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Fu proprio quando si stava crogiolando in quel pensiero tanto rassicurante che quel mondo tanto duro calò la sua mannaia.
Hanji si era avvicinata a Moblit e li vide discutere per alcuni minuti, poi il ragazzo si allontanò, iniziando a spargere la notizia.
"Ci riuniamo tutti nella mensa, ora bisogna trovare un modo per riportare Erwin qui" le disse la donna mentre si sistemava gli occhiali sul viso.
Nagi annuì, ma aspettò qualche secondo prima di iniziare a muoversi. Si fermò a controllare Levi, il quale se ne stava ancora fermo a guardare là dove qualche minuto prima c'era la carrozza.
Aveva il volto di qualcuno che avrebbe incenerito il mondo da un momento all'altro, ma lo sguardo di chi stava sul punto di vomitare.
"Capitano" Nagi si avvicinò al ragazzo, facendo attenzione al modo in cui si rivolgeva per evitare di suscitare in lui altra rabbia.
"Va' dentro, vi raggiungo fra un istante" si limitò a questo, senza nemmeno ascoltare quanto lei aveva da dire.
"Chi era quell'uomo" chiese invece lei, che non aveva intenzione di lasciare quella situazione irrisolta. Almeno qualcosa nella sua vita doveva avere un punto fermo.
"Questi non sono affari che ti riguardano mocciosa" si voltò di scatto, con gli occhi pieni di rabbia. Ma la sua voce non aveva un tono alto, era quasi un sibilo, così tagliente e velenoso che quasi la spaventò.
"So cosa ha visto" ammise poi Nagi, con uno sforzo evidente. Aveva iniziato a tremare.
"Non mi interessa" rispose gelido "quello che è successo non ha nessun significato"
Fu come se l'avesse colpita in pieno viso, con uno schiaffo più potente di quanto si aspettasse.
Che stupida sei stata per averci sperato anche solo un pochino.
Rimase ferma lì, mentre lui la superava e abbassava lo sguardo di fronte ai suoi occhi gonfi di lacrime.
Ancora una volta la rabbia aveva parlato per lui, e aveva lasciato che questa allontanasse qualcuno a cui teneva.
Odiava il modo in cui tentava di proteggersi ogni volta, ma allo stesso tempo quando provava a esternare ciò che provava veniva sempre ferito e deluso.
E ora avevano portato via Erwin. L'unico che si era comportato in maniera giusta e leale con lui.
Era stato un padre quando ne aveva avuto bisogno, e un generale quando la situazione lo richiedeva.
Raggiunse la mensa dove Hanji voleva tenere una riunione, e una volta entrato si fece largo fra i tavoli per raggiungerla.
Nagi però ancora non era entrata.
"Erwin è stato portato via dal corpo di Gendarmeria" aveva annunciato Hanji, facendo partire così il suo discorso "per ora il vostro nuovo comandante sarò io, come ben sapete. L'urgenza ora è proprio quella di evitare di far chiudere l'armata, per cui da domani ricomincerete con le ricognizioni"
Levi era confuso, e non capiva dove la donna volesse arrivare. Se fino a quel momento dimostrare di aver ottenuto risultati non li aveva ripagati, ma anzi aveva fatto in modo che questo attirasse su di loro l'attenzione dei piani alti, non vedeva come continuare potesse avere un senso.
Poi gli tornarono in mente le parole di Gunther.
L'armata Ricognitiva si sta avvicinando troppo alla realtà.
"L'obiettivo sarà quello di eliminare più giganti possibile e guadagnare così terreno fuori dalle mura. È ora che l'umanità esca da qui"
Un brusio sommesso si diffuse nella sala, ma nessuno osò contraddire il nuovo comandante.
Levi era scettico.
"Levi, dov'è Nagi?" le chiese Hanji ad un certo punto, sottovoce.
"Credo sia ancora fuori"
"Valla a chiamare. Voglio che diriga la quarta squadra"
Fu come se qualcuno gli avesse rovesciato dell'acqua gelida addosso.
