senza fiato.
Non voleva interrompere quel momento, eppure sentiva che era la cosa giusta da fare.
Lui tirò su il viso, sepolto fra il suo collo per lasciarle baci appassionati.
Aveva il viso arrossato e i capelli scompigliati e quella vista le provocò un mezzo sorriso.
"Niente ha mai rotto in questo modo la mia integrità. Vorrei che la smettessi di guardarmi così"
Il ragazzo era frustrato e scaricava tutta la sua tensione sul povero collo della ragazza. Tutta la sua compostezza spariva davanti a quella dannata ragazza, e mille emozioni si agitavano in lui. Aveva sempre perso tutto, nessuno era mai rimasto con lui e in generale affezionarsi non lo aveva mai portato a nulla di buono.
Eppure con lei era diverso.
"Non possiamo farlo" sembrò protestare lei, e nei suoi occhi vide dell'esitazione.
Di colpo tornò in sé e si coprì immediatamente.
"Scusa"
Che diavolo gli era passato per la testa? Era un soldato e non poteva di certo lasciarsi andare a questo. Non con un altro soldato. Non con lei.
"Tu mi piaci.." confessò Nagi senza forze. Non aveva motivo di mentire e nemmeno le interessava farlo. Era stanca e attratta da lui come una calamita.
"Non finirà bene" quelle parole uscirono dalle sue labbra, ma i suoi occhi gridavano paura. Nagi sapeva che quella non era davvero la sua risposta, e che quella vera l'avrebbe trovata guardandolo negli occhi.
"Forse è vero, ma se provassimo a far funzionare le cose?" fece lei titubante, mentre le lacrime iniziavano a pizzicare i suoi occhi.
Lui era seduto sul bordo del letto, la schiena ricurva e le mani fra i capelli.
"Io ti voglio, Nagi. Mi fai impazzire ma se dovessi morire non me lo perdonerei mai. In battaglia si devono fare delle scelte e se queste dovessero implicare lasciare indietro qualcuno.. come dovrei fare?"
Non la guardava. Non voleva. D'altronde era tutto così complicato e quell'atmosfera era così fragile, che se solo l'avesse guardata, nuda e sfatta fra le lenzuola fatiscenti di quella bettola, avrebbe ceduto di nuovo.
Odiava perdere il controllo e l'unico momento in cui se lo concedeva era quando doveva uccidere i giganti.
Ma niente emozioni fuori e dentro il campo.
E lui aveva tradito la regola.
La ragazza, che fino a quel momento aveva tenuto le lenzuola strette al petto, abbandonò le braccia lasciando che il suo corpo venisse scoperto.
"La cosa non riguarda solo te, Levi.." fece avvicinandosi gattoni a lui. La sua pelle scottava sotto la camicia quando ci poggiò una mano sopra.
"Non avrei mai pensato di.." si interruppe provando un improvviso senso di vergogna. Cosa stavano facendo esattamente? Non era sesso, e non era nemmeno amore. Eppure due sconosciuti non si comporterebbero mai così.
"Avevo paura e ho represso tutto fino a quando poi non sei arrivato tu. Non so nemmeno spiegarti cosa sento ogni volta che mi tocchi ma.."
Il ragazzo si voltò di scatto e Nagi nei suoi occhi vide paura, desiderio, rabbia. La fronte corrucciata e le labbra schiuse come se stesse per dire qualcosa. Ma non disse nulla. Non una parola lasciava le sue labbra sottili, ma allo stesso tempo gonfie per i baci che fino a quel momento si erano scambiati.
Era come se il tempo avesse smesso di correre e si fosse fermato assieme a loro, in quella stanza piccola e puzzolente, a osservare le loro mosse. Studiava i loro volti e i loro occhi, ascoltava i loro cuori battere all'unisono mentre fuori il cielo si addensava di nubi.
"Io non morirò mai per te" sussurrò lei, ricordando le parole di Petra, e trovandole quanto mai adatte a quella situazione.
"Non voglio che tu lo faccia" Levi le accarezzò il viso, concentrando in quel tocco tutto ciò che provava. La vide sussultare quando le sue dita sfiorarono le labbra di lei, gonfie.
"Se uno di quei bastardi dovesse avere la meglio su di me un giorno..." il ragazzo lasciò cadere la mano, e improvvisamente sentì uno strano calore inondargli il viso. Ricordava bene cosa indicasse quella sensazione. Da piccolo piangeva ogni volta che sua madre dormiva. Aveva paura che poi non si sarebbe più svegliata, così fragile com'era.
Poi un giorno era successo davvero e lui non aveva più pianto.
