Una vita

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10 novembre, 1870

Caro Diario,
È trascorso un mese dal nostro trasferimento a Charleville. Devo dirti che mi sto trovando molto bene, qui. Non so per quale motivo. Prima, credevo che i giorni sarebbero stati fatti di messe domenicali, letture, cucito in una stanza asfissiante e conversazione con persone anziane. Ora tutto mi sembra bello: dal sorriso che Claude mi rivolge quando lavora nel suo studiolo al bucato di cui mi occupo ogni giorno, dal mercato in cui riecheggiano voci allegre e pettegolezzi su ogni cosa alla natura che mi circonda.

Sai di chi è il merito di tutta questa felicità? Di Jean. Dei suoi occhi d'inverno immortale, dei suoi capelli sfiorati dal vento freddo, del suo sorriso sensuale e al contempo innocente, della sua voce tagliente e beffarda, delle letture che mi consiglia e dei suoi propositi di cambiare le regole.

Spesso mi sdraio sul letto e penso a lui. Jean.
Jean Voult
Hanno fatto bene a chiamarlo così, proprio come Jean Valjean de "I miserabili". Per me, il mio amico e il protagonista del libro sono fratelli. Sono stati messi in gabbia per motivi ingiusti e nel loro essere nascondono un odio viscerale, di carne straziata e di sangue fresco, che esprimono con azioni coraggiose, cattive o buone che siano. Sono dei titani. Combattono da soli contro la stupidità umana, uno con un coltello e i tentativi di essere buono, l'altro con parole avvelenate incise sulla carta. Forse sono la Cosette di Jean, la sua bambina maltrattata dagli occhi di rondine.

Anzi, io sono la sua Fantine, la sua prostituta infranta e senza sostegno. Mi piace immaginarmi così: una giovane donna che si dedica al lavoro più antico del mondo e che trova un benefattore.

Perchè mai ho queste immagini dipinte nel recesso del mio inconscio? Non so. Ho letto troppo Baudelaire e ora ciò che prima abborivo mi attrae.

Strade infangate
Puttane dai seni tondi come tazze
Rose appassite sul davanzale di una finestra
Amanti ingioiellate
Baci appassionati, che ti strappano
il tuo sentire

Spero che mio fratello non trovi questa pagina o mi prenderà a frustate. Brucerò i miei pensieri torbidi e farò come se nulla fosse accaduto. Come sempre.

Eppure sono stanca di fingere!!!

Una volta ero a messa e, per il caldo, mi sono tolta il velo, rivelando i miei capelli sciolti. Nessuno mi ha visto, perchè ero seduta in fondo.

Un'altra volta, invece di rammendare, mi sono seduta sotto un albero e ho immaginato di essere Esmeralda, bellissima e coraggiosa come lei.

Oh Dio, dammi il coraggio
di contemplare il mio corpo
senza schifo

Penso sempre a Baudelaire, a Jean e a Jean Valjean. Tre criminali.....

Domani, Jean vuole vedermi in un posto che lui dice essere il suo favorito. Chissà cosa vorrà farmi fare...


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