Avrebbe voluto opporsi a quell'ordine, almeno quello, ma sapeva di non poterne discutere lì. Questo dava a Nagi una responsabilità non indifferente, e se non fosse stata abile e astuta quanto basta, presto avrebbe dovuto trovare una sostituta anche per lei.
Uscì fuori e la trovò seduta accanto al pozzo, con le braccia che poggiavano sulle ginocchia e la testa abbandonata sulla pietra.
"Hanji vuole parlarti" disse, per attirare la sua attenzione.
Lei non rispose e si alzò, superandolo determinata. La sua testardaggine lo affascinava così tanto da farlo quasi sorridere.
Levi però decise di non entrare, e di aspettarla di fuori. Sapeva che dopo la notizia sarebbe uscita per prendere una boccata d'aria.
Non voleva essere davvero così cattivo con lei, e aveva mentito spudoratamente quando le aveva detto che ciò che era successo non aveva significato nulla.
Aveva significato eccome, ma non riusciva ancora a superare il fatto che avesse baciato Erwin.
Dentro di sé, negli angoli del suo corpo in cui ancora conservava quel ragazzino tanto fragile che era stato, si chiese cosa avesse che non andava. Perché nessuna relazione aveva mai funzionato, e tutti sembravano prendersi gioco di lui?
Quando la vide uscire, i capelli che formavano quasi una cornice attorno al suo viso sconvolto e ai suoi occhi cosí limpidi, mosse d'istinto un passo verso di lei.
Quando era bambino, nonostante a volte sua madre lo scacciasse, muoveva sempre passi involontari verso di lei, sperando in un abbraccio o in del calore.
Ma questa volta era diverso, era lui ad aver allontanato lei. Levi non voleva stare ancora male, e avvicinarla avrebbe significato altra sofferenza. Eppure la sua presenza era così significante per lui, e il suo viso lo attraeva quasi come una calamita. In più le scariche che il suo tocco delicato gli provocava lo avevano totalmente soggiogato. Provava per lei un'attrazione così forte, dopo aver consumato con lei, che ogni tanto sentiva di volerla ancora. Sentiva di avere bisogno di lei per calmare il suo istinto.
Quando lei si avvicinò, si rese conto di non poterle parlare, ma fu lei a sollevarlo dall'incarico.
Nagi era ancora più sconvolta di prima, e la notizia di essere appena diventata il comandante della quarta squadra le prosciugava qualsiasi tipo di energia vitale.
Aveva la vista annebbiata, sentiva il braccio sinistro pulsare in modo fastidioso.
Non voleva credere a nulla di quello che stava accadendo. Avrebbe voluto scomparire in quel momento, ma ancora una volta la realtà tornò a picchiare duro, ponendogli davanti Levi.
Se ne stava immobile, con lo sguardo perso, nel punto in cui l'aveva lasciato pochi minuti prima.
Avrebbe tanto voluto avere un dialogo serio con lui, provando a spiegare cosa era successo. Ma cosa poteva spiegargli se nemmeno lei sapeva cosa l'aveva spinta a farlo?
Decise che avrebbe però dovuto metterci una pietra sopra, e rassegnarsi all'idea che con lui la cosa finiva lì.
"Mi dispiace" disse solo.
Forse non servivano nemmeno altre parole.
"Quello era l'uomo che mi ha cresciuto" ogni volta Nagi rimaneva sempre più sorpresa dai suoi sbalzi di umore, e anche dal suo modo di accettare delle scuse.
Anche se non era totalmente sicura che fosse così.
Non sapeva bene come rispondere, e il suo comportamento iniziava ad esasperarla. Ma la voglia di sfiorarlo di nuovo era sempre più prepotente in lei e questo la spinse a rispondere.
"Ha uno strano modo di accettare delle scuse"
"Non ho detto che sei perdonata" disse lui brusco, sulla difensiva.
"Non mi aspetto che lo faccia. So che quello che è successo è sbagliato" Nagi rifletteva mentre lo osservava cercare una risposta.
