Christmas

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I giorni passavano, in tutte le tv della città non si sentiva altro che di Zayn dietro le sbarre, e ogni volta che sentiva il suo nome accompagnato da quelle frasi spregievoli, Johanna si sentiva morire. Aveva lasciato la sua casa, non voleva mai più metterci piede dentro conoscendo ciò su cui era stata costruita a sua insaputa. Non poteva sopportare una cosa del genere ancora per molto, non era nelle sue capacità, per cui era tornata a vivere nella casa dei suoi genitori che avevano ancora la sua cameretta così come l'aveva lasciata. Robert e Christine cercavano di tenere la televisione sempre spenta per evitare che la figlia sentisse qualcosa, mentre Marcel non faceva altro che ripetere, seppur sottovoce, quanto Zayn non gli fosse mai sembrato sincero. Johanna si era raffreddata - il minimo a cui era andata incontro -, era sotto il piumone caldo della carica dei 101 della sua vecchia camera con il letto sommerso da montagne di fazzoletti usati. Non faceva altro che piangere, con un peso sullo stomaco che non l'abbandonava mai e con tutto quello che era successo che le sfilava sempre nella visuale. La notte sognava il momento in cui Zayn veniva portato via, però quando apriva gli occhi, il sogno continuava a passarle davanti, il cellulare che le vibrava costantemente per tutte le notifiche che le arrivavano.
Una volta le era capitato di andare in cucina proprio mentre in tv passavano l'articolo su Zayn, in cui apparivano foto che la coglievano nell'attimo della fuga e trasfigurata dal dolore e dalla tristezza inaudita.
Christine cercava di accudirla al meglio, come se Jo non fosse mai cresciuta e fosse rimasta la sua bambina, mentre la donna le accarezzava la testa lasciata scoperta dal piumone pesante. «Pensavo che la mia vita sarebbe stata perfetta» diceva sempre, con gli occhi velati di lacrime e il naso arrossato e chiuso.
Christine piangeva silenziosamente perchè ciò che era capitato alla figlia era tutto quello che una mamma non vorrebbe che accadesse mai, ma evidentemente doveva andare così, con Johanna che cresceva in grembo la bambina e il papà della piccola dietro le sbarre.
Circa una settimana dopo, la vigilia di Natale, Johanna si vestì di prima mattina e uscì di casa, prendendo l'autobus delle dieci. Aveva la sciarpa che le copriva metà faccia, il cappuccio alzato e il giubbotto di tre taglie più grandi che la faceva sembrare l'omino delle Micheline, ma non se ne fregava alcunchè. Mentre l'autobus sfrecciava per le vie inglesi, lei percorreva tutto il breve periodo che aveva passato dal suo matrimonio, fino al primo incontro di Louis e Liam. Quando l'aveva investito, non avrebbe mai potuto pensare che dietro quella faccia simpatica si nascondesse un ragazzo pazzo che, con l'amico, aveva cercato di rovinare la sua vita e quella di Zayn. Per non parlare di lui, poi. Ogni volta che immaginava il suo volto, scoppiava in mille lacrime perchè non poteva proprio sopportare il fatto che il ragazzo che aveva conosciuto dieci anni prima fosse dietro le sbarre per aver ucciso un ragazzo innocente. I genitori di quest'ultimo, nel momento in cui aveva saputo tutto quanto, persero tutte le speranze di poter riavere il loro figlio a casa, e si chiusero nel loro lutto, esigendo che qualunque cosa fosse rimasta del figlio venisse recuperata. Ciò, Johanna sapeva, avrebbe comportato la demolizione della sua abitazione, e gli avvocati le avevano dato tempo entro il mese successivo di sgombrarla per poterla fare cadere giù e cercare di recuperare qualcosa sotto tutto quel terreno. Nonostante il valore affettivo, demolire la casa l'avrebbe forse aiutata ad andare avanti, anche se trovare una via spianata dopo quello che era successo, era davvero fin troppo difficile.
L'autobus la lasciò proprio davanti al viottolo di breccioline, con le aiuole distrutte per i vari temporali che si erano abbattutti su Stratford in quei giorni e la porta di casa spalancata. Camminò piano, cercando di mettere da parte qualsiasi pensiero, poi quando entrò nell'abitazione, le sembrò che tutto le piombasse di nuovo addosso. C'era l'ombrello rosso ridotto a brandelli che rotolava per le correnti di vento che circolavano a causa delle finestre aperte, mentre Johanna si abbassava sotto il nastro giallo che indicava una zona sotto sequestro per vedere cosa fosse rimasto della sua vita precedentemente serena. Rimase lì tutta la mattina, seduta sul divano del salotto con le mani premute contro le ginocchia, il peso di un cuore spezzato che gravava più di qualsiasi dolore fisico. Alzò lo sguardo sull'albero di Natale interrotto e in stato di fermo, con le palline che ciondolavano un po' e i fili delle lucine fulminate ancora attorcigliati a terra. Rimase immobile e in silenzio, con il telefono che le vibrava in tasca, ma non aveva voglia di parlare con nessuno, voleva stare da sola, anche il giorno della vigilia di Natale. Abbassò lo sguardo sulla fede dorata all'anulare e se la sfilò, rigirandosela tra il pollice e l'indice. L'iscrizione incisa nella parte interna recava 'Zayn, 26 luglio 2014', il nome della persona che amava e il giorno più bello della sua vita che, stando alla rivelazione di Zayn, era anche il giorno di inizio della sua maledizione durata sei mesi e mezzo. Le si annebbiò la vista, mentre si rimetteva la fede al dito. «Avevi detto che ci saresti stato, per sempre..» bisbigliò, mentre tutta la casa era in silenzio, la città era come se fosse con il fiato sospeso, in attesa di vedere cosa sarebbe successo. Una piccola lacrima le scivolò lungo la guancia e il labbro iniziò a tremarle, poi venne colta da un impeto di rabbia e si scagliò sull'albero di Natale, strappandolo e gettendo a terra qualsiasi cosa lei e Zayn avessero appeso. «Me l'avevi promesso!» ripeteva sempre, mentre le mani si sfreggiavano per le palline di vetro che buttava a terra. Poi si avvicinò furiosa al mobile e guardò la foto che aveva visto Liam la prima volta che era andato da lei, quella in cui Johanna e Zayn erano ritratti vicino al mare con i capelli scompigliati dal vento forte che quel giorno tirava. «Avevi promesso che mi saresti stato sempre accanto!» urlò di fronte alla sua faccia sorridente, in cui dietro quel sorriso celava un segreto che nessun uomo sarebbe mai riusciuto a custodire per così tanto tempo. Sollevò la foto e la gettò a terra, facendo incrinare il vetro che la conteneva. La sciarpa si era sciolta e le penzolava da un lato, le guance rigate da calde lacrime; era pronta ad avventarsi contro un'altra foto, contro qualsiasi cosa, quando due braccia muscolose la trattennero, accogliendola tra di esse. Niall se la strinse forte al petto, mentre Johanna si lasciava trasportare da singhiozzi violenti che esigevano di essere sentiti. Niall le accarezzava la testa, con il mento appoggiato sulla sua chioma scura, entrambi goffi nei loro cappotti pesanti.
«Ci sono io qui» le sussurrò, accarezzandole i capelli neri increspati. Sotto l'arcata della porta di ingresso, Lucie piangeva e aveva una mano piegata contro la bocca per non farsi sentire, lo sguardo spostato da un'altra parte, mentre in sottofondo riecheggiava la sofferenza di Johanna e la disperazione per ciò che avrebbe dovuto subire da sola. Quello sarebbe stato il primo Natale che lei avrebbe dovuto passare con Zayn da sposati, ma quella bellissima sensazione accogliente non sarebbe mai entrata in loro, con quella tristezza che rendeva la giornata più bella dell'anno un incubo ad occhi aperti. Perchè a volte la realtà fa più paura dei sogni la notte.


Alla fine il Natale lo passò insieme a Lucie e Niall che non se la sentivano di lasciarla da sola, nonostante non fosse per niente un buon momento per festeggiare. Harry e Danny li raggiunsero a mezzanotte, portandosi dietro alcuni regali che avevano fatto, mentre Johanna non aveva comprato niente per nessuno. Non aveva proprio la voglia di festeggiare quell'anno, perchè fingere di stare bene quando tutto il suo mondo era crollato coma un castello di carte a causa di uno spostamento d'aria?
Harry si avvicinò a Johanna e la strinse in un abbraccio caloroso, rimanendo fermo in quella posizione per un tempo che parve infinito, Lucie e Niall si scambiarono un bacio prima di strappare i rispettivi regali. Erano tornati insieme, ma non se l'erano detto apertamente, era stato tutto molto naturale. Nel momento in cui Niall era arrivato da Dublino, Lucie si era fiondata tra le sue braccia, ed era come se non si fossero mai lasciati, ma allontanati temporaneamente.
Mentre strappavano le carte dei loro regali, non poterono non guardare verso Johanna che aveva gli occhi lucidi, ancora stretta tra le braccia di Harry. Il ragazzo poi si scostò piano, puntandole il suo sguardo verde addosso. «Non mi sento a mio agio augurandoti qualcosa in cui nemmeno tu credi più..» disse lui, mettendo un braccio dietro la schiena, facendo apparire come per magia un pacchetto incartato. «Però il Natale è sempre il Natale, e tu sei parte della nostra famiglia, nonostante quest'anno non ci sia nulla da festeggiare» poi le si avvicinò lasciandole un tenero bacio sulla guancia. «Fallo almeno per la tua bambina» disse appoggiando una mano sulla pancia gonfia.
«D'ora in avanti, tutto quello che farò, lo faccio per lei» ammise Johanna rigirandosi il pacchetto tra le mani. «Io però non ho niente per voi, e non potete capire quanto sia mortificata».
«Figurati. Un regalo è l'ultima cosa che pretendiamo da te».
Johanna gli sorrise e aprì il pacchetto, trovandovi al centro una bellissima collana di perle. «Non so come ringraziarti».
«Non farlo, è per te» disse Harry accarezzandole il braccio prima di tornare dagli altri. In sottofondo si sentirono dei rumori provenire dalla strada e Johanna andò ad aprire la finestra, alzando lo sguardo verso il cielo. Era mezzanotte precisa e il cielo era tempestato di fuochi d'artificio davvero bellissimi che riuscirono a strappare un sorriso anche alla ragazza che non aveva più alcun motivo per cui essere contenta. Tutti i ragazzi andarono accanto a lei e le appoggiarono le mani sulle spalle, assistendo a quello spettacolo pirotecnico davvero magico, mentre dall'altra parte della città, con le mani strette attorno a delle sbarre spesse di metallo, anche Zayn guardava il cielo e, chiudendo gli occhi, si lasciò andare ad un lieve sussurro: «Buon Natale, amore mio».

