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Nagi sentiva il cuore in gola mentre se ne stava davanti alla porta della camera di Erwin. Le sembrava un gesto quasi irrispettoso presentarsi lì, in maniera cosi informale, in più non era nemmeno sicura dell'informazione che stava andando a riferire. Si chiese se forse non dovesse tornare sui suoi passi e magari cercare un confronto con Moblit e Keiji.
Batté il pugno sulla spessa porta in quercia scura e la voce di Erwin da dentro le disse di entrare.
La stanza era grande e accogliente, due grandi vetrate, coperte in quel momento da spessi tendaggi, rendevano l'ambiente più luminoso.
Ad un lato della stanza c'era una libreria con un tavolo accanto, dove Erwin se ne stava seduto, con la camicia sbottonata, a scrivere e ragionare su alcuni fogli.
Nagi posò lo sguardo sulla sue pelle liscia, frastagliata qua e là da alcune cicatrici appena visibili, e rimase senza parole. Arrossì violentemente, sentendo il calore che tingeva di un rosso acceso le sue guance.
"Io.. mi scusi.." balbettò la ragazza in evidente difficoltà, ma l'uomo sembrò non farci caso e la invitò ad entrare e a chiudere la porta.
"Hai raccolto notizie così in fretta?"
Nagi puntò il suo sguardo negli occhi limpidi di lui e cercò di concentrarsi su quello. Mentre componeva la sua frase mentalmente, notò che il suo sguardo sembrava vagamente divertito e.. provocatorio.
"A dire il vero ho qualche sospetto" cominciò lei, ma qualcosa la frenò dal riferire tutto ciò che sapeva "ho notato degli strani comportamenti in alcuni membri della mia squadra" a Nagi quella frase risultò così subdola che per un attimo pensò di fuggire dalla stanza. Andava davvero bene accusare qualcuno senza prima conoscere la verità?
Nagi si sentiva confusa e prima che il comandante potesse ribattere finì il suo discorso.
"Ma non vorrei accusare nessuno in particolare per ora... volevo solo sapere quale sarebbe la procedura nel caso fosse davvero il soldato in questione.."
Erwin si avvicinò a lei, che cercava con tutta sé stessa di rimanere composta. Non riusciva a capire cosa fosse quella sensazione che la sua presenza le provocava.
Si sentiva dentro un vortice di emozioni che la stava inghiottendo sempre di più, e la portava sempre più in basso.
Da un lato c'erano le informazioni che avrebbe dovuto portare, ma che non le sembrava giusto riferire così in fretta, dall'altra c'era lui, che sembrava guardarla con desiderio. O forse era solo lei a immaginarlo. Non aveva più avuto rapporti con nessuno dopo essersi arruolata, e aveva represso l'istinto fino a quel momento. Ma quell'uomo, con la sua voce suadente, lo sguardo limpido e rassicurante l'aveva sempre attratta in qualche modo. Le piaceva ascoltare i suoi discorsi di incoraggiamento, colmi dei suoi ideali e della sue speranze, e più volte aveva sperato di essere notata da lui. Finché non era successo davvero.
"Nel caso fosse davvero lui, o lei" Erwin era a pochi passi da Nagi, e si era soffermato sulle due opzioni cercando di cogliere un guizzo nell'espressione della ragazza, che però non fece trasparire nulla.
Erwin però era sempre stato in grado di capire le persone, di inquadrarle e poi di tirare le somme. Questo gli aveva permesso nel corso degli anni di incoraggiare e manipolare i suoi stessi soldati. Era stato in grado di far morire tanti uomini, tutto per delle banali scommesse. Come del resto aveva fatto passare inosservata la sua sete di conoscenza, che fin da bambino infiammava il suo animo.
Col tempo aveva capito che nessuno sarebbe morto per della semplice curiosità, per cui aveva iniziato a diffondere questo ideale di libertà che ormai l'armata stava perdendo, e da quando lo avevano eletto comandante supremo dell'armata, gli uomini morivano con maggior frequenza. Ma ancora non era stato in grado di afferrare la verità, ed era quasi del tutto convinto, ma anche questo riguardava un'altra delle sue scommesse, che sia il corpo di Gendarmeria che la dinastia regia stesse nascondendo loro la verità.
"Dovrei isolarlo e farlo arrestare. Non ci sarebbero ripercussioni negli altri membri ovviamente" concluse l'uomo, e improvvisamente sentì come la necessità di scommettere di nuovo. Ma questa volta voleva dei risultati immediati.
