Capitolo 24. Ti ho sognato...era profondo.

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Brillava come diamanti, eppure dentro era fragile come il vetro crepato.
Ness.

Ombra.


Era brava a fotterti il cervello. Perché quando la vedevi passare i tuoi occhi restavano incantati su di essa. Sapeva di illusione. Come un sogno, dove i tuoi stessi occhi ti mentono. Tanta bellezza sapeva di mare, quella libertà che ti sprigiona. Ma sapevi, che anche il mare è in grado di ucciderti? Lei, come esso, ti inghiottiva, trascinandoti negli abissi, e poi, ti annegava. Perché era l'impossibilità. Tu, quelle come lei puoi solo guardarle, solo da lontano. Perché quelli come me, non si meritano l'oceano, ma il suo fondale.

I suoi occhi tremavano da dentro l'oscurità. Sapevo bene che cercava i miei ed io non potevo permettermi di mostraglieli. Avrebbe capito tutto. Avrebbe scoperto ogni cosa. Ed io, non posso.
Non posso.
Non ancora.
Non, adesso.
Era meglio vivere dentro il buio, che morire di luce. E se lei avrebbe scoperto chi c'era dietro quest'ombra, temevo che sarebbe fuggita.
Ero, pericolo.
Lei, era, la mia ossessione.
Era tutto, e niente.
Tutto per me.
Niente per soddisfare il mio tormentoso sentimento che mi divorava dentro fino a disintegrare tutto, e intossicarmi di lei fino a morire di overdose.
"Perché non posso toccarti come tu tocchi me?"
No piccola, perché finirei di soddisfare ogni mio desiderio, di trafiggerti sulla tua pelle aghi, e ci cucirei sopra il mio nome a sangue.
Catapultata sul tuo letto e farti scoprire ciò che soffoco dentro di me ogni volta che ti vedo, che ti tocco, che ti desidero come l'aria che riempie i miei polmoni.
E muoio, un po' di più. Perché tu i miei occhi non li vedrai mai.
Gli volto le spalle. Non possiamo stare così vicini. Perché lei desidera toccarmi. Scoprire ciò che vive in me e chi sono veramente, sotto questo telo di tela nera.
Non posso.
Lei é così piccola e ingenua, e si sa bene, che il lupo é violento, cattivo. E Cappuccetto, indifesa.
Non esiste fiaba dove il cattivo può amare la principessa.
Non esiste la principessa che desidera il lupo.
La sua mano sfiora la mia, e indugia un po' prima di staccarsi all'improvviso come se avesse preso corrente, e si sarebbe fatta scottare, pur di sentire quel tocco.
Elettricità mi sfiora e attacca in ogni strato della mia pelle, mentre vorrei solo intensificare ancora di più quel tocco e renderlo mio per sempre.
<<non. Toccarmi.>> lente, dolorose.
Avrei voluto farmi odiare così tanto da lei, da poterla tenere lontano da me. Stringerla e poi cacciarla. Amarla e poi scoparla. Abbracciarla e poi baciarla, divorarla. Saziarmi di lei fino ad essere sazio di donne per tutta la mia esistenza.
Ma più assaggiavo qualcosa di lei, più ne desideravo ardentemente il doppio.
Volevo di più, di più.
Ogni volta che ci trovavamo vicini, finiva che ci allontanavamo a vicenda.
Il suo respiro come una melodia dolce mi bacia i timpani mentre l'ascolto respirare.
Lei è qui. Insieme a me. Ma per quando lo sarà?
Perché in quella stanza infondo c'è quella del suo ragazzo. Dietro quella porta c'è la sua famiglia. È fuori da quella casa c'era la sua vita.
Ed io, per lei cosa sarei stato?
Forse era davvero così, sarei sempre stato un ombra nella sua vita. E solo quando avrebbe staccato la luce esso sarebbe scomparso nel nulla.
I miei sogni si spezzano. Deliri al posto di sorrisi.
<<tu sei mia. Ma mia per davvero non lo sarai mai.>> le sussurro a bassa voce, ancora dandogli le spalle. La sentivo vicino, ma non come volevo io.
Resta dietro di me, col suo respiro che si fa più pesante e si spezza. E la sento rabbrividire al solo pensiero di quei forti sentimenti che provo per lei le arrivano dritte al cuore come scosse di dolore.
<<tua?>> ed è lì che mi giro. Resto con lo sguardo chino, in modo che i nostri occhi non si incrocino mai. Ma i suoi erano lucentezza, come lampioni in lontananza, di notte affacciato ad un panorama.
Lei era le stelle che costellavano ogni notte passata a guardale, immaginando il suo sguardo sul mio, senza barriere.
Mi avvicino a lei, indietreggia.
Un altro passo avanti, e lei altri due indietro.
Mi vuole toccare e poi scappa.
Vuole giocare con il lupo, ma si spaventa che la distrugge, che la sbrana.
Vuole vivere in una fiaba, ma non desidera per davvero un principe azzurro.
Le sue spalle sono contro al muro di nuovo, ed io torreggio su di lei.
La mia mano sfiora la sua guancia, e delicata scende sul suo collo fragile e teso.
Lo avvolgo tutto rudemente, un ringhio scappa dalle mie labbra. << si piccola. Mia.>>
Le mie labbra le sfiorano la guancia, l'orecchio.
<<ma non sarò mai tua.>> lo dice come se fosse una cosa ovvia.
<<tu. Non vuoi essere mia?>> le lecco la guancia, e lei rabbrividisce.
Scuote il capo. <<n-non così.>>
Il mio respiro si scontra contro la sua pelle, mentre l'altra mia mano si posa sul muro, al lato della sua testa. I suoi capelli mi solleticano il naso, e mi riempie del suo intenso profumo di frutti di bosco.
<<e, come?>> la mia voce è rude, mentre graffia la sua pelle diafana.
Poi succede. All'improvviso qualcuno bussa alla porta. E il nome della mia bambina esce da labbra non mie.
<<Ava..?>> dall'altro lato della porta il suo "ragazzo" la chiama.
Lei sgrana gli occhi e mi spinge con la mano sul mio petto. Scuoto il capo.
Non mi sposto.
La porta continua a essere bussata.
Toc-toc...
<<Ava? Ci sei?>> lei in tutti i modi cerca di sfuggirmi. Crede davvero che io permetti di lasciarla andare?
Eppure...dovrei.
I fiori coltivati nella distruzione sono una cosa immaginabile.
Non posso...
Non posso...
Ma voglio...
<<ti prego>> mi supplica con voce tremante. <<lasciami andare...se ci scoprono...>>
<<cosa? Cosa se ci scoprono?>> la mia voce resta incline a lei. Cerco con tutto me stesso di restare calmo. Di non pensare che fuori quella stanza c'è il suo ragazzo che la cerca, che la ama, che la tocca. Bacia. Abbraccia. Anche fuori, alla luce del sole.
<<casino. >> conoscevo bene quella parola. Casino. Quello ero io. Non lei. Ma quel noi.
<<cazzo!>> un pugno mi sfugge fuori dal mio controllo. Si schianta sul muro, al lato della sua testa.
Lei si spaventa. E docili lacrime le fuggono dagli occhi color mare.
<<Ava! Che succede lì dentro?>> il ragazzo del cazzo continua a cercarla da dietro quella porta.
<<gli spacco la faccia. Rispondi>> le dico all'orecchio. <<rispondi>> gli ripeto lentamente.
Continua a piangere.
<<A-ale... va-va tutto bene.>> balbetta, la mia mano le sfiora la guancia.
<<brava bambina mia.>> le lecco il collo.
<<apri.>> Ale non si arrende. Gli dovrò spaccare quel bel visino che conserva?
<<digli di andarsene. Perché altrimenti gli apro io. E non sarebbe un bello spettacolo da vedere.>> trema sotto il mio tocco.
<<n-non posso. Sto andando a fare la doccia. Sono stanca ne parliamo d-domani. Ok?>> le mie labbra accarezzano la sua pelle.
<<sicura di star bene?>> non mi trattengo... non riesco. Non posso.
Mi scosto da lei e mi dirigo a passo svelto verso la porta, ma lei intuisce e mi afferra per il braccio, fermandomi. Mi sta toccando...
Guardo le sue mani strette a me.
Prenderà fuoco?
Si brucerà?
<<Si. Sono solo stanca.>> gli dice lei a lui.
Il mio sguardo resta sulla sua mano premuta sulla mia pelle.
<<ok amore. Buona notte.>> si arrende finalmente.
Amore...
Da dietro la porta si sentono i suoi passi che si allontanano. E restiamo io e lei di nuovo. Come sempre.
Io, e lei.
<<perché.>> la sua mano si stacca da me, un'altra lacrima mi cade sulla mia mano mentre le tocco una guancia con l'indice.
Delicatezza...
E lo porto alle mie labbra.
<<buona.>> gli sorrido.
<<vattene per favore.>> mi da le spalle e si dirige verso la finestra, e la apre. <<torna nel tuo inferno.>> non cedono le mie barriere, ma cede la mia mano che era restata in bilico alla sua pelle ormai troppo lontana per sentirne quel calore confortante.
<<perché non andarci insieme? >> l'inferno con lei sarebbe meno crudele per me, che vivo di buio e fiamme.
<<Ombra...>> si allontana dalla finestra. <<vai via.>>

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