Capitolo 7

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< Sam svegliati > una voce mi chiama. Svegliarmi? Perché sto dormendo? Non mi ricordo di essermi addormentata... non sono salita in camera, dopo la fine del film. Non è che forse...

< Su Sam che devi andare a lavoro! > mi richiama la stessa voce. Alzo una mano per spegnere quel coso fastidioso che mi risuona nelle orecchie. Ha un naso...da quando le sveglie hanno un naso?

< Sam smettila di toccarmi la faccia > urla qualcuno... aspetta ma quella voce... Che fosse Ian. Apro lentamente un occhio, per vedere chi ci fosse davanti a me. Un volto sfocato mi appare davanti agli occhi...ma chi è? Strabuzzo entrambi gli occhi per vederlo meglio, penso sia Ian, è l'unico moro che conosco... è molto difficile trovare persone con i capelli corvini in Inghilterra. Mi scuote di nuovo. Il suo sguardo è serio, il mio indice gli tocca la guancia destra, ecco perché stava imprecando. Ritraggo subito il braccio e mi stiracchio dolcemente, in modo da allungare tutte le vertebre della spina dorsale. Mi strofino gli occhi, aspettando che si abituino alla luce.

< Si si, ora mi alzo > sbiascico, con la voce ancora impastata dal sonno. Mi metto seduta. Una leggera fitta mi colpisce il collo, che strano, di solito non mi succede mai. Aspetta un attimo, questa non è la mia camera... è il salotto. Cerco di ricordarmi gli avvenimenti di ieri notte. Stavo tra le braccia di Ian, stavamo vedendo la tv e poi...buio totale. Forse mi sono addormentata qui. Ian mi ha coperto anche con un lenzuolo e una coperta. Sorrido per la sua dolcezza. Mi alzo e cerco di allungarmi il più possibile verso l'alto, sentendo scrocchiare le vertebre della schiena. Massaggio la parte dolorante, nella speranza di sentire un po' di sollievo e m'incammino verso il bagno che dà sul salotto. Dopo essermi sciacquata, vado in cucina. Ian sta preparando dei toast.

< Me ne fai uno anche per me? > chiedo, mentre mi avvicino al rubinetto per riempire il pentolino d'acqua per il tè. Senza neanche rispondermi prende tre frette e le mette nel tostapane.  L'acqua è pronta, così come i toast. Prendo due bustine di tè verde dalla credenza e le metto in due tazze, poi verso l'acqua bollente. Le metto sul tavolo, già apparecchiato in precedenza da Ian con vasetti di marmellata, burro, frutta e biscotti. Mi siedo di fronte a lui e comincio a spalmare sul mio toast la marmellata di pere... la adoro...

< Prima o poi dovrai andare a fare la spesa... non è rimasto quasi più niente > mi informa Ian, mentre prende una fragola lavata. Annuisco distratta.

< Riecco la vecchia Sam musona di prima mattina > sorride beffardo, prima di bere un sorso del suo tè, per poi riporlo sul tavolo e prendere un biscotto al cioccolato nella ciotola alla sua sinistra. Sbuffo. Ha ragione. Odio il sentirmi così tutte le mattine, ma come tutte le ragazze che diventano intrattabili nel loro periodo del mese, io lo sono tutte le mattine. Orso Yoghi, così mi chiamava mio padre. Sorrido malinconica, mi manca un casino, è da Natale che non vedo lui e la mamma. Do l'ultimo morso al mio toast e bevo un sorso del mio tè.

< Domani sera non ci sarò a casa, vado con Paul e Joseph in un locale > mi avvisa Ian mentre si alza per sparecchiare. Domani... cosa farò domani sera? Devo inventarmi qualcosa. Mi alzo dalla tavola, sciacquo il piattino e la tazza e le ripongo dentro il lavandino.

Salgo le scale per dirigermi in camera. Prendo la mia camicetta bianca e gli skinny blu, la mia divisa da lavoro. Apro il cassetto dell'intimo e prendo reggiseno e culottes bianchi. Mi piace avere l'intimo abbinato, anche se non è che poi dovrei mostrarli a qualcuno. Arrossisco nel ricordare le serate passate a casa di Alex, ero così disinibita con lui, mi sentivo sexy, lui mi faceva sentire così. Ogni sera finivamo sempre in camera sua, entrambi in intimo. Adoravo come strabuzzava gli occhi, come si leccava il labro superiore nel vedermi in lingerie, che compravo a posta per lui. Ricordo il modo in cui faceva scivolare delicatamente le spalline del reggiseno, con due dita, approfittandone per accarezzarmi la pelle che diventava incandescente al suo tocco. Quei ricordi bruciano ancora. Osservo la mia figura allo specchio, le mie guance rosee sono notevolmente accese, le palpebre socchiuse e le labbra leggermente aperte. La pelle d'oca sulle braccia. È incredibile come, non ostante sia passato ormai un anno, pensare a lui mi fa ancora lo stesso effetto. Mi tocco la guancia sinistra, è bollente. Chiudo gli occhi per distogliermi da quei pensieri così dolorosi. Infilo velocemente la camicetta dentro i pantaloni. Accendo la luce del bagno e prendo la trousse dal mobiletto per truccarmi. Finito di prepararmi scendo in salotto per prendere la borsa e salutare Ian. È già uscito, forse andava di fretta. Mi giro verso l'orologio elettronico sul mobiletto di legno accanto all'ingresso. Segna le 7, ho ancora un po' di tempo, me la prenderò comoda. Infilo le mie ballerine rosse, in tinta con la borsa ed esco di casa. Il giacchetto! Meno male che me ne sono ricordata in tempo, ieri mi stavo congelando, per fortuna che ho incontrato Ian, ma non posso contare sempre su di lui. Apro la porta di casa, quel tanto che basta per far entrare il braccio destro, che dopo vari tentativi riesce a incontrare l'attacca panni. Infilo leggermente la testa per vedere cosa prendere. Afferro il giacchetto di pelle rosso e chiudo la porta a chiave. Percorro il giardinetto e oltrepasso il piccolo cancello nero, senza chiuderlo, tanto è inutile farlo. L'aria pungente di prima mattina invade le mie narici, respiro a pieni polmoni, è così pura. Liverpool fortunatamente non è una città molto inquinata, sarà che la maggior parte della gente preferisce andare a piedi. Inforco gli occhiali da sole e me li metto sulla testa, per evitare che i capelli, lasciati sciolti in onde morbide, mi finiscano davanti agli occhi, a causa del vento. Alzo lo sguardo verso il cielo, azzurro limpido.

Give me a reason...to hate youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora