Capitolo 4. Ombra.

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L'ombra che ti spaventa di più é quella del tuo stesso cuore.
Ness.

Ava.

Svegliarsi in un letto dove non ti svegliavi da tempo, é una sensazione strana.
I miei occhi erano rimasti piantati fissi sul tetto.
Eppure, in quel stesso letto mi ero svegliata molte volte per colpa sua.
L'unica cosa che mi abbracciava di lui erano dei petali scuri, ma adesso l'unica cosa che riscalda il mio letto e il mio stesso calore di un corpo che ancora non credevo che avesse la forza di riscaldarsi.
Non ho nemmeno la forza di alzarmi da questo letto neppure per bere un sorso d'acqua sul mio comodino.
O alzarmi per far scomparire la bottiglia di vino anch'essa ancora sul davanzale.
Mi volto verso la finestra, con qualche raggio che attraversa la persiana con le alette socchiuse, e i miei occhi si posano lievemente sulla bottiglia, la guarda per un lunghissimo minuto.
Ne ho davvero bevuto così tanto?
Com'era possibile che la bottiglia fosse completamente vuota?
Mi passo una mano sul viso, e cerco di sollevarmi un po', mettendomi seduta sul letto con le gambe incrociate.
E i miei occhi restano fissi su quella bottiglia ancora incerta.
Perché io non avrei mai bevuto tutto quel vino.
Mi alzo e la vado a prendere, l'afferro per il collo, e la nascondo dietro le spalle mentre apro la porta della mia stanza e guardo attenta se nel corridoio ci sia qualcuno.
Guardo prima a destra e poi a sinistra.
Non c'è nessuno. Credo sia una via libera no?
Chiudo alle mie spalle la porta e faccio dei passi incerti verso la scala che mi porta al piano di giù.
Silenziosamente scendo le scale, cercando di non far rumore, ma appena poso i piedi nell'ultimo gradino una voce mi fa voltare. <<co-cosa...?>> chiedo balbettando guardando Mirko con braccia conserte che mi scruta. <<hai fatto festa senza nemmeno invitarmi?>> mi domanda per la seconda volta con mezzo sorriso all'insù, e scende quattro gradini fin quando ne manca uno a dividerci. <<oh, no. Beh, io...>> cosa avrei dovuto dire? Che bevo per zittire la mia mente? O per far ubriacare i miei demoni? Lui ride e scuote il capo. Mentre io resto interdetta, e sgranando gli occhi quando afferra la bottiglia e me la strappa dalle mani. <<tranquilla, me la vedo io.>> mi fa un occhiolino prima di sorpassarmi ma lo blocco da un braccio. Si ferma voltandosi verso di me. <<non-non dire nulla a nessuno. Ti prego.>> lui annuisce e abbassa lo sguardo sulla mia mano che tiene il suo braccio. <<credo che dovresti lasciarmi andare adesso. Non credi?>> mi domanda ridendo. Io ritraggo la mano subito. E lui va via. Lasciandomi da sola sulle scale.