"Vorrei prima assicurarmi della cosa allora" disse Nagi.
"C'è altro?" la ragazza era molto più bassa di lui e gli arrivava all'incirca all'altezza del collo. Quando distolse lo sguardo dai suoi occhi cosí penetranti incontrò di nuovo la sua pelle chiara.
Erwin già da un po' l'aveva notata, e nonostante sapesse che la cosa fosse estremamente sbagliata, provava una sorta di attrazione verso di lei. Ovviamente non avrebbe mai intrapreso una relazione con lei, né la cosa interessava la ragazza, che però provava un desiderio crescente verso di lui, in quel preciso momento.
Un lampo rischiarò la stanza, nonostante le spesse tende stessero coprendo le vetrate. I due sembravano sospesi in un attimo, eppure il tempo correva.
Nagi avrebbe voluto lasciare immediatamente la stanza, dicendo che no, non c'era altro e lei era impegnata, ma la sua vicinanza la teneva incollata lì, e la attraeva come una calamita.
Erwin decise di buttarsi a capofitto anche in quella scommessa e annullò le distanze tra i due. Poggiò le sue labbra su quelle di lei, che rimase totalmente scioccata.
L'uomo aveva posizionato le sue mani sulla sua schiena facendo una leggera pressione, mentre lei aveva le braccia ancora lungo il busto. Le sollevò a mezz'aria, ma lui cominciò a muovere dolcemente le sue labbra sulle sue, fino a quando lei non le schiuse e lasciò che lui esplorasse la sua bocca. Le loro lingue si scontrarono e iniziarono una danza appassionata, così intensa da travolgerla completamente.
Ma cosa stava succedendo? Nel giro di pochi giorni la sua vita era cambiata drasticamente e ora si trovava nientemeno che nella stanza del comandante e lo stava anche baciando.
Erwin era soddisfatto. Almeno una scommessa si era rivelata un successo, e la cosa lo fece sentire come se tutte le altre potessero andare nel giusto verso. Ma fuori c'era un brutto temporale, qualcosa si stava muovendo e si avvicinava sempre di più a lui. Ma questo ancora non poteva saperlo, o fingeva che fosse così.
Nagi nel frattempo era totalmente travolta dalle sue emozioni. Per un attimo aveva dimenticato dove si trovavano e il motivo per cui era venuta fin lì.
Sentì di nuovo una bolla nel petto gonfiarsi e le sembrò quasi che si stesse alzando da terra. No. Lei si stava alzando da terra. Erwin aveva fatto scendere le mani fin sotto le sue cosce e l'aveva tirata su di peso, anche se non sembrava soffrire affatto i suoi quasi sessanta chili.
La posò sopra il tavolo, in mezzo a tutti i fogli sui quali stava lavorando, poi staccò le labbra dalle sue.
I due avevano il respiro affannato e lo sguardo fisso l'uno negli occhi dell'altro.
Nagi stentava a credere che tutto quello fosse successo davvero, e per essere sicura di essere sveglia si morse la lingua.
Quell'uomo l'aveva da sempre affascinata e forse qualche volta aveva davvero fantasticato su di lui.
Erwin aveva le mani posate sulla sua vita, che si andava ad allargare all'altezza dei fianchi. Lei non osava spostare le sue invece, che teneva saldamente ancorate al tavolo in un orribile senso di vertigine.
Un tuono squarciò il cielo, così forte da farli immediatamente tornare alla realtà.
Nagi tornò con i piedi a terra e piano piano prese consapevolezza di ciò che era accaduto.
"Merda" sussurrò risistemando la sua camicia.
Erwin però non sembrava affatto preoccupato, aveva una sorta di ghigno che gli solcava il viso e i suoi occhi apparivano freddi e spietati.
Nagi non ne capì subito il motivo, ma non sapeva nemmeno che quell'espressione l'avrebbe tormentata per tutta la sera, e per tutto il giorno dopo ancora, fino a quando non riuscì ad arrivare ad una conclusione.
Quella era stata una semplice scommessa.
Nagi non sapeva come sentirsi al riguardo, né la cosa sembrava preoccupare il comandante che invece viveva le sue giornate come se nulla fosse mai successo, e si rivolgeva a lei come avrebbe fatto con Hanji o Levi.
Dopo quell'episodio però, la notte si ritrovava a sperare che ce ne fossero altri, nonostante la cosa la mettesse in forte disagio e la facesse arrabbiare. Si sentiva quasi usata mentre ripensava a quello sguardo così freddo, ma subito dopo invece vedeva i suoi occhi azzurri mentre la afferrava e la adagiava sul tavolino.
Ad ogni modo Nagi fece di tutto pur di rimanere concentrata sul suo obiettivo, e mentre appariva distratta dalla situazione, registrava ogni singola azione dei suoi compagni.
Moblit spariva sempre più frequentemente e la evitava ogni volta che la incrociava, mentre Keiji sembrava tranquillo in sua presenza.
Nagi sperava di poter parlare con Moblit, e avendo tutta la giornata a disposizione, e volendo anche distrarsi, cercò di seguire i suoi spostamenti.
Erano passati ormai diversi giorni da quando aveva iniziato a sorvegliarlo, e quel giorno si sentì pronta per affrontarlo.
Il ragazzo stava attraversando la piazza sotto i loro alloggi e si stava dirigendo verso l'edificio dove Hanji svolgeva i suoi esperimenti.
Nagi lo raggiunse con passo felpato, cercando di confondersi con gli altri soldati e le reclute.
"Dove stai andando?" gli chiese mentre lo affiancava. Il ragazzo sussultò quando la udì, sembrava assorto nei suoi pensieri, ma nonostante ciò non le rispose.
"Sono giorni che ti seguo, Moblit. Voglio sapere cosa stai combinando" disse lei risoluta. Lo vide stringere le labbra e guardarsi intorno con sospetto, poi finalmente le rivolse la parola.
"Seguimi e non fare domande" disse semplicemente.
La trascinò all'interno di una stanza semi vuota dove erano accatastate alcune sedie rovinate o rotte.
Il ragazzo si chiuse la porta alle spalle.
"Non è come sembra" mise le mani avanti come per mostrare di essere apposto. Nagi stentava a crederci.
"Invece sembra proprio che tu sia l'infiltrato, Moblit" disse lei con tono duro e accusatorio.
"Cavolo no" protestò il ragazzo in visibile difficoltà. Si stava mordendo un labbro, agitato.
"Taglia corto. Tu sai qualcosa, e anche Keiji"
Moblit sospirò "Forse so chi è l'infiltrato, non sono ne io ne Keiji, ne nessuno della nostra squadra"
Nagi alzò le sopracciglia, spazientita, e il ragazzo si affrettò a terminare il suo discorso.
"Credo che sia Gunther"
Alla ragazza si strinse lo stomaco nel pensare che si trovava proprio nella squadra di Levi.
"Come fai a esserne tanto sicuro" chiese ancora non del tutto convinta che si trattasse di lui.
"È lui che si occupa delle relazioni con il corpo di Gendarmeria per i rifornimenti, e l'ultima volta li ho sentiti parlare di dettagli che non dovrebbero essere noti a loro"
Nagi ci mise un po' per elaborare la situazione, e il suo primo istinto fu quello di riferire tutto a Levi, che d'altra parte non vedeva da qualche giorno.
Poi però le tornarono in mente le parole di Hanji durante il pranzo e Nagi rabbrividì al solo pensiero di come avrebbe potuto reagire il ragazzo.
"Mi servono altre informazioni però" stava dicendo Moblit, ma a Nagi non era ancora chiaro il ruolo di Keiji in quella storia, così lo interruppe.
"E Keiji invece? Vi ho visti parlare e appena lui mi ha visto ha chiuso la porta. Stavate discutendo"
"Lui crede che qualcosa non quadri nel discorso che Hanji ha fatto agli altri membri della squadra, per cui in quanto vice ha pensato di chiedere a me. Solo che Keiji si scalda facilmente" nel dire l'ultima frase Moblit aveva accennato una sorta di sorriso, quasi come stesse parlando di un fratello maggiore.
Nagi si appoggiò alla parete accanto a lei. La pietra era fredda e il contatto le calmò il mal di testa che le stava nascendo a causa della situazione.
"Cosa vuoi fare quindi?"
"Vorrei più informazioni su Gunther, ma non so come reperirle se non seguendolo in ogni luogo. Ma a volte sparisce e in questi giorni di stop è difficile stargli dietro"
A Nagi passò per la testa l'immagine di Levi, sdraiato accanto a lei sotto il cielo stellato.
"Forse potrei provare a parlare con Levi"
Moblit sembrò sbiancare e, sempre sotto voce, le chiese se fosse per caso impazzita.
"Se dovesse venire a saperlo.." ma lei non lo lasciò finire.
"Farò in modo che non sia così, ma in qualche modo dobbiamo aiutare Erwin e l'armaga Ricognitiva. Non ho intenzione di tornare a casa" disse risoluta.
"Nemmeno io" Moblit aveva gli occhi ambrati persi nel vuoto, e un'espressione in viso amareggiata.
"Qualsiasi cosa scopriamo, ce la diremo in questa stanza" disse lui ad un certo punto, e lei annuì.
Nagi aveva già iniziato a pensare a come poter avvicinare Levi, e forse poteva provarci nel luogo in cui si erano incontrati quella sera. Del resto Nagi sentiva proprio il bisogno di starsene con il naso all'aria per riflettere sulla situazione, che ovviamente comprendeva anche il problema Erwin.
Erano giorni che non lo vedeva, ma il caso volle che una volta uscita da lì con Moblit al suo seguito, l'uomo sbucasse da una delle stanze dell'edificio.
Nagi non riuscì a decifrare la sua espressione, ma i suoi occhi sembravano essersi accesi di desiderio.
La ragazza gli passò accanto e l'uomo le strattonò leggermente la giacca facendole segno di seguirlo.
Moblit ormai era già uscito, e Nagi si ritrovò nella stessa stanza in cui era stata qualche attimo prima, solo che stavolta con lei c'era Erwin. Nel giro di qualche secondo i due erano già avvinghiati l'uno all'altro e la ragazza sentiva di non poter resistere ai suoi occhi cosí limpidi. Tutto in lei le gridava di smettere, ma tutto di lui le infondeva una sottomissione tale da farla rimanere lì.
Forse era proprio la sua presenza a sortirle quell'effetto, che d'altronde aveva sortito anche nei centinaia di soldati che avevano deciso di sacrificare la loro vita per un suo capriccio.
Erwin le passava abilmente le mani fra i capelli, stringendo leggermente. Le loro lingue si scontravano in una danza appassionata, e i loro corpi si stringevano sempre di più.
Lei piano piano iniziò ad intrufolarsi sotto la sua camicia e ad accarezzare la sua pelle liscia, frastagliata qua e là da piccole cicatrici.
Anche lui aveva portato la sua mano sotto la sua maglia, e stava puntando verso l'alto. Per quanto il suo tocco fosse caldo e accogliente, Nagi non voleva arrivare fino a quel punto.
Si staccò da lui e lo guardò, con il fiato corto e gli occhi lucidi.
"Comandante.." Nagi non sapeva nemmeno cosa dire, ma lui sembrava aver afferrato.
"Mi dispiace, mi sono spinto oltre" Erwin era consapevole di aver esagerato e di aver oltrepassato il limite già nel momento in cui aveva iniziato a fantasticare su di lei. Lui ormai aveva già avuto le sue esperienze e quello che voleva da lei era più che altro soddisfazione personale, ma Nagi non se la sentiva, anche se da una parte avrebbe tanto voluto continuare a rimanere avvinghiata a lui. La sua presenza le provocava uno strano senso di protezione che aveva provato solo con i suoi genitori, in particolare con suo padre che la alzava da terra e la faceva volteggiare in aria. Sua madre urlava sempre, terrorizzata dal fatto che potesse cadere e farsi male. Ma le mani forti di suo padre la tenevano salda e le davano la sicurezza necessaria per ignorare quel piccolo senso di vertigine.
"Mi dispiace" disse lei mordendosi il labbro inferiore e fissando i capelli dorati di lui che avevano preso le direzioni più assurde.
Lui si avvicinò di nuovo a lei tenendo lo sguardo puntato nei suoi occhi, leggermente più scuri dei suoi, poi le lasciò un bacio delicato sulle labbra.
Quando si allontanò la ragazza rimase protesa in avanti come per chiederne ancora, ma lui aveva già lasciato la stanza.
Nagi si sentì svuotata e sola in quel momento.
Tutte quelle emozioni le avevano chiuso lo stomaco e quella sera decise di non andare in mensa. Si chiuse nella sua camera e dopo tanti anni si lasciò andare in un pianto liberatorio.
Forti singhiozzi le scuotevano il petto ricordandole quanto sbagliato fosse quello che stava accadendo, e quanto pericolosa fosse la situazione che si stava creando tra le due armate. Provava un senso di puro terrore che le sgorgava dagli occhi e le bagnava le guance.
Stringeva fra le mani le spesse coperte fino a sentire dolore e in quel momento avrebbe tanto voluto che qualcuno la abbracciasse.
Ma nessuno udì il suo dolore e nessuno arrivò in suo soccorso. Rimase lì, ad affogare fra le mille situazioni che avevano sconvolto la sua vita, fino a quando non si addormentò.

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