*****

I mesi passarono rapidi, Johanna lasciò la sua abitazione trasferendosi definitivamente dai suoi genitori. Si sarebbe rimessa a trovare una nuova casa, anche perchè vivere a scrocco dei suoi non le era mai piaciuto, però per il momento dovevano vivere sotto lo stesso tetto. Era il 10 aprile, la temperatura si era riscaldata notevolmente ed era davvero piacevole camminare per i parchi della città. Niall era tornato in Irlanda subito dopo il Capodanno e lui e Lucie avevano deciso di provare a portare avanti la relazione a distanza, anche se sarebbe stato davvero difficile. La pancia di Johanna era enorme, forse quanto quella di quella ragazza con cui aveva parlato dalla dottoressa Mary. A proposito, la ginecologa era davvero una donna splendida; nonostante sapesse ciò che era accaduto, fece finta di nulla e trattò Johanna come aveva sempre fatto quando era andata lì con Zayn, anche se gli sviluppi della piccola non avrebbe potuto vederli.
Quel giorno stava passeggiando con Lucie vicino al laghetto del parco, con gli uccellini che cinguettavano e la gente che passava accanto a loro. Johanna era entrata nel nono mese e si sentiva scoppiare, ogni 20 passi si doveva fermare perchè troppo affaticata. «Scusami, Lux».
«E' già un miracolo che tu mi abbia chiesto di uscire» le sorrise l'amica, sedendosi accanto su una panchina appena liberata da una coppia di anziani signori.
«Non è che stia passando un periodo molto rose e fiori da desiderare di uscire..» disse mentre chiudeva gli occhi e si lasciava cullare dal lieve torpore del sole primaverile.
«Lo so, infatti non ti ho detto nulla» disse l'altra mentre appoggiava una mano sulla pancia di Johanna. Quando sentì un calcio colpirle il palmo spalancò gli occhi, «Ehi! Finalmente la sento anche io!».
Johanna scoppiò a ridere, appoggiando a sua volta una mano sulla pancia. «Ora io convivo con il singhiozzo della piccola».
«Che tortura..» disse l'altra mentre un altro calcio le arrivava alla mano. «Allora, il nome della bambina? L'hai deciso vero?».
«Certo! E'-» però Johanna non riuscì a finire la frase, perchè si sentì le cosce bagnarsi e il busto irrigidirsi. «Oh cazzo».
Lucie si scostò e la guardò con tanto di occhi. «Non dirmi che è quello che penso».
Johanna si piegò in avanti nel momento in cui le arrivò una fitta disumana nel basso ventre, facendola gemere. Lucie iniziò a saltellare come una scema, poi Johanna le urlò furiosa contro: «Chiama una cazzo di ambulanza!».
Circa venti minuti dopo furono al pronto soccorso, con Danny che la guardava preoccupato e che chiamava subito Harry affinchè lo raggiungesse all'ospedale, mentre Lucie chiamava Christine e Robert, mandando solo un messaggio a Niall che purtroppo non avrebbe potuto essere lì. I dolori erano lancinanti e la mamma di Johanna entrava e usciva dalla sala travaglio in cui sua figlia era rimasta chiusa per ben 5 ore, con i dolori ormai insopportabili. Johanna stava prendendo seriamente in considerazione l'idea di poter morire, ma quando il dottore la informò che c'era lo spazio necessario affinchè la bambina uscisse, la situazione peggiorò ulteriormente. Quando venne portata in sala parto con le contrazioni fin troppo forti e insopportabili, tutti gli amici e i parenti rimasero fuori, mentre Johanna era da sola nella stanza, circondata solo da ostetriche e dal ginecologo che era in turno in quel momento. Mentre metteva alla luce la sua piccolina, solo un pensiero le balenò in mente, la sua mano vuota che sentiva la mancanza della stretta salda di quell'unica persona che avrebbe voluto avere al suo fianco in quel momento così importante, poi quando sentì la piccola piangere, si addormentò sorridendo, sfinita.

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Ciao gente, che bello parlare di Natale il 13 Giugno :))) ahahah
Ci vediamo all'epilogo ❤

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