10 - 3.00

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Erano appena le 3:00 del mattino, quando un rumore improvviso mi fece spalancare gli occhi, mettendomi sull'attenti. Ero stanca, ma la musica mi impedii di ritornare a dormire. Era troppo forte, così forte da stonarmi, sembrava che stessero facendo una festa al piano di sotto, ma questa idea svanì presto... in quella famiglia, di festaiolo, sembrava esserci ben poco.

Provai a coprirmi la testa col cuscino, ma niente. Ogni tentativo finiva per fallire, allora pensai di fare la cosa più ovvia: controllare. Infilai la prima maglia gigante che trovai e mi avvicinai alla porta per sorvegliare la zona. Tenere a bada la mia curiosità, non era roba per me. Non lo era mai stato, anche da piccola succedeva lo stesso, tant'è che mia madre esordiva sempre dicendo le stesse parole: "Sei una peste. Dove vanno gli occhi, corrono le mani"... ed era vero.

«È chiusa a chiave» sussurrai, fra me e me. Provai ad aprirla più volte, come se così facendo potessi convincere la porta ad aprirsi per magia. Arresa, all'idea di non poterci riuscire, iniziai a frugare in giro e quella forcina sul comodino mi salvò letteralmente la vita. Riuscii ad evadere in meno di 10 minuti.
La fortuna di essere donna.

Ero scalza e la musica, passo dopo passo, sembrava sempre più prepotente. C'era un mucchio di gente, tutti giovani, belli e ubriachi. Non mi era mai capitato di vederne così tanti in questo stato... mi dava la nausea. Mi sbagliavo, sono finita in una casa di matti. Cercavo in ogni modo di non dare nell'occhio e di tanto in tanto ero costretta a farmi spazio tra ragazzi che si strusciavano l'uno su l'altra in modo viscido ed insaziabile. Avvampai di colpo, mi sentivo quasi una bambina alle prime armi con l'amore... perché quello era "amore", no?

Tirai un sospiro di sollievo alla vista di Nick. L'unico volto familiare. Era seduto sul divano e ai suoi piedi c'era la ragazza del giorno prima. La ricordavo bene. Fissai attentamente le sue mani che accarezzavano le cosce definite del ragazzo che voleva palesemente sedurre. Lui portò la nuca sullo schienale del divano, chiuse gli occhi e si lasciò coccolare... o almeno, questo era sicuramente nei suoi piani.

Nel mio c'era ben altro
e non ci misi molto per entrare in azione.
Se c'era qualcosa che amavo fare, era proprio mandare a puttane i piani degli altri, l'importante tanto era che la cosa non andasse ad intoppare i miei di piani, e questa volta non sarebbe potuto accadere. Non ci siamo lasciati nei migliori dei modi, e tanto meno ho intenzione di rimediare adesso.

Mi avvicinai a loro e mi sedetti proprio al suo fianco. Al fianco dell'uomo di ghiaccio. Il suo profumo mi si insinuò fin dentro le vene, lo amavo da matti. Restai un po' ad ammirarlo, era difficile non farlo... la perfezione fatta persona! Sarei stata un'ipocrita a non ammetterlo.

Accavallai le gambe con aria da presuntuosa ed afferrai il suo bicchiere. Buttai tutto giù, senza neanche pensarci due volte, ma una smorfia di disgusto mi si disegnò spontanea sul volto stanco.
«È orribile. Come fate a bere questa merda?» ringhiai, avvicinandomi al suo orecchio, per farmi sentire. Riconobbe subito la mia voce e sorrise, senza guardami e senza neanche smuoversi. Anche la ragazza, ancora inginocchiata sul pavimento, sembrò non darmi troppa importanza. Il che mi lasciò perplessa. Forse non aveva paura di me, o forse semplicemente era abituata a condividere Nick, qualsiasi fosse il motivo, non mi sarei di certo preoccupata io al posto suo. Non sapevo neanche chi fosse, ma fossi stata in lei sarei scappata via. Che poi... È lei che fa il cagnolino o lui che la tratta da cagnolino?

«Sei riuscita ad arrivare qui prima di quanto pensassi, principessa»

«Mi stavi aspettando?»

«Speravo che te la saresti data a gambe levate, in realtà» i suoi occhi finalmente puntarono nei miei, ma durò poco, perché li abbassò quasi subito alle mie cosce nude. Se questo da un lato mi rendeva rossa e piccola, dall'altro mi piaceva, da morire. Amavo l'idea di poter essere desiderata, mi faceva sentire donna, bella, amata... e il fatto di non poter/voler accontentare le loro strane voglie mi piaceva di più, era l'unica cosa che sentivo di poter controllare e non volevo perderla.

«Lo vorrei tanto» la mia voce venne spezzata da quella della sua amichetta.

«Nick, andiamo di lì... ti ho supplicato abbastanza, no?» mugugnò la ragazza, con occhi imploranti. Le posò una mano sulla nuca e le fece segno di alzarsi. La seguì a ruota e si lasciò afferrare per una mano. In fondo non era così freddo come cercava di far vedere... dopotutto aveva una ragazza. Ammesso che lo fosse.

«Non fare cazzate mentre non ci sono» mi disse, prima di trascinare la mora dietro una delle tante porte. Purtroppo non ebbi neanche il tempo di realizzare la situazione che un altro ragazzo, biondo, alto e maledettamente affascinante, prese il posto di Nick.

«Daniel, piacere. Tu devi essere Harley, giusto?»

«Sono io»

«Dicono che tu non sia una tipa facile con cui aver a che fare» perché sembrava eccitato a quell'idea? Era quasi disgustoso, cavolo.

«Chi è che mette in giro voci simili?»

«Si parla molto della sorella di Nick» buttò fuori con nonchalance, avvicinandomi un piattino pieno di patatine.

«Sorella?» scoppiai a ridere. Per la prima volta mi venne fuori una vera risata di gusto, ma durò relativamente poco. «Prima di parlare dovrebbero informarsi meglio...» detto ciò rifiutai la sua offerta, mi alzai e percorsi gli stessi passi di "mio fratello".

Fanculo Nick. Pensai. Avevo già troppi pezzi del puzzle da trovare e mettere insieme, non gli avrei permesso di aggiungerne degli altri.

"Out of control" - Gabriel Guevara FFDove le storie prendono vita. Scoprilo ora