Katy è una studentessa di medicina con un unico obiettivo: vincere le gare di nuoto e ottenere la borsa di studio.
Le sue giornate all'interno del College sono scandite da ritmi serrati: lezioni, studio e allenamenti, in un ciclo ordinato che si ri...
Jace mi fece strada per il corridoio, senza proferire parola. I suoi passi riecheggiavano nell'aria circostante, intrisa di disinfettante e silenzio.
Era visibilmente irritato, come se la mia fastidiosa presenza avesse scombinato i suoi piani perfetti.
Mi guidò fino alla postazione degli infermieri, dove una ragazza dai capelli rossi era intenta a scrivere al computer. I suoi polpastrelli si abbattevano febbrilmente sulla tastiera, a comporre una serie di parole contorte. Nomi di farmaci. «Buongiorno Steph»
Al suono della voce di Jace, la ragazza sollevò immediatamente lo sguardo, ricettiva. Un sorrisetto malizioso si disegnò sul suo volto.
Aveva gli occhi verdastri, di una tonalità tenue, armoniosa con la pelle chiara del volto. Il naso e le guance erano costernate da piccole lentiggini sferiche, del medesimo colore dei capelli.
«Jay, tesoro, buongiorno» ribatté.
Inarcai un sopracciglio. Tesoro?
Il tono mellifluo della sua voce mi generò una smorfia di disappunto, nel confronto schiacciante con l'atteggiamento che aveva riservato a me, quella stessa mattina.
Non appena arrivata in reparto, infatti, mi ero fermata davanti alla sua postazione, chiedendole informazioni su dove dovessi andare, e il suo tono era stato decisamente meno gentile. E sensuale.
Possibile che la sola presenza di un uomo fosse sufficiente a cambiare attitudine?
«Hai già medicato tu George?»
Jace si schiarì la voce, appoggiando il braccio sul bancone.
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Dall'altro lato Steph sgranò gli occhi, colta impreparata dalla domanda, e puntò lo sguardo sulla mano venosa di Jace, stretta al bordo in legno.
Tamburellava nervosamente i polpastrelli sulla superficie marrone, in attesa di una risposta; la luce dei neon, dal soffitto, rifletté su due anelli argentati, sottili, posti a decorare l'anulare e il medio.
Lo scintillio richiamò la sua attenzione e con un movimento fluido dell'altra mano li sfilò, lasciandoli ricadere nella tasca della sua casacca verde acqua.
Risollevò lo sguardo freddo, rivolgendole un'occhiata titubante.
«Il paziente del letto ventuno» precisò, inarcando un sopracciglio.
Era chiaro che Jace avesse colto l'evidente imbarazzo dell'infermiera. Strano, però, che avesse deciso di non infierire.
A quanto pare lo stronzo era immune alle reazioni altrui solo quando si trattava di mettere in difficoltà me.