Capitolo 20. Non avere paura.

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Perché continui ad amare il mostro, se nonostante tutto hai paura?
Ness.

Ava

*

Ti innamori sempre.
Ti innamori perdutamente.
Ti innamori, e basta.
Poi lui non si innamora mai, ti guarda, ma ti sorride. E chiedersi perché lo fa? Mentre tu ti distruggi e anneghi nella consapevolezza che lui é un oscurità di stelle spente.
Non illumina. A lui piace piace il buio.
Non piange. A lui piange bere le lacrime.
Non sorride. A lui non piace il rumore delle risate.
Non abbraccia. A lui non hanno mai dato un abbraccio.
Non bacia. Lui non ama l'effetto dell'amore.
Non bacia. Perché il bacio é amore. É affetto. É dimostrazione. Ma a lui, non piace dimostrare. Alla fin fine non sa amare. E chiede perché lo amo. Ed io, perché lo amo? Forse sono i suoi occhi? O saranno le sue cicatrici? Non ho chiesto il principe azzurro, ma un cavaliere, pieno di ferite e tagli del passato. Non sono brava a curare, ma gli posso assicurare che ci proverò. Col tempo, forse. Anche se a volte, il tempo, é nostro nemico.

*

Leggere con la mente disastrata non era poi tanto facile. Mentre nella mia lista dei pentimenti si aggiungevano sempre più azioni orribili, ma io mi impegnavo a cercare di migliorarli, essendo che poi non riuscivo ad evitarli.
E solo quando mi decisi a chiudere per una buona volta il libro e alzarmi dal letto, mi accorsi della sua presenza. <<cosa leggi?>> davanti lo stipite della porta con la schiena appoggiata su di esso e le braccia conserte sé ne stava Mirko con tutta la sua aura da angelo buono e indifeso. Chissà se gli angeli erano tutti così. Rotti. Ma non importa più di tanto, se continuavo ad essere attratta costantemente dal diavolo. Sbuffo. <<niente.>> ultimamente potevo dire che andavamo d'accordo, ma c'era qualcosa nei suoi occhi che mi turbava. I suoi occhi che sprigionavano protezione. Come se volesse proteggermi da qualcosa di invisibile ma, da cosa? Domandargli che fosse strano nei miei confronti era inutile, ma chiedergli perché non ritornasse quel piccolo bambino che penso costantemente e che mi manca molto. E che mentre muoio di solitudine sarebbe potuto venirmi a salvare come faceva spesso. Ma il suo sguardo è quello di un uomo che mi guarda con occhi diversi ma pieni di empatia. Dirgli che non sono più quella piccola bambina indifesa che restava sul prato la sera per ammirare le prime stelle che davano colore alla notte. <<uhmmm....ok>> disse, in seguito si avvicinò a me, io, che ero rimasta sul letto con le gambe incrociate e il libro fra le mani sfiorando la sua copertina colorata e liscia. <<ti avrei vista diversamente, ed invece, "orgoglio e pregiudizio". Mi deludi>> rise mentre si sedeva accanto a me e con le spalle chine posava i suoi gomiti sulle ginocchia, senza guardarmi. Emanava un buon profumo di bosco, qualcosa di ribelle e curioso. Ma non sarebbe stato mai nulla in confronto a quello di lui -ombra - che aveva il suo proibito anche nel suo profumo di tabacco. Chissà, che sapore avrebbero avuto le sue labbra. Ma ciò che odiavo di lui diventava come una calamita pronto ad attrarmi sempre. E quella notte ne fu una delle tante a darmi delusioni, ma ahimè, il cuore mi batteva sempre più forte, e le farfalle nello stomaco erano più pazze di lui stesso e di ogni suo desiderio. Come mettermi inginocchio e regalargli il peccato, ma fui certa in quel momento che io non ero quello, io non volevo essere solo un desiderio famelico da dover solo sfamare, ma volevo essere il suo desiderio eterno. Che venisse solo per me, e dal suo costante bisogno di vedermi come se fosse respirare. Indispensabile.
Faccio spallucce, dirgli che era il mio libro preferito era una bugia, perché non ero arrivata nemmeno a 10 pagine e già rimpiangevo la mia solita lettura di romanzi attuali. Non ero un tipo di ragazza che amava o preferiva duca/principi. Ma mi sono accorta che anche se avrei voluto ciò, lui non sarebbe mai stato quello, ne quello che avrei sognato da adesso a quando ero solo una bambina. Ma non avrei avuto paura di lui, nemmeno quando mi sarei trovata con una pistola puntata al capo dall'uomo che amo ( amo, che parolona...).
<<scusami se non sono stato molto presente>> disse all'improvviso. Il suo sguardo restò chino, senza degnarmi di uno sguardo. E adesso? Perché mi dice questo?
<<fa nulla.>> mi alzai dal letto posando il libro sulla scrivania. Lo guardai di sfuggita prima di appoggiarmi con le spalle al muro. Avevo bisogno di mettere distanza tra me e lui. Poco dopo alzò lo sguardo, i suoi occhi incontrarono i miei, e pure lui si alzò, venendomi incontro. Pochi centimetri ci dividevano, e quando alzò il braccio non poté farne a meno di sfiorarmi il braccio nudo. Il suo indice risaliva lento, e mi accorsi quando fosse in grado di essere bravo a cospargermi anch'esso di brividi. Gli avrei solo voluto dire "cosa fai?" o "non farlo". Quando la sua mano giunse sul mio collo, e disegnare piccoli cerchi delicati. <<Mirko....>> mormorai, appena un sussurro. L'abbia sentito? Perché in quel momento fu come se entrambi abbiamo preso scossa, un sussulto, scostò la mano, e mi guardò dall'alto. <<scusa...mi>> disse dandomi le spalle mentre scuoteva il capo, si passò una mano sul volto, fino a scostare i capelli dal viso, prima di scomparire e chiudere dietro di sé la porta della mia stanza, lasciandomi da sola contornata dal silenzio. Eppure, mi aveva fatto capire che sarebbe migliorato. Che ci avrebbe provato. Ma tutti sono bravi a lasciarmi sola mentre annego nei miei stessi dubbi. Mi lasciai cadere sul materasso del letto, con le braccia sopra la mia testa e la pancia all'insù, "non pensare, non pensare". Fu solo ciò che mi promisi. E la notte fu lunga, aspettando che l'ombra facesse ritorno, e fu troppo corta, perché alla fine mi addormentai. "Scusa, se non sono in grado di aspettarti per sempre". Mormorai prima di chiudere gli occhi.
Fu solo un gesto freddo, pieno di cicatrici, e sogni infranti. Non é stato lui, ma non è stato in grado di farmi sentire unica. In fin dei conti, avrebbe solo dovuto volare. Ma perché volare se lui la luna non la voleva? Perché alla fine si accontentava di guardare le stelle dal tetto della sua casa. Coperto di brividi, e il vento che gli sfiorò i ricordi. Che brutta ossessione, quella sua. Vivere per poi tornare a morire. Vivere. Morire. E poi quella volta mi guardò, mi disse che fossi una bambina che vuole la luna. Ma cosa ne farei se io l'avessi?

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