"Allora perché scusarsi?" chiese lui quasi con tono soddisfatto. Sembrava la stesse stuzzicando, e lei ci cadde in pieno.
"Perché.." si rese conto di non poter rispondere.
Perché le era piaciuto passare quell'ora a letto con lui. Perché era persa nel suo tocco e desiderava tanto un contatto con lui. La faceva impazzire quel suo modo di porsi, così glaciale eppure così colmo di emozioni. Mai aveva visto una persona tanto spietata ma tanto piena di sentimenti, e la cosa le faceva girare la testa.
"Ora sei il comandante della quarta squadra. Quindi immagino che potremmo sciogliere le formalità"
"Sei davvero un mistero.." sussurrò affascinata la ragazza.
"Nagi.." sentire pronunciare il suo nome dalle sue labbra fu come se qualcuno l'avesse appena accarezzata.
I due si avvicinarono sempre di più, in maniera pericolosa, ma li alla luce del sole la cosa assumeva tutto un altro significato.
Improvvisamente dalla mensa fuoriuscì la folla che stava partecipando alla riunione. Nagi intravide Herb, che non ci mise molto a comprendere la situazione.
I due non erano più così vicini in realtà, ma i loro occhi erano fissi l'uno dentro l'altro, e anche allo sguardo più distratto non poteva sfuggire che quei due si stavano spogliano con il pensiero.
"Devo andare" disse lei ad un certo punto, cercando di uscire da quella situazione. Non aveva idea di cosa stesse succedendo, ma il fatto che fossero sotto gli occhi di tutti la metteva a disagio.
"Aspetta" Levi si sporse verso di lei e le afferrò il polso.
Di nuovo quel calore si irradiò per tutto il corpo, partendo dal punto in cui lui l'aveva afferrata.
"Levi io.."
"Capitano!" una voce stridula si intromise fra i due. L'uomo lasciò la presa come se d'improvviso la pelle di lei fosse diventata fuoco.
"Hanji vuole discutere con lei di alcune cose" disse Petra, che era palesemente infastidita dalla situazione.
"Dove?" chiese lui con tono piatto. Nagi percepì però una nota di fastidio.
"È nella mensa"
Levi guardò un'ultima volta Nagi, e poi la superò, raggiungendo la donna che lo aspettava dentro.
Petra invece non accennava ad andarsene, e dopo averla squadrata per bene, le parlò.
"Sei fortunata, sai? Darei la vita per quell'uomo, ma non mi ha mai degnata di uno sguardo. Come hai fatto?"
Nagi rimase interdetta, non sapendo cosa rispondere. Petra non le aveva mai rivolto la parola, né uno sguardo, ma ora stava addirittura aprendo il suo cuore a lei, scaricando tutta la sua frustrazione.
Implicitamente però, le aveva appena dato la conferma che non aveva passato nemmeno un minuto accanto a Levi, e questo la fece sentire sollevata.
"Non lo so" ammise. E davvero non sapeva come era stato possibile tutto ciò. Sapeva solo che ad un certo punto si era ritrovata a osservarlo, e il momento dopo lo stava baciando. E poi..
"Ha già sofferto tanto. È testardo e non lo darà mai a vedere.. non fargli del male" detto questo la ragazza si allontanò con sguardo triste.
Nagi sapeva forse meglio di lei quanto in realtà lui fosse testardo, e quanto aveva paura dei suoi sentimenti.
Era consapevole però di essere appena stata interrotta in un momento importante, e dunque rientrò nella sala per cercare il ragazzo.
"Da domani manderò in ricognizione la quinta squadra" stava dicendo Hanji, i capelli scompigliati e lo sguardo folle.
"È una follia. Non puoi mandarli allo sbaraglio. Serve una formazione ben pensata e un piano" ribattè Levi, che se ne stava seduto su una panca con una bicchiere fra le mani.
"Ma non possiamo perdere tempo" insisteva la donna.
"Hanji" Nagi attirò la sua attenzione "Ha ragione. Non possiamo perdere altri uomini così. Ti aiuteremo noi a pensare ad una strategia"
"Dannazione" mormorò la donna, in evidente frustrazione.
Nagi le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla, stringendo leggermente.
"Ci riusciremo" la rassicurò "faccio chiamare gli altri e ci mettiamo a studiare qualcosa"
Hanji annuì e sembrò rilassarsi.
"Vado io" disse poi "ci vediamo nel mio laboratorio tra mezz'ora"
Detto questo lasciò la sala, facendo rimanere i due completamente soli.
"È troppo anche per lei" osservò la ragazza, e lui annuì, bevendo poi un sorso dal bicchiere che stringeva fra le mani.
Nagi sentiva quasi come se qualcosa la tenesse incollata lì, ma non aveva idea di cosa avrebbe dovuto dire.
Avrebbe dovuto sicuramente staccarsi da quei pensieri, per cui decise che avrebbe usato quel poco tempo per darsi una rinfrescata.
La primavera stava aizzando il sole con tanta prepotenza su quella povera e martoriata isola che nonostante le temperature non fossero ancora molto alte, sudava ad ogni mossa che faceva.
La canotta bianca che indossava in quel momento inoltre iniziava ad avere un odore vagamente sgradevole.
Decise di allontanarsi senza dire nulla, e passò quella mezz'ora di tempo in tranquillità. Doveva riprendersi da tutto quello che era accaduto, e doveva prepararsi per ciò che sarebbe venuto dopo.
Quando arrivò nel laboratorio di Hanji, non era arrivato ancora nessuno. Si mise a sedere su una delle prime sedie accanto al capotavola, dove sapeva che la sua caposquadra avrebbe preso posto.
Lasciò andare la testa all'indietro cercando di riposarsi, ma non appena lo fece il volto di Levi le apparve davanti, con la sua solita espressione annoiata.
Si tirò su di scatto, con il cuore che accelerava i battiti per lo spavento.
"Potevi avvertire" brontolò mentre tentava di controllare la sua respirazione per far diminuire il battito.
Levi non disse nulla e prese posto accanto a lei.
Aveva una cosa in sospeso. Circa mezz'ora prima avrebbe voluto baciarla, lì, in mezzo alla folla. Era stata un idea stupida, se ne rese conto in quel momento, e ormai l'occasione era passata.
Non sapeva cosa provare nei confronti di lei, che se ne stava con il naso all'insù a osservare un vecchio e polveroso soffitto. L'amore ormai non sapeva nemmeno più cosa fosse. Troppe volte era stato abbandonato, troppe persone gli avevano voltato le spalle, e l'unica ragazza che aveva mai amato, le era morta fra le braccia. Non pensava mai a lei, ormai quella storia era vecchia, e piano piano il ricordo di lei aveva iniziato a sfumare. Ricordava solo le sue ultime parole: cerca di essere felice. Ma lui non le aveva mai dato ascolto. La vita lo aveva messo nelle condizioni di non poter mai sorridere, e alla fine si era arreso all'idea che per lui non poteva esserci altro che dolore e sofferenza.
Nagi però sembrava di avviso contrario, ed era convinta che fosse lui ad allontanarsi dalle cose che potevano farlo stare bene. Gli sarebbe bastato vivere con più serenità piccoli momenti, come il pranzo con i suoi compagni, o i momenti passati assieme ad Hanji.
Non negava che la vita fosse dura, e che ogni ora per loro in particolare poteva essere l'ultima, ma affrontare il tutto con un sorriso a volte aiutava anche lei.
"Io non morirei mai per te" disse lei improvvisamente sempre tenendo la testa all'indietro, ricordando le parole di Petra.
"Nessuno vuole che tu lo faccia" la liquidò lui.
La sentì mugugnare qualcosa, ma non comprese le parole.
I suoi compagni avevano iniziato ad entrare, e con loro anche Hanji.
Durante la riunione tutti avevano i volti seri e stanchi, ma ognuno di loro ce la mise tutta per trovare una soluzione adatta per poter far uscire finalmente l'umanità fuori dalle mura.
