Versi

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Sera

"Le mie poesie?" ho pensato "Vuole davvero leggere le mie poesie?". La mia testa era entrata in un vortice infinito, in cui girava scomposta. Essa era una scatola e i miei pensieri i fogli di carta che si sfaldavano a causa degli schiaffi d'aria.

Non riuscivo a parlare. Non sono riuscita a parlare in quel lasso di tempo. Sembrava che una mano mi stesse afferando il collo per strangolarmi e per rubare la mia sacrosanta dignità.

"Non sono belle. Sono imbarazzanti, banali, vuote. Mi umilierà, ne sono certa! Non incontreranno i suoi interessi, mi dirà che sono stupida e conformista. Lo deluderò. Devo rifiutare"

Jean ha continuato a guardarmi, appoggiato sul capezzale del suo letto, il legno contro il suo soprabito scuro inzzaccherato. Sembrava che si stesse divertendo, nel contemplarmi mentre precipitavo nel baratro dell'agitazione. Sua madre aveva ragione. Era malvagio.

Mi immaginavo come avrei risolto l'incresciosa questione. Avrei rifiutato e, a dispetto della sua insistenza, gli avrei consegnato il rosario e sarei scesa in salone per festeggiare con mio fratello e gli altri famigliari. Dopo un po' Jean si sarebbe rassegnato e sarebbe sceso per mangiare una fetta della mia torta. Avremmo chiacchierato e scherzato fino a notte fonda e infine mi sarei ritirata nella mia stanza.
Magari avrei bruciato i libri proibiti, o li avrei buttati dalla finestra o semplicemente li avrei abbandonati da qualche parte.

Con questo articolato piano, ho fatto un passo verso la direzione del moro. Tuttavia, lui ha ridacchiato con malizia .
-Non fare la bambina! Sarai una borghesuccia da nulla, ma forse avrai scritto qualcosa di intelligente.-
Quelle parole taglienti hanno graffiato il mio amor proprio. L'indignazione si stava ramificando nel mio essere, eppure feci l'arduo sforzo di trattenermi. Strinsi le mani.
-Non sono una borghesuccia da nulla. Tu sei uguale a me!- ho replicato
-Ti sbagli. Mi regali un rosario con il pretesto di proteggermi, leggi sciocchezze e fai la pecora con tuo fratello.- ha detto lui, sdraiandosi sul letto.
Mi sarebbe piaciuto dargli un ceffone. Che stesse cercando di far subentrare il mio lato ignobile?
-Non è colpa mia se sono stata tirata su bene!- ho esclamato, stringendomi nelle spalle. -In realtà non ti interessano le mie poesie, vuoi solo ridere di me!- ho soggiunto.

A questo punto, il signorino si sarebbe arrabbiato e mi avrebbe dato un ceffone, proprio come faceva mio fratello quando lo provocavo. Invece no. Si è alzato, si è avvicinato a me lentamente e ha ridotto i suoi occhi in due fessure sottili.

-Io non rido dei letterati! Preferisco piuttosto con due parole in croce seppellirli. Dai, dammi una tua poesia e finiamola qui.- ha spiegato, con lentezza.

-Facciamo cosi- ho sospirato.-Io ti dirò una poesia ad alta voce. Se ti piacerà, non mi chiamerai più borghesuccia da nulla. Se non ti piacerà, potrai anche prenderti gioco di me per il resto della mia vita.-
Jean, a quanto pare, sembrava molto intrigato dalla proposta, perchè ha risposto:-Per me va bene. Comincia.-

Ero di nuovo al collegio femminile del mio piccolo paese provenzale. Un'interrogazione di francese. Madame Gracielle seduta sulla cattedra che mi squadra da cima a fondo, dallo chignon  fino agli stivaletti di capretto tirati a lucido. Il caldo insopportabile che fa soccombere i più temerari. Sbadigli sommessi. Le mie mani in grembo, nascoste dalla gonna blu della divisa.
La consapevolezza della mia incapacità di scrivere poesie. Madame Gracielle, dopo ogni interrogazione, ci faceva recitare dei versi che avevamo scritto. Lo faceva sempre. Lei pensava che avessi talento. E non era vero. E recitavo, perchè era obbligatorio. Pena la visita nell'ufficio della direttrice.

Ero in quella stessa sensazione, diario mio. Solo che ero sola, in mezzo ad una piccola stanza fredda. Non c'era più un'insegnante, ma solo un coetaneo crudele e indecifrabile. Ho chiuso gli occhi e ho recitato.

DOLCE MARIA

Madonna gentile, cosa fai
nell'angolo di acqua zaffiro
e di pupi sigillati nel Tempo?
Al chiar di luna,
vago sola, in cerca di aiuto.
I bambini soffrono,
le donne sono bucaneve intirizziti
e l'anima è un uccello
rinchiuso in una gabbia
che osserva lo stupro
e il fuoco di una miseria vecchia
e giovane.
Non dormire, devi salvare tutti!

Il giovane, nell'udirmi, non ha proferito parola, forse disgustato, forse in vena di compatirmi. Magari stava escogitando un castigo per il mio essere così pia. Non appena ho aperto gli occhi,  Jean ha sorriso.
-È stupenda- la sua voce si è abbassata di molto -Davvero. Non ti sto prendendo in giro.-

-Sii sincero. Era orrenda.-
-È la totale verità! Non mi sarei aspettato così tanta sensibilità. Penso di stimarti.-
-Stimare me? Ci siamo appena conosciuti!-
-Mi sembri una ragazza con la voglia di dire tante cose, ma che non ha mai avuto il permesso di farlo. Da oggi in poi, noi due, faremo di tutto per sconfiggere il mondo.-
Era eccitato, mi stringeva le spalle e suoi occhi sembravano due fiamme incandescenti, dei soli arsi.
-E come si fa a sconfiggere il mondo?- ho mormorato, ipnotizzata dal suo sguardo.
-Te lo insegnerò. Cambieremo tutto: la poesia, i comportamenti, le regole....ogni cosa! Fidati di me-





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