Capitolo 13. Dentro di me.

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"Abbiamo smesso di cercare i mostri sotto il letto dopo che ci siamo resi conto che erano dentro di noi"
Ness.


Ava

Ci sono mostri che ti fanno più paura degli altri.
Quelli che si nascondono sotto al letto di notte, e altri che ti vengo a trovare anche di giorno, dove il sole brilla più del solito e la luna è offuscata nel cielo.
Si dovrebbe avere paura dei mostri?
O è solo una storia per far spaventare i cuori deboli?
Io me lo sono ritrovata la notte, quando sola, nel buio delle stelle spente, cercavo rifugio sotto le coperte.
Quando la mamma mi raccontava la fiaba, io me lo immaginavo lì. A cercare il suo amore come l'incantatore di sogni con Rosaline.
E poi come ad essa piacevano, dei petali di rose, me li lasciava sopra al letto, era caldo, se mi sarei potuta immaginare il suo fiato, erano grosse e morbide, se avrei potuto immaginare le sue mani.
Le sue labbra, rose vellutate.
Eppure, per un attimo avevo continuato a sperarci, quando il suo fiato si era posato su di me, o le sue mani, quando mi avevano sfiorata, o anche le sue labbra, ricoperte di crepe, per colpa del freddo.
Era lui il freddo.
E se potevo immaginare l'inverno, avrebbe avuto lui come vento, pioggia e temporale.
E per una volta, avrei potuto amare tutto ciò.
Che mi sarei fatta bagnare da quella pioggia tempestosa, magari avrei pure ballato.
Con le braccia aperte e lo sguardo verso il cielo, avrei riso, se solo la pioggia non sarebbe caduta sul mio viso, facendomi poi piangere.
Poi me lo sarei immaginato lì, che di sottecchi mi guardava e mi teneva d'occhio.
Si sarebbe avvicinato, e non solo avrebbe piovuto fuori, ma anche dentro di me, una tempesta forte, spericolata.
Avrebbe mosso il mio cuore come una bandiera pazza.
Una bandiera bianca.
Perché poi lui.
Mi avrebbe uccisa.