Il piano era principalmente quello di suddividere in aree il territorio al di fuori delle mura e stabilirsi in esso. Ma la riuscita del piano era assai ardua e ben lontana dalla possibilità di una veloce conclusione.
Rimasero lì fino a tarda notte, ed erano tutti visibilmente provati.
"Come facciamo a stabilire una linea" protestò Keiji per l'ennesima volta in quella giornata.
"Idiota piantala!" brontolò Abel rifilandogli una gomitata.
"Non abbiamo nemmeno idea di cosa stiamo cercando" brontolò Nifa prendendosi la testa fra le mani in modo disperato.
La compostezza iniziale era piano piano svanita e aveva lasciato posto ad una disperazione generale che era ben evidente dalle posizioni svaccate dei soldati. Qualcuno si dondolava sulla sedia come se si stesse cullando, bramando il letto più di ogni altra cosa. Qualcuno invece aveva dolori ovunque causati dalla rigidità della sedia e agitava velocemente la gamba, facendo leva sul piede, in evidente agitazione e impazienza.
Persino Hanji aveva le mani fra i capelli, e piano piano aveva iniziato anche lei ad assumere le posizioni più strane. Ad un certo punto si era anche alzata per stirare i muscoli, ma nessuno dei suoi sottoposti osava imitarla.
Solo Levi era rimasto immobile e composto, in una posa così innaturale che Nagi iniziava a pensare non fosse davvero umano.
Il suo braccio sinistro ormai aveva ricominciato a pulsare e a tormentarla da almeno due ore, e si sentiva davvero esausta. Per quanto ci provassero, le incognite erano troppe e ogni volta il numero dei morti superava il numero dei soldati di cui l'armata disponeva.
"Potremmo anche provare ad attraversare la distesa in un solo giorno, ma come facciamo a sapere qual' è il punto migliore che ci permetterà di fare meno strada?" aveva proposto lei, con le palpebre che iniziavano a calare da sole. Non avevano neanche cenato, e il suo stomaco iniziava a brontolare con prepotenza, reclamando del cibo.
"Non lo possiamo sapere" Levi fece spallucce, come se la cosa fosse tanto ovvia. E lo era, ma non riusciva più a farsi venire in mente un'idea.
"Forse la traversata è l'idea migliore che abbiamo. D'altronde non possiamo passare molto tempo fuori dalle mura: ogni secondo che passa potrebbe rappresentare la perdita di un uomo" disse Hanji, quasi sconfitta.
"Potremmo muoverci di notte" disse Nagi, sovrappensiero.
"In effetti i giganti non si muovono di notte per quello che ne sappiamo" osservò Levi.
"Ma prima o poi arriverà il giorno" fece di rimando Auruo.
Hanji si grattò il capo, non riuscendo a venire fuori da quell'enorme problema. E bisognava anche pensare a come salvare Erwin. Non avevano molto tempo, e aspettavano che l'uomo inviasse loro una lettera per capire la situazione e poi agire di conseguenza.
"E se catturassimo un gigante e facessimo in modo che richiami i suoi simili come fece Sunny?" propose Isla. La donna aveva le gambe accavallate e le braccia attorno allo schienale della sedia.
"Per poi ucciderli sotto le mura? Ma fammi il piacere!" sbottò Abel alterato.
"L'idea non sarebbe male" stava dicendo il nuovo comandante "ma le perdite sarebbero comunque troppo alte, così come il rischio"
"Forse dovremmo davvero muoverci la notte" disse Levi. Nagi poteva intravedere della stanchezza all'interno dei suoi occhi cupi.
"Per ora sembra l'opzione più plausibile" concordò Moblit, seduto accanto ad Hanji.
Anche gli altri alla fine si convinsero, ma rimaneva comunque il problema delle provviste.
A quel punto però molti avevano iniziato a sbadigliare, cercando di non darlo a vedere.
Nagi sentiva gli occhi secchi e stanchi, e quasi le pizzicavano per il bruciore.
Piccole vene rosse avevano iniziato a farsi strada attorno alla sua iride.
Vide Levi lanciarle occhiate furtive, fino a quando poi non si decise a parlare.
"Hanji forse dovremmo rimandare a domani la discussione" disse a bassa voce mentre gli altri discutevano fra di loro.
"Guardali"
Hanji osservò i suoi compagni, ma non era difficile intuire la loro stanchezza. Il rudimentale orologio alla parete segnava quasi le tre della notte.
"Va bene, basta così" disse la donna zittendo tutti.
"Ci aggiorniamo a domani. Vi voglio qui alle dieci di domani mattina"
I suoi uomini tirarono un sospiro di sollievo e in un attimo si dileguarono dalla stanza.
Nagi si mise in piedi, trovando del sollievo in quell'azione. Sentì i muscoli rilassarsi e le ossa della sua schiena scrocchiarono all'unisono, facendole credere per un attimo di aver rotto qualcosa.
"Non mi ero resa conto fosse così tardi" da quando Erwin aveva dato loro la funesta notizia Hanji aveva sempre un'espressione seria e tesa. Le veniva difficile scherzare come faceva di solito.
"Vogliamo tutti riportare Erwin tra noi" la rassicurò Levi, che si stava alzando in quel momento.
La donna sistemò gli occhiali sul naso che aveva una leggera gobba, poi fece un mezzo sorriso.
"Vado a riposare" disse poi, e anche lei uscì dalla stanza.
Di nuovo erano rimasti soli.
Nagi fece per spegnere le varie candele posizionate nella sala, messe lì per evitare si sprecare la corrente. Di quel periodo costava tanto fare impianti, e l'armata era a corto di denaro.
Voleva solo tornarsene a letto, anche per calmare il dolore al braccio, sempre più lancinante.
"Fa tanto male?" Nagi si rese conto in quel momento che la sua espressione doveva essere davvero ridicola.
Rispose con una specie di grugnito.
Il ragazzo si avvicinò a lei, prendendo per una volta l'iniziativa. Il pensiero di averla lì accanto per praticamente una giornata intera lo aveva fatto uscire di testa, e le curve del suo corpo tormentavano i suoi pensieri, per quanto si era imposto di rimanere composto.
Le accarezzò il braccio sinistro e la vide sussultare.
"Comandante... forse sarebbe meglio andare a dormire" Nagi era stanca, davvero stremata, e non riusciva a reggere emozioni così forti in quel momento. Sentiva che ogni suo tocco prosciugava le sue energie, e ormai era accesa solo la parte del suo cervello deputata alle azioni vitali.
Respirare, camminare nella giusta direzione e trovare il suo letto.
Qualsiasi cosa riguardasse altro, non trovava posto. O almeno così pensava, poiché quando lui azzerò le distanze fra i due, posando le labbra sulle sue, si ritrovò a ricambiare il bacio.
In realtà non era nemmeno totalmente sicura che la cosa stesse davvero accadendo, tanto era stremata, ma le carezze di lui sul suo volto facevano partire scosse che le ricordavano di essere sveglia.
Fu un bacio veloce, ma in esso era racchiuso tutto il desiderio che aveva provato per lei tutto il giorno.
"Ho detto che possiamo anche sciogliere le formalità" disse accigliato.
"E questo è il suo modo di farlo, comandante?" lo provocò lei, scoprendosi desiderosa di approfondire quanto era appena successo.
Un ghigno si fece strada sul suo volto piegando le sue labbra sottili. A Nagi quella sua espressione fece sentire una sorta di calore irradiarsi al basso ventre.
"Non esattamente" fece di rimando lui, attirandola di nuovo a sé, stavolta con più impeto.
I suoi baci erano così buffi e scoordinati che le suscitavano un misto di tenerezza e voglia di continuare. Ma le sue mani sembravano sapere cosa volevano.
L'aveva afferrata sotto le cosce e con una leggera pressione l'aveva sollevata e l'aveva fatta sedere sul tavolo. Lei divaricò le gambe permettendo al ragazzo di rimanere al centro.
La sua pelle era fredda al tocco, e leggermente ruvida. Si intrufolava sotto la sua maglia e le cingeva la pancia, poi la vita, per arrivare fin sulla schiena. Le sembrava di sciogliersi ad ogni suo tocco, e la cosa non sembrò infastidirla nemmeno quando tentò di arrivare al suo seno.
Ma vennero interrotti da rumori fuori dalla porta.
Improvvisamente i due si staccarono, e i loro battiti accelerarono ancora di più. Nagi si sistemò velocemente, e senza guardare Levi, si affiancò alla porta per poter ascoltare.
L'andatura era lenta e pesante, e a primo impatto sembrava che qualcuno stesse cercando qualcosa.
Poi udì uno sbadiglio sguaiato, come di qualcuno che sa di essere solo.
Puntò gli occhi in quelli di Levi e con le labbra mimò un nome. Hanji. Doveva aver dimenticato qualcosa.
Aspettò che la donna passasse davanti alla porta e poi spensero tutte le candele. A quel punto uscirono piano piano dall'edificio, tirando un sospiro solo una volta che erano arrivati abbastanza lontano da non poter essere visti. Celati dell'oscurità.
Nagi si sentiva come una bambina che era appena stata colta con le mani nel sacco, ma che era in qualche modo riuscita a scamparsela. Non che Hanji avrebbe detto o fatto nulla, ma l'imbarazzo sarebbe stato duro da levare.
Una risata sincera iniziò a spuntarle dal petto, sbocciando poi dalle sue labbra. Cercava di trattenersi, ma l'adrenalina ancora scorreva in lei e le dava quel senso di gioia che da tempo non provava.
Si sentiva quasi un'adolescente alle prese con il suo primo amore.
Tornò seria però pensando che lei ormai non era più una ragazzina, ma una donna con delle responsabilità, e l'uomo accanto a lei non era il suo primo amore. Non voleva saperne nulla dell'amore. Eppure...
Guardò Levi, il quale era rimasto accanto a lei e la guardava... con un sorriso sulle labbra.
La ragazza rimase sbalordita nel vedere quella piccola vittoria stampata lì, sul suo volto, e quasi stonava con il profilo tagliente di lui.
Vedendola ridere in quel modo però, a Levi era davvero spuntato un sorriso sincero, e per una volta non fece nulla per mascherarlo. Per quella notte, almeno per quella, avrebbe voluto stare con lei senza pensare alle conseguenze. Avrebbe voluto soffocare tutti i suoi problemi fra le sue braccia, e possibilmente fra le sue cosce.
La prese per mano quindi, e la guidò fino alla sua camera. Ma Nagi ormai aveva perso l'entusiasmo e il sonno aveva ricominciato a farle calare le palpebre.
Si sentiva quasi infantile mentre la faceva entrare e chiudeva a chiave la porta, per evitare situazioni spiacevoli. Ma lei vedendo il letto, e probabilmente accecata dalla stanchezza non aveva nemmeno riconosciuto la stanza, si sdraiò su di esso.
Non fece in tempo a raggiungerla che la ragazza già stava dormendo.
Di nuovo un sorriso spuntò sulle sue labbra.
Piano piano le sfilò gli stivali, mettendoli ai piedi del letto, accanto ai suoi, e poi le sfilò anche i pantaloni. Come tutti i soldati anche lei non pesava molto, per cui le sue gambe, per quanto corte, erano snelle e ben proporzionate. La canotta che indossava lasciava però intravedere la vita che si stringeva, e si allargava sui suoi fianchi.
Si morse la lingua cercando di reprimere la voglia di svegliarla.
Si sdraiò accanto a lei, che tenendo gli occhi chiusi e mormorando qualcosa di incomprensibile si voltò e appoggiò la testa sul suo petto, cingendoglielo con un braccio.
Rimase senza fiato dal calore del suo corpo e senza volerlo, per la prima volta dopo anni e anni, chiuse gli occhi e scivolò nel sonno, cullato dalle braccia di lei, e dal suo respiro caldo e regolare.

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