Fuga

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Nel segrete del castello il signor Glasgow era appena stato rinchiuso nella sua cella, quando Perla e Alexander si stavano recando a pranzo. Le guardie avevano sbeffeggiato l'uomo e poi dopo qualche ora si erano ricordate dell'ordine della principessa e lo avevano sbattuto dentro.
La cella era angusta e piena di sporcizia. Al posto di un materasso vi era una tavola di legno ancorata al muro che sembrava abbastanza traballante.
Il materasso sarebbe stato pieno di buchi e di lerciume, quindi meglio dormire sul legno. calcolò il signor Glasgow.

Si guardò attorno e vi trovò anche un gabinetto, una sedia e un tavolino. Probabilmente in giro avrebbe scoperto qualche topolino che scorrazzava, ma non aveva voluto pensarci.
Anche se era grande e grosso, continuava ad avere paura di quelle bestiole.
Si sedette con tutto il peso sulla sedia, che cigolò sotto il suo peso, e cominciò a riflettere su come la situazione sia andata peggiorando nel giro di pochi secondi.
Dannazione, se quella ragazzina fosse stata zitta, magari ora non sarei rinchiuso qui dentro e avrei riavuto indietro le mie collane.

Proprio quando concluse quel pensiero, una guardia si era avvicinata al cancello della cella e lo aveva guardato con sprezzo. Il signor Glasgow lo ricambiò.
Poi la guardia parlò: "La principessa Perla mi ha chiesto di restituirle le collane domani mattina quando sarà liberato. Le terrò io per questa notte. Domani chieda pure di me. Mi chiamo Heathrow."
"Sì, certo, come no. E io dovrei crederti?" rispose sarcasticamente l'uomo.
"Le metterò nella cassaforte, se questo può metterla tranquillo..." propose la guardia.
Il signor Glasgow non rispose, si alzò dalla sedia, si avvicinò alla guardia e gli sputò in faccia. La guardia chiuse gli occhi e si pulì il volto con il palmo della mano, mentre si allontanava dalla cella bestemmiando e maledicendolo.
Finalmente, il gioielliere fu lasciato solo.
Come diavolo ho fatto a farmi mandare qui? Potevo restarmene a casa con la mia famiglia e, invece, sono stato obbligato a trasferirmi in questa pessima città a chilometri e chilometri dal mio regno.

Si guardò attorno per capire se ci fosse un modo per fuggire ma l'unico modo sarebbero stato attraverso il cancello, non c'erano finestre, neppure una.
Guardò fuori dalla cella per capire se riuscisse a recuperare la chiave per uscire e fuggire.
Chissà, magari riuscirò anche a trovare quella mocciosa.
Vide una guardia che russava sonoramente seduta a qualche metro da lui, un tavolo su vi erano calici ora pieni ora vuoti. Poi cercò di controllare il muro della prigione, se la chiave fosse appesa lì.
Per un qualche colpo di fortuna, era effettivamente appesa su di un gancio. Il gioielliere sorrise divertito della stupidità di queste guardie.

Avrebbe solo dovuto trovare un modo per prenderla, ma come?
Ci ragionò a fondo e improvvisamente gli si accese la lampadina. Ad un metro e mezzo da lui stava una scopa, fortunatamente caduta, che poteva fare al caso suo. Con il manico poteva provare a prendere il mazzo di chiavi.
Calcolò che forse sarebbe riuscito ad arrivarci con la gamba se la avesse fatta passare attraverso la ringhiera.
Si aggrappò al cancello e fece passare la gamba che si bloccò all'altezza del ginocchio.
Sono troppo grasso. La coscia non passerà mai. pensò lui mordendosi il labbro inferiore per la fatica.
Tentò numerose volte di far passare la parte alta della gamba, ma ogni volta si stritolò di più la pelle. Il piede arrivava a mezzo metro dalla scopa, ma non riusciva a raggiungerla.
Ogni tanto lanciava uno sguardo alla guardia addormentata, ma concluse che nemmeno un colpo di cannone la avrebbe svegliata.

Si maledì per essersi lasciato andare nella sua alimentazione ed essere diventato praticamente un toro umano. Portò la gamba con difficoltà nuovamente all'interno della cella e se la massaggiò per il dolore.
Esaminò ancora la cella alla ricerca di qualcosa da usare.
Un attimo. Se spezzassi la sedia e tenessi solo i piedi e lo schienale, sono sicuro che ci arriverei senza problemi. Potrei trascinare fino a me la scopa.

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