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Quella mattina si era dunque alzata presto e subito aveva deciso di dover avere delle spiegazioni da Levi. Parlare con Moblit forse non era la scelta migliore, ne tanto meno quella di parlare con Erwin.
Vagò nell'edificio in cerca della sua stanza. Tutto era così preciso e in ordine, e il grande salone all'entrata sembrava essere rimasto sospeso nel tempo.
Seduto su una grande poltrona rossa c'era Levi, con una tazzina stretta fra le dita. Nagi trovò buffo il modo in cui stringeva la tazzina, che avrebbe potuto tranquillamente tenere per il manico.
"Buongiorno" disse lei avvicinandosi.
Lui non rispose e prese un sorso di tè.
"Vorrei parlarti" continuò lei, stavolta un po' a disagio dell'indifferenza di lui.
"Non è questo il luogo" si limitò a dire, secco. E prima che lei potesse ribattere aggiunse "per nessuna delle due cose"
"Dobbiamo fare qualcosa" insistette lei, torturandosi le mani.
Pizzicava la pelle del dorso come se quello la aiutasse a calmarla, ma in realtà la rendeva solo più agitata e vigile.
"Ho già parlato con Erwin" ammise lui alla fine, vedendo il suo stato.
Nagi ne rimase sorpresa e non seppe come ribattere. Ancora una volta ci era arrivato prima di lei.
"Erwin agirà come meglio crede"
C'era il gelo nella sua voce e nella sua espressione. Ma i suoi polpastrelli che piano piano divenivano bianchi per la stretta troppo forte lo tradirono.
Nagi si avvicinò a lui e con fare gentile e comprensivo poggiò una mano sulla povera tazzina e fece leggera pressione per allontanarla da lui. La andò a posare sulla stretta mensola sopra al caminetto, che se ne stava spento e triste ad una parete della stanza.
Ormai la sua stagione era terminata.
Nagi tornò dal ragazzo e si accovacciò ai suoi piedi.
"Mi dispiace" disse solo.
Gli occhi del ragazzo erano cupi e spenti, ma Nagi era sicura che per un attimo li aveva visti scintillare, come se si fossero riempiti di lacrime.
In effetti il dolore e la frustrazione che stava provando in quel momento erano immensi. Non bastavano i giganti a dover rendere le loro vite così prive di significato, ora erano persino gli uomini che tanto cercavano di proteggere a rivoltarsi contro di loro.
A Nagi dispiaceva davvero, ma era quasi sorpresa dalla calma che Levi aveva mantenuto. Hanji forse aveva esagerato nel dargli dell'emotivo.
Le finì lo sguardo sulla camicia bianca e notò che aveva dei piccoli puntini rossi, che stavano asciugando e stavano diventando marroni. Poi guardò le sue nocche e le trovò arrossate e gonfie.
D'istinto portò una mano sulle ferite e le accarezzò piano, ma Levi sussultò e spostò immediatamente la mano. Doveva fargli parecchio male.
La ragazza si alzò, comprendendo la situazione.
Ora forse capiva cosa intendeva la sua caposquadra, ma non poteva immaginare quanto avesse effettivamente ragione. Non conosceva davvero quell'uomo, e il bacio della sera prima non le dava certo il diritto di sbilanciarsi tanto.
Però avrebbe voluto sapere cosa ne era stato di Gunther, così prima di lasciare la stanza si voltò e lo guardò dritto negli occhi.
"Cosa ha scelto per lui Erwin?"
L'espressione di Levi si incupì e Nagi iniziò a sentire una strana sensazione. Sentiva come se Erwin in quella storia non c'entrasse nulla, e che il sangue sulla sua camicia non era suo. Lui non sopportava la sporcizia, ma se la situazione lo richiedeva di sicuro non si sarebbe tirato indietro. Nagi non conosceva quella parte di lui, ma il ragazzo aveva un lato sadico così sviluppato che a volte gli servivano giornate intere per imporsi di nuovo sulla sua mente.
Gli anni passati nella città sotterranea lo avevano segnato in maniera indelebile.
Levi si alzò e la superò, senza dire una parola, e iniziò a dirigersi verso la fine del corridoio.
Nagi sentiva di doverlo seguire, e quasi senza controllarle le sue gambe si mossero dietro di lui.
In fondo al corridoio si apriva una porticina stretta e bassa, con una pesante catena che ne bloccava l'ingresso. Levi estrasse una chiave dalla tasca dei pantaloni e la infilò nel massiccio lucchetto.
La serratura scattò, non senza fatica, producendo un rumore metallico.
Il ragazzo fece cadere a terra la catena che andò a schiantarsi, sferragliando, con un tonfo, e poi si piegò per poter entrare.
Una volta varcata la soglia un terribile odore di muffa e umidità le invase le narici, facendole pizzicare. Fece una smorfia di disgusto, ma si impose di ignorarla.
Dopo la porta c'era una ripida scalinata molto stretta. I gradini erano alti e scivolosi a causa dell'umidità e Nagi dovette aggrapparsi bene per evitare di scivolare.
Più scendevano più l'odore si faceva forte e si mescolava ad un altro, più dolciastro. Avrebbe riconosciuto l'odore del sangue anche fra le peggiori fragranze.
Sentiva dei gemiti provenire dal basso e il suo cuore perse un battito.
Finita la scalinata si apriva un'ampia sala, i mattoni in pietra erano più grandi e spigolosi. Il soffitto era basso e Nagi quasi lo sfiorava con la testa. Si sentiva chiusa e in trappola, ma sicuramente mai quando il povero ragazzo chiuso nella seconda cella alla parete di destra.
Ai lati della stanza erano state poste delle torce per fare luce, e il fuoco dipingeva strane ombre sul volto di Levi, che sembrava avere uno sguardo ferino.
Gunther aveva il viso tumefatto. Del sangue colava pigro dal luogo in cui fino al giorno prima dovevano esserci delle unghie. Nagi rabbrividì nel pensare che tutto quello era opera sua.
Allora chi lo additiva come mostro non aveva torto.
D'improvviso si sentì mancare il respiro e iniziò a boccheggiare. Si aggrappò al muro dietro di lei e si impose di mantenere la calma.
Levi non sembrava essersi accorto del suo malessere, tanto era concentrato nel tirare fuori i suoi attrezzi da tortura dalla cella accanto.
Nonostante tutto Gunther rimaneva in silenzio, fatta eccezione per alcuni gemiti di dolore. Aveva lo sguardo basso e colpevole, di chi sa di aver commesso un orribile atto, ma che non riesce però a pentirsene del tutto.
Nagi si avvicinò alla sua cella. Era seduto su una massiccia sedia di legno e i polsi legati ai braccioli. Dietro di lui c'era una brandina che non aveva affatto l'aria di essere comoda. Era scalzo. La canotta che indossava era sporca e madida di sudore.
Provò quasi pena per lui, ma capì subito che in quella situazione lo aveva indotto il suo ostinato silenzio. Voleva tacere il motivo del suo infiltraggio e soprattutto non voleva fare parola del motivo per il quale il corpo di Gendarmeria era così infuriato con quello di Ricerca.
Levi emerse dal buio della cella come una figura spettrale, il viso scavato e gli occhi spietati.
Nagi non lo aveva mai visto in quel modo.
"Sai che lo farà di nuovo" disse ad un tratto lei, rivolta a Gunther.
Il ragazzo fece un sorriso sarcastico, che stonava sul quel viso tanto massacrato. Ma non parlò.
"Potremmo risolvere tutto in un altro modo.." tentò lei, straziata dalla vista del ragazzo che la sera prima l' aveva accarezzata con tanta dolcezza. Ora tra le mani stringeva delle pinze di ferro arrugginito.
"Ormai è troppo tardi. Levi ha fatto la sua scelta, e io ero pronto a sacrificarmi" la sua voce era roca e spezzata, come di chi ha la gola arida e dolorante. Alzò il viso verso di lei con sguardo duro ma furbo.
In quel momento a Nagi non sembrò più un ragazzo, ma un uomo che aveva fatto le sue scelte e i suoi sbagli, ma che si era sacrificato per ciò in cui credeva. In fondo anche lui, dal canto suo, sapeva di essere nel giusto.
Ognuno in quel mondo agiva per scopi diversi, e non era mai possibile stabilire da che parte stesse la verità.
Poi, dopo aver sostenuto il suo sguardo, Gunther spostò i suoi occhi verso quelli spietati di Levi e gli parlò, con un tono fra il divertito e l'accusatorio.
"Divertiti ora mio capitano. Ma quando sarò io a farlo, cerca di non gridare troppo. Le urla mi infastidiscono" detto questo l'uomo sputò a terra un grumo di sangue e catarro. Poi accennò una smorfia che doveva essere un sorriso cansonatorio.
Levi fece una smorfia di disgusto, forse la prima vera espressione che corrucciava la sua fronte. Aprì con furia la cella, ed estratto un coltello dalla cinta lo infilò con tutta la forza che aveva nella mano di Gunther. L'uomo urlò di dolore, ma nessuno poteva udirlo. Nessuno sapeva che fosse lì e nessuno nemmeno lo sospettava. Era stato bravo a celarsi nell'ombra, ma aveva dimenticato, e forse non lo aveva mai compreso appieno, quanto Levi Ackermann fosse spietato. L'arma più letale dell'umanità. Ecco come lo chiamavano. E Nagi lo stava osservando in tutta la sua magnifica crudeltà.
"Idiota" disse con tono velenoso il capitano.
"Levi ti prego basta" disse lei di getto.
"Erwin non ha scelto nessuna fine per lui. Ma sarò io a farlo. La prima regola è mai tradire i compagni"
Gunther ancora urlava e cercava di divincolarsi dalla morsa delle cinghie che lo tenevano incatenato. Si sporgeva verso la sua mano cercando un sollievo di qualche tipo ma una spessa corda lo teneva inchiodato al rigido schienale.
"Erwin non vorrebbe vederti fare questo" gli ricordò Nagi, cercando di sfruttare il suo punto debole, ma la rabbia del ragazzo era ceca e già si preparava a continuare con la sua tortura.
"Allora dimmi, bastardo, perché il corpo di Gendarmeria ti ha mandato qui"
Gunther non rispose e continuava a sporgersi verso il coltello piazzato nella sua carne. Tentava di acciuffarlo con i denti. Levi però fu più svelto, lo tolse da lì e lo conficcò nell'altra mano. L'uomo urlò ancora. Le sue grida erano strazianti, e Nagi odiava vedere Levi comportarsi in quel modo.
Voleva scappare e correre a chiamare aiuto, ma si rese conto che la cosa non era poi così tanto fattibile.
"Se non rispondi inizierò a staccarti tutte le dita" lo avvertì l'uomo, ma come risposta ricevette uno sputo in faccia.
A Nagi si mozzò il fiato e per un attimo pensò che lo avrebbe ucciso. Corse verso di lui entrando nella cella.
Si aggrappò alla sua schiena stringendo le mani attorno al suo petto e lo tirò indietro.
"Torniamo di sopra" protestò lei, quasi urlando.
Ma Levi aveva almeno il triplo della sua forza e si liberò di lei come ci si libera di una mosca fastidiosa.
Si sentiva inutile e impotente mentre il ragazzo tornava a grandi falcate nella cella e lasciava pugni sul viso già martoriato del suo compagno.
"Levi basta" urlò lei disperata tentando di portarlo di nuovo indietro, ma lui si voltò e con sguardo ceco le mollò uno schiaffo in pieno viso.
Lo aveva caricato con tutta la rabbia che aveva, e d'istinto Nagi portò la mano dove la pelle aveva iniziato a bruciare.
La sua guancia si era gonfiata in poco tempo e la pelle le pizzicava dal dolore.
Gli occhi le si riempirono di lacrime sia per il dolore che per la ferita aperta nel suo orgoglio.
Sentì Gunther ridere di cuore mentre sembrava soffocare con il suo stesso sangue.
"Non puoi cambiare un mostro" gli urlò mentre stava correndo su per i gradini ripidi. Anche da lì Nagi potè udire il colpo successivo e le ossa del suo naso che si frantumavano.
Scivolò a metà strada battendo forte il gomito a terra. Rimase senza fiato per il dolore tanto che non riuscì nemmeno a gridare. Rimase lì rannicchiata mentre il dolore si espandeva dal braccio al torace e per un attimo pensò che si fosse rotta qualcosa. Non osava muoversi né respirare, e rimase lì sperando che qualcuno la venisse ad aiutare.
Levi, nonostante la furia che gli montava nel petto, non aveva udito la porta sbattere e subito si precipitò a vedere cosa fosse successo.
La trovò piegata a terra, poggiata su un gradino mentre aveva gli occhi sbarrati dal dolore.
Tornò in sé prendendo piano piano coscienza di cosa aveva fatto. La raggiunse e cercò di aiutarla, ma lei lo fulminò con lo sguardo.
Lui alzò le mani in senso di resa e fece un passo indietro.
Nagi a fatica si rimise in piedi e tastava il braccio per capire se fosse rotto o meno. Cercò di stenderlo ma il dolore fu lancinante quando sentì un tendine accavallarsi e irrigidirsi, impedendole il movimento.
Una sorta di gemito lasciò le sue labbra e subito sentì in bocca il sapore metallico del sangue, tanto era il dolore.
Levi le mise una mano sulla spalla cercando di sostenerla mentre si accasciava di nuovo.
"Non mi toccare" disse repentina, fra le lacrime.
Levi ritrasse la mano come se si fosse appena ustionato.
"Fatti aiutare, ti porto in infermeria"
"E come vuoi spiegarli tutto questo!?" urlò lei, noncurante del fatto che a pochi passi da lei c'era la porta e che qualcuno avrebbe potuto udirli.
Piano piano sulla sua guancia si era aperto un piccolo taglio, decentrato rispetto alla mano che si andava disegnando sulla sua pelle. Nello stesso punto in cui il giorno prima lui l'aveva accarezzata.
Lui incassò il colpo in silenzio, ma non accettò di rimanere con le mani in mano, così la prese di forza e la sollevò da lì.
Tenendola stretta, con le mani che afferravano con forza la carne della sue cosce, coprì la distanza che li separava dalla porta e poi furono di nuovo nel corridoio.
Nagi non cercò nemmeno di ribellarsi, ormai stremata da quel dolore che la costringeva a tenere immobile e piegato il suo braccio sinistro.
Levi la portò fino nella sua stanza e la adagiò sul suo letto. Tutto aveva un forte odore di sapone.
Poi il ragazzo uscì e Nagi immaginò stesse andando a sistemare il casino che aveva lasciato nelle celle sotterranee.
Quando tornò la trovò seduta sul bordo del letto.
"Mi dispiace" disse lui.
"Risparmiati il dispiacere" disse acida mentre provava a distendere di nuovo il braccio.
Sembrava andare meglio ma ancora non riusciva ad aprirlo del tutto.
Rimase in silenzio e le si andò a sedere accanto.
"Hai fegato, novellina" disse lui ad un certo punto.
"Non è quello il modo di risolvere la questione. Avresti dovuto avvertire Erwin e lasciare che lui se ne occupasse" Levi corrugò la fronte e la sua espressione si fece più seria.
"Non sono questioni che ti riguardano"
"Si che lo sono invece" rispose secca "anche io faccio parte dell'elite e come tale ho il diritto di.."
"Hai fegato a parlare così ad un tuo superiore" la interruppe, e Nagi si rese conto di non avere diritto su un bel niente.
Si era quasi dimenticata che lui aveva un grado più alto del suo, nonostante tutto ciò che era successo.
Si diede della stupida e si maledisse, mordendosi la lingua.
Lui comunque aveva parlato in tono calmo e pacato e la cosa la infastidì.
"Ha ragione. Forse non sarei dovuta intromettermi in questa storia" le sue risultarono quasi delle scuse, e forse volevano anche esserlo. Si alzò dal letto a fatica ma lui le afferrò la canotta e la trascinò giù.
"Non finché il rossore non sarà guarito" Nagi capì che si stava riferendo alla sua guancia. Doveva avere un aspetto pietoso.
"Non c'è bisogno che io mi giustifichi con qualcuno" sperava in questo modo che lui l'avrebbe lasciata andare, ma comunque sarebbe risultato troppo strano il segno di una mano così ben visibile. Se avesse incontrato Herb, il ragazzo sarebbe andato su tutte le furie e l'avrebbe costretta a parlare. Avrebbe affrontato il capitano nonostante sapeva benissimo di non avere un minimo di speranza.
Herb.
Era da un po' che non lo vedeva e avrebbe tanto voluto essere con lui in quel momento.
Levi aveva ignorato la sua protesta, comunque, e le si era seduto davanti, con la sedia rubata alla sua scrivania.
"Forza dammi il braccio. Dobbiamo rimmeterlo a posto" le passò le mani fredde sulla pelle nuda del braccio. Scariche partivano dal suo tocco delicato, ma stavolta non riusciva a comprendere se fossero di dolore o meno.
Le strinse una mano attorno al gomito e con l'altra afferrò saldamente il polso, poi strattonò velocemente.
Nagi sentì un dolore lancinante e di nuovo il sapore metallico del sangue le invase la bocca.
Provò a chiudere e riaprire il braccio, e anche se con un po' di dolore, riusciva nel movimento.
Si sentì sollevata avendo già iniziato ad immaginare il peggio.
"Mi dispiace" disse poi lui. Lei puntò lo sguardo nei suoi occhi. Sembrava davvero pentito.
"No hai ragione, non dovevo intromettermi" tagliò lei, iniziando a desiderare di trovarsi altrove.
"Parlerò con Erwin" Nagi sapeva che la lunga pausa che era seguita alle sue parole, era servita per farlo riflettere.
"Bene" in un certo senso la cosa la sollevava. Se ci fosse andato lui, lei non sarebbe stata costretta a vederlo e quindi più il tempo passava più poteva fingere che il bacio tra i due non fosse mai esistito.
"Scusa per ieri sera" si affrettò poi a dire lei, prima che il coraggio la abbandonasse e le lasciasse morire in gola quelle parole.
Levi però non rispose e si limitò a fissarla. La ragazza poteva percepire il desiderio crescere in lui e subito le fu chiaro che la cosa non gli era affatto dispiaciuta.
Il ragazzo quindi si sporse veloce verso di lei, quasi come spinto da un attimo di coraggio, e poggiò delicatamente le labbra sulle sue.
Nagi rimase senza fiato e dopo la sorpresa iniziale, cominciò ad assecondare i suoi movimenti.
Senza staccarsi da lei le si mise a sedere di fianco e poi se la portò sopra.
Nagi era cavalcioni su di lui e piano piano iniziava a notare con simpatia che lui non aveva idea di cosa stesse facendo. I suoi baci erano goffi e ruvidi e la sua lingua si infrangeva contro la sua come il mare contro gli scogli durante una tempesta.
Aveva le mani posate sui suoi fianchi e la teneva ben salda mentre lei gli accarezzava la schiena con una mano, e con l'altra gli scompigliava i capelli.
Erano morbidi e scorrevano fra le sue dita come sabbia.
Lei si staccò dal bacio e lo guardò negli occhi. Aveva la camicia sporca e sudata e i capelli non più in ordine.
Le uscì un breve sorriso davanti a quella scena, che però si spense quando iniziò a sentire qualcosa che le premeva contro la coscia.
Lui si accorse del suo imbarazzo e terrore e fece per sollevarla, ma lei poggiò decisa le mani sulle sue facendo una leggera pressione.
Non sapeva bene cosa stava cercando di fare, ma si avvicinò di nuovo alle sue labbra.
Sentiva il suo respiro caldo sulla pelle.
"Ora le faccio vedere come si fa" sussurrò lei sulle sue labbra, stringendo le dita e intrecciandole alle sue.
Nagi aveva capito bene che quello era il suo primo bacio e trovò la cosa divertente.
Mentre muoveva delicata le sue labbra e schiudeva leggermente la bocca non potè fare a meno di dimenticare tutto il resto.
A differenza di Erwin, non sentiva tutto quello sbagliato, e la cosa la eccitava e terrorizzava al tempo stesso.
Con il tempo i baci si fecero più passionali, e i due si stringevano con tanta forza quasi come fossero l'uno l'appoggio dell'altro. Lei portò le mani sulla sua camicia e iniziò a sbottonarla, e piano piano glie la sfilò. Passò le mani sulla sua pelle morbida ma fredda, e il tocco caldo di lei lo fece sussultare.
Anche lui le sfilò la maglia, e mentre lo faceva non poteva fare a meno di pensare che invece tutto quello era sbagliato.
Si sentiva in difetto e ingombrante, con quel corpo così massiccio che reputava sproporzionato. Ma la cosa che lo affondava di più era la sensazione di calore che lei gli stava trasmettendo. Il suo corpo aveva iniziato ad infiammarsi e lei aveva risvegliato i suoi istinti che per tanto tempo aveva tenuto sepolti.
In più era una sua sottoposta e da un momento all'altro sarebbe potuto arrivare qualcuno, oppure avrebbero potuto sentirli.
Nonostante questo però, per la prima volta nella sua vita sentì di non avere più il controllo delle sue azioni.
Si alzò con lei sopra e la adagiò sul suo letto.
Con il suo corpo racchiudeva la ragazza fragile e minuta in uno stretto abbraccio.
Ma Nagi era tutt'altro che fragile e in quel momento aveva il pieno controllo delle sue sensazioni. La cosa lo affliggeva e lo faceva sentire sconfitto, quasi deluso da sé stesso.
Mai aveva permesso a qualcuno di controllare le sue emozioni, e ora doveva essere proprio lei a farlo.
Cercò di recuperare lucidità mentre la ragazza scendeva sempre di più con le sue mani fino al rigonfiamento nei suoi pantaloni.
Da lì il suo autocontrollo smise di funzionare del tutto, e quando lei liberò la sua eccitazione lui diede sfogo a tutti gli anni di istinto represso.
O per lo meno così avrebbe voluto fare, quando lei si staccò dalle sue labbra ormai consumate dai tanti baci.
Aveva gli occhioni grandi così limpidi e puri che per un attimo tornò in sé.
Anche per lei era la prima volta dopo tanti anni, e lo percepì dal suo corpo che iniziò a tremare sotto di lui.
Portò le braccia accanto al suo volto e poi con una mano le accarezzò il viso.
Cercò in lei un segno, uno qualsiasi che lo avrebbe fatto immediatamente tornare sui suoi passi. Ma lei sembrava sicura di volerlo, mentre si abbassava anche lei i pantaloni.
La penetrò dolcemente, mentre teneva lo sguardo sui suoi occhi limpidi cercando di cogliere un guizzo di dolore o fastidio. La sensazione lo travolse completamente. Lei lo stringeva con i suoi muscoli e per un attimo credette di non farcela, ma quando si abituò al suo calore, iniziò a muoversi lentamente.
Nagi non aveva mai vissuto quel momento in quel modo, e si beò del respiro caldo di lui che piano piano si faceva più intenso e pesante.
Un calore si irradiò dal basso ventre e le scaldò tutto il corpo. Posò le labbra di nuovo sulle sue mentre lui aumentava il ritmo. Cercò di rimanere il più in silenzio possibile, ma gemiti le sfuggivano tra un bacio e l'altro.
Si aggrappò ai muscoli della sua schiena mentre il calore diventava ancora più grande e intenso. Le sue unghie graffiarono la sue pelle e questo lo fece gemere di piacere.
La ragazza sollevò le ginocchia cingendo il suo bacino e stringendo sempre di più i muscoli.
Il piacere aumentava ad ogni spinta e ormai i due erano sul punto di cedere.
Levi affondò il viso fra il suo collo e la sua spalla mentre raggiungeva l'apice del piacere sopra il suo ventre, dopo che lei aveva rilassato i muscoli.
Lei posò le mani fra i suoi capelli mentre lui se ne stava sepolto lì, con le ginocchia puntate nel letto per evitare di sporcarsi con il suo stesso liquido.
"Levi.." sussurrò lei dopo minuti interminabili di silenzio. Il respiro del ragazzo era tornato regolare e piano piano le sue ginocchia erano scivolate, facendolo crollare addosso a lei.
Nonostante l'eccitazione del momento fosse passata ancora non riusciva a realizzare quanto fosse accaduto.
Si strinse al suo capo in una sorta di goffo abbraccio, mentre con dolcezza constatava che il ragazzo era caduto in un sonno profondo.

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