Panico

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Arianna Pov

Jared è via da troppo tempo, mi annoio, ho già preparato il borsone con tutte le nostre cose.

Forse è successo qualcosa

Scaccio via i brutti pensieri e mi metto sul letto a leggere uno dei romanzi che Carlos ha dimenticato qui il giorno prima, sono assorta nella lettura finchè dalla strada non sento provenire delle urla, un frastuono mi fa scattare in piedi, mi sporgo poco verso la finestra e vedo una scena agghiacciante.

Un bambino sdraiato a terra in posizione fetale, cerca di coprirsi dai calci che sta ricevendo dal padre che barcolla, vedo del sangue, poi la madre tira un libro contro il bimbo ormai irriconoscibile, il libro cade accanto al ragazzino, una copertina logora blu che conosco fin troppo bene: Ventimila leghe sotto i mari.

Carlos

La vista si annebbia, la rabbia mi pervade, infilo un maglione e i jeans di corsa, prendo la pistola che Jared ha cercato di nascondermi, invano, la carta magnetica di riserva e mi fiondo in strada come un fulmine.

Fa freddo e piove, il cielo cupo inizia a tuonare, c'è puzza di benzina e di asfalto bagnato, la pioggia si fa più intensa e l'unica scena che continuo a vedere è un padre che picchia il figlio indifeso, un altro calcio allo sterno e il bambino ormai stremato inizia a sputare sangue, fermo il braccio dell'uomo che vuole tirare addosso a suo figlio la bottiglia di whisky che ha in mano, mentre con l'altra cerca di strascinarlo per i capelli corvini.

Barcolla indietro come se non si aspettasse la reazione di qualcuno, qui a quanto pare ognuno si fa gli affari propri anche se pestano a sangue un ragazzino di dodici anni. Riparo il corpo di Carlos con il mio, l'uomo cerca di picchiare anche me, i suoi riflessi sono lenti a causa dell'alcool e con due calci allo stomaco si piega in due. La moglie cerca di raggiungere il marito che sputa a terra e si rialza pronto alla carica, stavolta sono veramente incazzata prendo il braccio che cerca di afferrarmi i capelli e lo porto dietro la sua schiena in una posa innaturale, spezzandoglielo, grida di dolore, del sangue gli cola dalla tempia, la moglie rimasta a guardare tutta la scena impaurita in un angolo alza le mani in segno di resa e fa per portarsi via il marito, ma quest'ultimo la spinge via e si protrae di nuovo verso me e Carlo, stavolta estraggo la pistola e gliela punto contro, non ho paura di usarla, non sbaglio mai un colpo. Sono determinata ad usarla se necessario, lo capisce anche l'uomo nonostante sia ubriaco e indietreggia verso la casa, chiudendo la porta.

Mi piego sul corpo di Carlos, ricoperto di sangue e coperto solo da un maglione troppo leggero per questo freddo, respira a malapena, il volto livido e gonfio, mi fa male il cuore vederlo così, ma non c'è tempo. Lo carico sulle spalle e corro verso la casa sicura.

Devo portarlo in ospedale.

Penso alla macchina di Jared, ma ha portato con se le chiavi, fortunatamente l'uomo che Jared ha incontrato la prima volta e per cui Carlos lavora mi raggiunge facendo tintinnare le chiavi della sua auto davanti al mio viso, le prendo senza pensarci due volte, "Allora non siete tutti bastardi" urlo cercando di sovrastare i tuoni, "Salvalo" sussurra indicandomi il catorcio che avrei dovuto guidare come una pazza. Mi aiutare a sistemare il ragazzino nei sedili, spiegandomi dove si trovava l'ospedale più vicino, assorbo le informazioni come una macchina, e mi metto alla guida.

Raggiungo l'ospedale e prendo Carlos in braccio entrando come una furia nell'atrio ricolmo di gente

"SERVE UN MEDICO!"

Si precipitano con una barella levandomi il corpo esamine del bambino dalle braccia e corrono verso la sala operatoria, tengo la mano di Carlos, ma un'infermiera mi spinge indietro dicendo che non posso seguirli.

Phoenix - NascitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora