2. the 𝘾𝙊𝙁𝙁𝙀𝙀 and the 𝙃𝙊𝙏 𝘾𝙊𝘾𝙊𝘼

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>Jungkook<




Quello non era un appuntamento. Non lo era.

Era un'uscita con un ricco CEO che guarda caso era anche il songwriter del mio artista preferito, non era un cazzo di appuntamento perché appuntamento avrebbe voluto dire sentimenti e di certo Kim Taehyung non provava sentimenti per me, io non provavo sentimenti per lui. Voleva scopare, ne ero certo, solo che voleva fare lo splendido, portarmi fuori per addolcirmi e poi sbattermi dentro la sua macchina. Chissà che auto aveva, immaginai di prenderglielo in bocca sul sedile anteriore di una Ferrari e sospirai emozionato.

Osservai i tre cambi che avevo organizzato sul mio letto. Non era un appuntamento e probabilmente lui avrebbe voluto spogliarmi qualsiasi cosa avessi indossato però io sentivo il bisogno di piacergli, di mostrarmi Jeon Jungkook e non Makki. Scossi la testa, autoconvincendomi che non era importante, che non dovevo per forza tirarmi a lucido per lui, era un cazzo di cliente come tanti altri. Anche se quella era la prima volta in assoluto che avevo accettato di uscire con uno di loro, la prima volta in quasi tre anni che lavorano all'Amygdala.

Mi sedetti sopra i vestiti e mi presi la testa tra le mani, grugnendo frustrato. Perché era così complicato? Perché mi interessava così tanto? Perché ero convinto che il mio outfit avrebbe inciso sul nostro appuntamento?

«Non è un appuntamento, Jungkook!» Gridai, tirando un pugno al materasso. La porta della mia camera si aprì all'istante ed io scossi la testa prima di voltarmi.

Mingyu se ne stava appoggiato allo stipite, teneva in mano una ciotola di latte e cereali, lo sentivo sgranocchiare anche se eravamo a qualche metro di distanza.

«Ti ho sentito gridare. Che succede?»

«Niente.» Mi alzai in piedi e cominciai a raccattare maglie e pantaloni allargati sul letto, cercando in tutti i modi di cancellare il motivo del mio crollo emotivo.

«Parlavi di un appuntamento?» Si portò il cucchiaio alla bocca e riprese a masticare. Erano le dieci di mattina e lui stava facendo colazione.

«No.» Lo ignorai.

Io ero tornato dal lavoro alle sei e un quarto, avevo provato a dormire e probabilmente un paio di ore mi ero anche assopito però alle nove mi ero ritrovato a fissare il soffitto e avevo deciso di alzarmi. Erano passati due giorni da quando avevo conosciuto Taehyung, due giorni dal suo primo messaggio e due giorni da quando ci eravamo messi d'accordo per vederci quel tardo pomeriggio per una cioccolata calda. E in quei due giorni mi aveva sempre scritto lui, si era fatto sentire per il buongiorno e la buonanotte, mi aveva chiesto se avessi pranzato e cenato, mi aveva augurato buon anno nuovo la notte di capodanno, mi aveva chiesto come stessi. Nessuno mi chiedeva mai come stessi. E il problema era che io non ero stato in grado di resistere, non appena avevo sentivo il mio telefono vibrare, avevo avuto questo recondito bisogno di leggere ciò che mi aveva scritto e rispondergli subito. Ecco perché ero terrorizzato, l'idea di uscire con lui mi stava provocando ansia.

«Kook.» Mingyu entrò in camera mia, appoggiò la sua colazione sulla mia scrivania e poi si avvicinò, strappandomi di mano un paio di pantaloni prima che io potessi lanciare anche quelli sotto al letto. «E questi jeans?» Abbassai lo sguardo colpevole.

«Non sono miei.» Erano jeans chiari stretti a sigaretta, mi fasciavano bene ed erano caldi e comodi. Avevano uno strappo sulla coscia e sotto una natica e per coprire in parte quei buchi dall'interno erano state cucite due toppe di calza a rete. Li avevo acquistati con l'intenzione di indossarli per corteggiare qualcuno di speciale. «Dammeli.» Provai a prenderli ma lui fece un paio di passi indietro. «Gyu, smettila.»

I want you to feel me | taekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora