23. «Siamo mate anche noi.»

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>Jimin<


«Quindi, ricapitolando: l'elettrocardiogramma è nella norma, il tuo cuore non ha alcun segno di fatica, ossigenazione tra 98 e 99, praticamente perfetta, la ferita all'addome si è cicatrizzata, la costola rotta si è riassestata. Le analisi del sangue dicono che i tuoi valori sono esattamente uguali a quelli che avevi precedentemente all'incidente e non abbiamo trovato niente di anomalo. Sei guarito.»

Ero guarito.

Erano passati dieci giorni da quando mi avevano sparato ma già dopo una settimana avevo provato ad allenarmi in casa, facendo un po' di sollevamenti e di piegamenti. Certo, il fiatone mi era venuto però per lo meno non avevo percepito dolore all'addome.

Avevo chiesto di poter tornare al lavoro ma il mio superiore mi aveva risposto che finchè non avessi avuto la carta del medico dove c'era riportato nero su bianco che mi ero fisicamente ripreso, lui non se la sentiva di riprendermi in squadra. L'aveva fatto per me ed io avevo compreso.

E finalmente il giorno della visita era arrivato, mi erano stati fatti tutti gli esami del caso e il medico che mi aveva ricucito mi aveva anche detto che ero totalmente guarito. Per me era stato come rinascere.

E dovevo dirlo a qualcuno, dovevo parlarne con qualcuno perché potevo di nuovo correre e lottare, indossare la mia amata divisa e riprendere le fila nella Guardia, ero vivo, stavo bene, tutte le persone che amavo stavano bene. E dal momento che Yoongi era al lavoro ed io a casa da solo non ci volevo più stare, decisi di incamminarmi in direzione di casa di Taehyung. Non lo vedevo da dieci giorni, da quando avevo aperto gli occhi dopo essermi ripreso. Lui non era venuto a cercare me, io non ero andato a cercare lui però ne avevo bisogno, mi mancava. Non era mai successo che fossimo stati lontani così tanto tempo, non capivo neanche perché stesse succedendo, cosa fosse cambiato.

Una volta sola era stato Jungkook a bussare alla porta di casa nostra, aveva cercato il mio sguardo col sorriso e mi aveva chiesto come stessi, se mi stavo riprendendo. Lo aveva mandato Taehyung, l'avevo capito subito e mi ero irritato, rispondendo in malo modo a Jungkook, dicendo lui che se il suo omega voleva avere aggiornamenti sul mio stato di salute, allora forse avrebbe dovuto alzare il culo e chiedermelo lui stesso. L'avevo definito -tuo omega-, non -il mio migliore amico-. Non sapevo se Jungkook gli avesse raccontato di quell'episodio, probabilmente no per non farlo restare male.

Io però non mi sarei arreso e dal momento che sapevo che l'avrei trovato a casa da solo, non suonai neanche il campanello, feci direttamente il giro della casa e raggiunsi il giardino retrostante, aprendo il cancelletto e il rumore del chiavistello attirò la sua attenzione. Se ne stava semi steso sul divanetto, all'ombra e con un libro in mano. Libro che posò sul tavolino posto proprio di fronte a lui quando mi vide e si alzò in piedi.

«Jimin?»

«Tae, ehi.» Gli sorrisi. «Ti disturbo?»

«Yoongi sa che sei qui?» Quella domanda mi spiazzò.

«No. E di certo non devo chiedergli il permesso per venire a trovare il mio migliore amico, giusto?» Sottolinea con la voce le parole -migliore amico-, sperando lui mi ritenesse ancora tale dopo che gli avevo letteralmente salvato la vita.

«I-io...lui mi vede come una minaccia e-»

«Non lo sei, Taehyung.» Mi avvicinai, lo presi per mano e lo feci nuovamente accomodare sul divanetto, posizionandomi accanto a lui. «Ho appena fatto la visita e il medico mi ha detto che sono totalmente guarito. Volevo che lo sapessi da me e non perché hai mandato Jungkook a chiedere come sto.» Dissi con tono amichevole però buttandogli giù lievemente ciò che nei precedenti giorni mi aveva fatto rimanere molto male. Lui abbassò lo sguardo.

Our red eyes shine brighter | kooktaeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora