La Dea Primordiale

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Guardammo il sole sorgere sul parco, la luce invaderelentamente ogni cosa, scacciare via il buio da ogni anfratto, insinuarsi tra le fronde degli alberi e svegliare i piccolianimali che le abitavano.

 La vicinanza di Uriel aveva saturato tutti i miei sensi e,per quanto cercassi di combattere contro questo bisognodi sentirlo vicino, dovevo ammettere con me stessa che solo lasciandomi cullare dal ritmo del suo cuore mi sentivoin pace. 

Gli avvenimenti che si erano susseguiti dal pomeriggiodel giorno precedente mi avevano scombussolata nel profondo. 

All'inizio, l'idea di uscire dalla villa per andare nella riserva degli Arcobaleno mi era sembrato un ottimomodo per trovare un modo di scappare da lì. 

Quando, durante il tragitto, avevo constatato che perchilometri c'erano solo alberi, erba e sassi, il cuore mi erasprofondato nel petto. 

Poi però ero entrata in contatto con la parte animale diAndera e vi ero scivolata dentro.La sensazione di completezza, benessere e forza cheavevo provato, mi avevano esaltata. Era come potersi connettere con la fonte di energia più potente del mondo epoterne attingere senza limiti. 

Inebriante. 

Ammetterlo mi spaventava, ma per la prima volta mi ero sentita completa e, nonostante tutto quello che comportava accettare quella parte di me, non ero sicura di essere disposta a rinunciarvi per tornare a essere quella diprima. 

Io e Uriel avevamo passato il resto della notte in silenzio, stretti, con le sue dita che mi accarezzavano il viso e icapelli. 

Era stato così intimo da spaventarmi e, adesso chela giornata avrebbe avuto inizio, non sapevo come avreifatto a guardarlo negli occhi. 

Con il buio è sempre tutto più semplice. 

Non sentivo il bisogno di dormire. Stare accanto a luiin forma animale mi aveva completamente ricaricata e misentivo bene.A un certo punto lo sentii sospirare, alzai la testa e loguardai perplessa. 

«Mia sorella sta per fare irruzione nella stanza», mi informò appena due secondi prima che la porta si aprissecon violenza. 

Stella apparve sulla soglia con le mani posate sui fianchi e un espressione di trionfo negli occhi.

 «Ah! Vi ho beccati», urlò puntandoci il dito contro. 

La guardai inarcando un sopracciglio, Uriel si mise aridacchiare facendomi vibrare la schiena.

 «Pensa che abbiamo passato la notte a rotolarci tra lelenzuola, e quando è entrata era convinta di beccarci nudisul letto». 

«Capisco», dissi semplicemente.

L'espressione di Stella era cambiata, ci guardava perplessa con le braccia incrociate davanti al petto e con unpiede che tamburellava il pavimento. 

«Così niente sesso?», chiese guardandoci delusa.

 «Niente sesso», rispose il fratello. 

«Chi vi capisce è bravo», sentenziò sparendo nel corridoio. 

Ridemmo e Uriel mi strinse a sé così forte da lasciarmisenza fiato. 

Mi staccai da lui e gli sorrisi.

 La luce che entrava dalla finestra gli illuminava il voltoserio e pensieroso. 

Lo guardai per fissarlo nella memoria, oggi sarei mortae uno dei ricordi che volevo portare con me nel caso nonmi fossi più risvegliata, era il suo viso. 

I capelli color delgrano avevano delle ciocche più chiare, biondissime, chescendevano morbide e lucide sulle spalle. Un invito ad accarezzarli, a tuffarvi le dita in mezzo, per respirarne l'odore.La fronte alta, gli occhi grandi e vibranti di emozioni, ilnaso dritto, la bocca carnosa e ben disegnata, la mascellaforte che mi faceva desiderare di posarvi le labbra per seguirne il contorno fino al collo, per farlo rabbrividire. 

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