Dovevo andare a trovare i nonni. L'avevo promesso alla mamma.
E perché innanzitutto, non vedevo l'ora di vederli, da quando ho fatto rientro a Palermo, purtroppo mentalmente non ero pronta a farmi vedere così.
Debole.
Un po' più delle volte.
E conoscevo loro, solo a vedermi queste due occhiaie si sarebbe preoccupati tanto. E di preoccupazioni ne avevano già abbastanza.
Avrei avvisato la mamma, se solo l'avrei trovata a casa indaffarata a fare le faccende di casa, invece trovo solo la governate Anna, che dopo aver assistito alle mie urla "mamma dove sei?" Mi aveva detto che era uscita con Tony e che sarebbe tornata presto.
Di Mirko?
Nessuna traccia.
Così avviso Anna del mio improvviso cambio di rotta, ed esco.
Mentre percorro la strada, con un paio di cuffie alle orecchie, mi accorgo che oggi é una giornata un po' diversa delle altre, e non riesco a capire nemmeno io cosa la rende così.
Con una lieve melodia di Mozart a farmi compagnia, mi osservo un po' in giro.
Ricordo ancora la strada, no?
Fin ora credo di aver fatto tutto esatto.
Abitavano in una piccola casetta vicino al porto, il nonno lavorava come pescatore, la nonna si prendeva cura della casa.
Quando arrivo al porto, mi fermo un po' lì, ad ammirare il paesaggio tra oceano e il sole, lassù, a fargli da calore.
Il mare mi ha messo sempre un po' di immensità dentro la mia anima, molto probabilmente perché lui era immenso, ma nonostante tutto, trovava sempre la forza di emergere o abbracciare la riva, se essa sarebbe stata più gentile con lui....
Forse si sarebbero potuti amare.
O magari anche le rocce, che al posto di stare lì, facendo ingelosire il mare, avrebbero potuto volersi bene.
Però ho sempre pensato una cosa, che nonostante tutto, il mare, avrebbe trovato sempre la forza per ribellarsi.
E noi lo vedevamo, quando la pioggia si gettava a precipizio su di lui, esso la trattava come veniva trattato.
Ma aveva anche la forza di amare, di accogliere e custodire.
Che nella sua immensità si può trovare una rotta.
Mi volto, ed eccola, la casa dei nonni.
La nonna indaffarata a stendere i panni nel balcone, era ancora così bella, e con una forza sovrumana, a questa età io sono già stanca della vita, che se solo non sarei morta, non avrei nemmeno più respirato.
Mi blocco per un attimo, a fissare il mio riflesso sull'oceano, e mi chiedevo, se un po' tutti si vedevano come mi vedevo io.
Mille modi diversi, ma mai, come avrei sperato.
I miei capelli che per quando potessero essere belli e dorati, erano così arruffati e gonfi che avrei potuto far spaventare un gatto.
O le mie gambe, non sode, atlantiche e lunghe come quelle di Laura, le mie erano corte, robuste, e piene di cellulite fino ad abbracciare il mio sedere.
La cosa peggiore però, era ciò che tenevo dentro, un caos, delle paure, dei demoni, e chissà cos'altro ancora.
In lontananza intravedo la barca del nonno che si avvicina, ma la cosa che noto subito è qualcuno accanto a lui, e quando la vista si fa più nitida capisco che è un ragazzo.
Una chioma nera.
Una canotta bianca che stringe i suoi muscoli.
Dalle braccia e nel collo tanti tatuaggi lo costellano come una costellazione.
Quando si fermano, con un nodo preciso lega la barca, e si fanno da fare a mettere il pesce dalla rete a delle vaschette di poliestere.
Entrambi impegnati nel loro lavoro non notano me, ancora ferma distante da loro con ancora le cuffie ad alto volume alle orecchie.
Mentre la nonna sta in balcone con un sorriso sul volto dopo aver visto il marito.
Il nonno a sua volta la saluta con la mano, e da una pacca sulla spalla del ragazzo.
Quel ragazzo.
Che mi appare di aver già visto da qualche parte, e che non potrei mai, dimenticare.
Daniel.
Solo ora alza lo sguardo, e si incrocia con quello mio, e sul suo volto un sorriso beffardo giace.
Il sole sbatte lieve sulla sua pelle ambrata, e adombra i suoi occhi, che troppo distanti non riesco a notare bene la sua tonalità così diversa dal normale.
Mette un palmo della mano aperta sulla fronte per far ombra e rendere la sua visuale migliore.
Ma mi accorgo appena, che quando schiarisce ciò che ha davanti- cioè io- il suo sorriso scende giù.
Muore.
Quando mi accorgo che la nonna salutava pure me adesso, dal balcone con la mano mi faceva segno di andare da lei.
Allora mi faccio strada, e non appena arrivo davanti la porta. <<tesoro, spalanca la porta.>> mi dice il nonno con in mano tante vaschette, e successivamente, dopo esser entrato, si avvicina Daniel, con in mano molte più vaschette del nonno, per un attimo avevo notato il suo tentennare un po', al avvicinarsi un po' troppo a me, è troppo tardi quando mi supera mi accorgo quando io possa essere così patetica al solo pensiero di far sentire a disagio qualcuno, soprattutto a un tipo come lui, così, possiamo dire stravagante?
No, perché più che altro, dava l'impressione di un ragazzo pericoloso, proibito, e dannazione, attraente.
Ma ciò che mi mette più paura, é... posso guardarlo così? E se l'ombra, lo venisse a sapere...? Mi passo una mano sul volto e mi sento così sciocca al pensare ad una cosa del genere, quel ragazzo/ uomo che si nasconde sotto uno stupido cappuccio cosa cercherebbe di fare con la sua presenza nella mia vita?
Ha cercato chiaramente di farmi capire quando sia, attratto da me?
O vuole mostrarmi quando sia bravo a mettere terrore nelle anime di persone che già convivono con quel sentimento molto prima di capire cosa esso sia.
Ma di certo, di una cosa ne sono sicura, non ci sarà una prossima volta in cui lui mi starà così vicino, e che ieri prima di andare a letto, chiudo la finestra, e poi con la certezza che sia chiusa al 100% mi ero rialzata per ricontrollare.
Una volta non era così il solo pensiero di lui, mi faceva sentire parte di qualcosa, o forse, mi faceva sentire importante.
Ma da ieri, tutto è cambiato.
Lui, é cambiato.
O sono solo stata io ad immaginarmi ancora in una stupida favola, ed invece lui é sempre stato questo.
Il cattivo.
Quello che ferisce.
Quello che ti usa.
Quello che ti pretende.

<<che bello vederti tesoro. Come stai? >> mi domanda la nonna porgendomi una tazza di the al limone, il suo preferito. Mi ha fatto accomodare nel soggiorno dopo avermi stretta fra le sue braccia e baciata tutta, le ero mancata un sacco, e anche lei mi è mancata.
Tanto.
Il nonno é scomparso dopo aver posato delle vaschette nel garage, per il mercato.
Lo stesso Daniel, dopo avermi superata due volte, senza degnarmi più di uno sguardo.
E a chi importa?
Quel tipo mi è sembrato strano sin dal primo giorno, non dimenticherò lo sguardo torvo che ha dedicato a Mirko, e guardato noi, come esseri immortali comuni e lui l' immortale pericoloso e temuto.
Cretino!
<<sto bene nonna...a te ti vedo in forma.>> le sorrido da dietro la tazza che tengo fra le mani, lei si siede difronte a me, e sorseggia la sua tazza. Annuisce. <<sto bene piccola. Mi tengo indaffarata così penso poco. La mamma è venuta ieri. Era a casa? La vedo molto felice insieme a Tony...>> ne ingoia un'altro sorso e continua << mi sembra un brav'uomo.>> mi sorride dolcemente, io appena ho finito il mio the mi alzo e lo vado a mettere dentro il lavandino e lo inizio a lavare, <<si...é davvero gentile.>> le dico in un sussurro, ma una porta che si apre e richiude mi fa voltare verso il corridoio, e delle voci ci raggiungono.
La voce del nonno e un mormorio.
Poi fanno il loro ingresso nel soggiorno, il nonno viene da me mi passa un braccio lungo la vita e la stringe per avvicinarmi al suo abbraccio affettuoso, ed io con lo sguardo rivolto a Daniel che in questo esatto momento scuote il capo in senso di rinnego dopo che la nonna gli aveva detto se voleva anche lui una tazza di the. <<ogni volta che ti vedo, ti noto sempre più grande.>> mi guarda da capo a piedi il nonno con un sorriso raggiante sul volto. <<e bella. Molto bella.>> mi fa l'occhiolino. Io imbarazzata, mi nascondo dietro le mie braccia attorno al busto.
Poco dopo siamo tutti seduti a tavola, con la nonna che mi parla e ogni tanto mi volto con lo sguardo verso il nonno e Daniel che parlano fra di loro.
Non sentivo proprio niente.
Lavoro?
Molto probabile.
Non mi guardava, nemmeno uno sguardo.
Meglio così, teniamoci fuori dai casini.
Era poco distante da me, eppure sentivo il suo profumo arrivare a stendo a me, sudore e tabacco.
<<domenica venite a pranzo qui.>> mi dice la nonna, mentre si alza per andare un attimo al bagno. Ma un messaggio risuona nella stanza del mio telefono posato sul tavolo nel centro tra me e lui. Il nonno sorseggia il suo caffè, mentre l'arrivo del messaggio attira l'attenzione di Daniel.
Bah.
Lo prendo e controllo.
Era di Ale.

Amore. Come prosegue? Un paio di giorni e ti raggiungo.

Subito dopo ne arriva un'altro.

A presto. Ti amo <3







Scusatemi tanto se per questo capitolo c'ho impiegato più del dovuto, spero di farmi sentire al più presto con uno nuovo.
Che ne pensate? Della nostra cara ombra e della nostra Ava?
Spero di non avervi annoiati e che nel vostro cuore abbiate la voglia e la curiosità di entrare nel loro piccolo mondo.
Nel mio piccolo mondo.
A presto... miei cari lettori❤️
Ness.

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