"Non se.." iniziò il ragazzo, ma non riuscì a finire la frase. Era proprio quello che temeva sarebbe successo. Distrazione in battaglia significava morte certa. E i sentimenti non erano ammessi.
La vide sorridere leggermente.
"Cerca di non essere troppo duro con te stesso"
Lo vide serrare le mascelle, ma non rispose. I muscoli contratti fino a provare dolore.
"Andiamo a dormire, ci aspettano giornate stancanti" sospirò alla fine, vedendolo inamovibile dalla sua posizione.
Sapeva che non l'avrebbe mai ascoltata, eppure da una parte ne era felice. Era felice di sapere che qualcuno teneva a lei tanto da volere ad ogni costo la sua incolumità. Ma non lo era se pensava che poi si sarebbe fatto del male piuttosto che vederla morire.
"Non lasciare che accada.." sussurrò il ragazzo con un filo di voce. Era così fioca che Nagi la udì appena, ma bastò a farla tornare sui suoi passi.
Sapeva che allontanarlo sarebbe stata la cosa migliore da fare, ma allo stesso tempo sentiva come un vuoto dentro che le urlava di riempirlo con le mani di lui. Con i suoi baci e le sue carezze. Nessuno l'aveva mai toccata in quel modo e il solo pensiero la faceva fremere d'impazienza. Forse avrebbe dovuto lasciare indietro tutto quello che riguardava il suo lavoro, e per una notte concedersi il lusso di stare tra le braccia di qualcuno che davvero teneva a lei.
Voleva provare l'amore, e voleva farlo con lui.
E mentre pensava questo le sue mani si mossero come se fossero guidate da un fantasma, come se avessero una propria coscienza e lei non potesse fare altro che guardare, mentre se lo trascinava vicino e si metteva cavalcioni su di lui.
"Promettimi.." iniziò lei mentre con le dita giocava con i bottoni della sua camicia. Lui era completamente travolto dal suo corpo sinuoso che se ne stava fermo lì e premeva contro la sua intimità. Le braccia dietro per poter sorreggere il peso di entrambi.
"...Che se anche dovessi morire, tu non mi dimenticherai" con le lunghe dita Nagi aveva fatto saltare il primo bottone, poi il secondo e il terzo e aveva preso ad accarezzare la sua pelle.
"Non lascerò che accada" disse con voce ferma e sicura, mentre con le mani percorreva la linea sinuosa della schiena di lei.
Nagi scese con le mani fino ad accarezzare il suo addome, perfettamente contratto per bilanciare il peso dei loro corpi e per cercare di contenere l'eccitazione che mano a mano si gonfiava sempre di più.
Le loro labbra si sfiorarono ed entrambi vennero percorsi da un brivido di impazienza.
Fu un attimo e la passione li travolse.
Le loro lingue si scontravano e si assaporavano, mentre i loro corpi danzavano una danza letale, che li trascinava sempre di più in un abisso di piacere e sensazioni tutte nuove. Carezze, baci, morsi e gemiti.
I loro muscoli perfetti si contraevano e si rilassavano in un gioco di luci e ombre che sporcava di peccato le loro anime.
Se solo avessero riflettuto su cosa davvero tutto quello poteva comportare, nessuno dei due si sarebbe mai avvicinato all'altro, ma entrambi erano sicuri di non poter mai più provare delle sensazioni così forti e travolgenti.
Lei sembrava giocare con il piacere di lui, rallentando quando lo sentiva gemere più forte, con la voce roca e profonda che si insinuava nelle sue orecchie e arrivava fino al basso ventre, producendo scariche di piacere intenso.
Levi però intuì bene il gioco che la ragazza stava facendo, per cui non esitò a ribaltare la situazione.
La fece voltare stringendo le mani attorno ai suoi fianchi. Il tocco di lui era forte e deciso e lasciò delle piccole macchie quando si allontanò.
Intrecciò le gambe alle sue beandosi del calore della sua pelle e dei gemiti che sfuggivano dalle sue labbra mentre aumentava il ritmo per raggiungere il piacere.
Quella notte nella locanda i due ragazzi provarono quello che da tempo la vita aveva negato loro, e ora se lo stavano riprendendo.
Quando si addormentarono, nudi e accaldati, con quei corpi tesi e letali, le loro espressioni erano serene. I loro volti si sfioravano all'altezza della fronte ed entrambi usarono il respiro regolare dell'altro per addormentarsi.
Nagi sapeva che quel gioco che avevano iniziato quella notte era pericoloso, e Levi non riusciva a non provare orrore verso quello che sarebbe venuto l'indomani. Ma per quella notte lei apparteneva a lui, e lui a lei.

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