Tony oltre ad essere un uomo fantastico salvava anche vite.
Eppure nel suo sguardo cristallino c'era un'altro mondo, un passato dove non era stato poi tanto bravo a salvare qualcuno.
<<ragazzi allora io vado in ospedale, al mio rientro vi porto a cena fuori. Che ne dite?>> ci chiede Tony seduto a tavola con un toast fra le mani spalmato con la marmellata di fragole.
Mentre mia madre annuisce, e lo guarda dietro una tazza di caffè fumante.
Entrambi mi guardano, e mi fanno cenno di accomodarmi a tavola, ma una presenza dietro di me li distrae. <<Mirko. Accomodati pure.>> gli dice il padre, e lui senza fiatare mi sorpassa e si siede accanto a me. Così io faccio lo stesso.
Poso delicatamente le mani sulle mie gambe, e osservo due cornetti al centro della tavola.
Hanno un odore così buono, che senza fiatare ne afferro uno e lo porto alle mie labbra.
Tony si alza, ci regala un sorriso prima di dirigersi in corridoio per prendere le chiavi della sua auto e andare a lavoro.
Mentre la mamma gira la sedia verso di me e mi osserva. <<io adesso vado a trovare i nonni. Ti va di venire con me? >> mi domanda, attendo di terminare il mio cornetto ancora in bocca prima di parlare. <<credo che andrò a rimettermi a letto se per te non è un problema.>> mormoro un po' agitata dalla presenza di Mirko accanto a me, sento i suoi occhi fissi su di me.
Eppure ero abituata alle sue attenzioni, ma gli occhi di un bambino erano innocenti allo sguardo predatorio che ha adesso.
Anche in lui c'è qualcosa di oscuro che annebbia i suoi occhi, come nuvole di fumo in inferno.
<<andrò a trovarli presto. Te lo prometto.>> gli sorrido.
La mamma annuisce e si alza. <<allora li saluto anche per te.>> si posiziona dietro le mie spalle e mi abbraccia. Concedendomi un rapido bacio sulla testa. E una pacca sulla spalla di Mirko. Io continuo a disintegrare il mio cornetto, ma la crema che fuoriesce da esso mi incasina un po', altrettanto lo zucchero a velo. <<avevi proprio fame eh?>> mi volto verso Mirko, e lo trovo a guardarmi, i suoi occhi lentamente scendono sulle mie labbra e fa un piccolo sorriso.
Con un sopracciglio alzato mi chiedo cosa ci trovi da ridere. Ma con un dito si tocca il suo labbro. <<sei sporca. Proprio qui.>> continua ad indicare sul suo labbro. "Oddio. Lo zucchero a velo." Credo che sia diventata rossa, perché tra una risata e un'altra, si avvicina a me, e con un dito si avvicina alle mie labbra, sfiorandolo. <<ecco qua.>> alza lo sguardo, e i nostri occhi si incontrano. <<adesso....>> non termina di finire la frase, perché la governante fa accesso nella cucina, facendo indietreggiare a Mirko ed io che divento ancora più rossa dal viso, do l'ultimo morso al cornetto prima di alzarmi e andare in camera mia.
Chiudo la porta, e mi appoggio di schiena su di essa, con il petto che sale e scende.
"Mi chiedo cosa sia accaduto in cucina con Mirko."
Come risposta ottengo il nulla, perché non saprei decifrarlo nemmeno io. Il suo tocco non era più come quando ero bambina e ci facevamo il solletico a vicenda.
Lui non era più il bambino che conoscevo. C'era qualcosa della sua anima un po' diversa.
Faccio alcuni passi prima di sdraiarmi nel mio letto, e cerco di dormire un'altro pò.
Ma quando mi accorgo che il sonno ormai si è fatto strada verso il fallimento, mi alzo e vado al bagno, facendomi una doccia tiepida.
Quando sono pronta, mi guardo allo specchio, cercando un modo per sistemare i miei capelli che oggi sono un po' ribelli.
Li lego con un nastro azzurro, e faccio una coda di lato.
I ciuffi ricadono ai lati del mio viso.
Sulle occhiaie cerco di passare un po' di correttore per rimediare a tale danno.
Indosso un paio di jeans e una maglia che mi arriva ai fianchi bianca.
Esco dalla mia stanza, quando arrivo davanti la porta dell'uscita nell'appendiabiti prendo la mia borsa, gli infilo il cellulare, ma appena sono con la mano sulla maniglia, un calore dietro le mie spalle mi blocca.
<<dove stai andando? Mmmmh?>> non credo abbia voglia di voltarmi ed incontrare i suoi occhi. Resto come sono. <<non credo che siano fatti tuoi.>> mormoro a bassa voce. Sperando che in qualche modo non mi abbia sentito. <<avevi detto a tua madre che saresti rimasta in camera tua.>> mi volto e lo trovo con le braccia sui fianchi, con una canotta bianca che aderisce perfettamente sui suoi muscoli. Ogni tratto della sua pelle era abbronzata e non era occupata da nessun tatuaggio, non mi aspettavo che un tipo come lui, sul suo corpo non aveva un po' d'inchiostro, mi aspettavo di trovare un ragazzo diverso, ma non poi diverso da come l'ho trovato. Indossava un paio di pantaloncini grigi che gli fasciavano le gambe, e i suoi capelli anch'essi ribelli come i miei gli ricadevano sugli occhi.
Quegli occhi che mi scrutavano con attenzione.
<<non avevo voglia di restarmene rinchiusa. Ho deciso di fare un giro. >> distolgo lo sguardo dal suo. E le mie mani si fanno la guerra senza un attimo di tregua. Lo stesso fa il mio cuore con i battiti, che arrivano uno dopo l'altro, mentre il mio respiro resta nella gola e come una morsa stretta cerca di strangolarmi.
Una morte lenta e dolorosa.
<<se avevi voglia di uscire perché non andavi con tua madre? >> domanda alzando un sopracciglio all'insù, e con un sorriso attendeva una mia mossa falsa per castigarmi. Eppure a lui che importava di me? Di quello che faccio o non faccio? <<io....io, l'ho deciso dopo.>> balbetto.
<<Ava...>> mi richiama, i miei occhi risalgono sui suoi, la sua voce, quando nomina il mio nome é come se non fosse più un semplice nome. I miei ricordi erano ancora li, quando mi rincorreva e mi richiamava, mentre cercava di prendermi. Mi volto verso la finestra che da al giardino, era lì, dove poi era riuscito a prendermi, era lì, dove ero caduta e lui mi aveva medicato le ferite, era lì, dove avevo incontrato gli occhi del fantasma da quella finestra, proprio sopra la mia. Quella stanza che non avevo mai trovato il coraggio per raggiungerla, quella stanza dove nascondeva un ragazzo dagli occhi di ghiaccio.
Quel ragazzo che non ho mai visto il suo viso, ma che sapevo che aveva una bellezza disarmante da farti tremare le gambe e poi il cuore.
É per lui, se io adesso sono qui. É per quel fantasma che io ho raggiunto l'inferno, sotto quel lenzuolo bianco volevo vedere chi si nascondeva.
Capire se era davvero un mostro o era solo apparizione.
Quando penso di lui, dimentico di me stessa, si ferma il tempo, si blocca il cuore, si disintegra il respiro. Non esiste più nulla, ne Alessandro, ne la mia famiglia, né Roma ne Palermo. Dimentico pure la presenza di Mirko che mi sta parlando e non capisco cosa stia dicendo.
Mi volto e apro la porta, ma la sua mano all'improvviso si lega al mio braccio. <<hai capito cosa ti ho detto almeno? No, sai, perché avevi la testa da tutt'altra parte. È pericoloso girare da sola, sopratutto quando non sai le strade e puoi perderti.>> il suo sguardo mi guardava in cagnesco. "Aveva paura che io mi perdessi?" Un sorriso mi sfugge dalle labbra, e i suoi occhi cedono su di esso. Scuote il capo. <<vuoi che venga io con te?>> mi domanda, scostando la sua mano dal mio braccio. Io faccio spallucce. Cosa gli avrei dovuto dire? No, non ti voglio con me? Perché sai, in effetti era proprio una bugia.
Urla alla governate che stava per uscire, in modo da informarla, e chiude la porta dietro di se. Facendomi strada. <<auto? O a piedi?>> si ferma appena scende tutti i gradini, e indica un'auto parcheggiata sul viale, che credo sia la sua auto. Una BMW nera.

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