La sera

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Celestine si era sdraiata sul pavimento della soffitta a pancia in giù, priva del suo scudo di pizzo nero e rivolta.
Si era rimessa la camicia da notte(la stessa con cui era scappata insieme a me), ma solo una spalla era scoperta: una luna piena di carne; soffusa; liscia; riducente tra le tremanti luce delle candele che ho appena acceso.

I capelli sciolti le incorniciavano il viso, protettendolo da occhi inopportuni. Esalavano odori di eucalipto e gigli.
Le mani giocherellavano con una ciocca di capelli. Lo sguardo azzurro, volto verso il pavimento, vagheggiava in un sogno lucido.

Ricordava tanto le giornate trascorse a Charleville precedenti alla fuga. Com'erano state stancanti le nostre gare di corsa, le finte lotte che intrapendevamo l'una contro l'altro! E come non ripensare ai ritagli limitati di tempo dove ce ne stavamo sdraiati sul prato, a parlare di poesia e del nostro futuro! Vicino a me c'era un passato pronto ad irretirmi...

Mi sono sdraiato anche io, a quel punto. Avevo tirato fuori dalla tasca dei calzoni una pipa in legno. L'ho accesa con un fiammifero ed ho inspirato il fumo, facendo in modo che mi riempisse i polmoni, mi spegnesse il cervello. L'ho espirato e se n'è andato per la sera di Parigi.

Dalla finestra, lo osservavo nella sua peregrinazione lungo la città, piccolo inosservato verme di fumo che svanisce dal lunedì alla domenica. La cappa pesante del cielo indaco lo schiacciava. Anche i gesti delle persone lo schiacciavano.

Tutto era calmo. Nessun rumore dissonava dal torpore della giornata che si ritira.
Io e lei siamo stati vicini, a contatto. Quella spalla gelida, a contatto con la manica della camicia....
L'avrei mai riscaldata?
-Jean...- ha mormorato -Jean, posso fumare anche io? Non l'ho mai fatto-
Lo aveva detto con un tono tra l'infantile e l'incuriosito.

-Va bene.- Le ho dato la pipa, e gliel'ho accesa. Il piccolo bagliore arancio rosseggiava sul volto della mia compagna, dando vitalità al suo pallore.

Non appena il fumo è entrato  in lei, ha tossito. Ho riso un pochino
-Succede sempre così, la prima volta- ho replicato.
-Ah, davvero?- ha chiesto la mora, con le parole interrotte dai piccoli colpi di tosse, la mano a pugno sulle sue labbra.

Ho annuito, divertito. A quel punto, si è girata. Era come se stessimo ancora nel treno.

I nostri volti che si toccano
Lei che mi dona sè stessa,la sua vecchia vita, le sue labbra
Io che esploro le sue gambe.

Solo un secondo e ci saremmo persi nella tempesta dell'amore
-Jean, grazie per avermi portato a Parigi. Te ne sono grata-
-Devo ringraziarti anche io-
-Per cosa?- si è seduta di scatto, perplessa
-Per essere così speciale. Sei unica, non cambiare mai-

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