L'inganno di Elwen

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Tutto questo accadeva mentre Erfëa era lontano per contrastare le forze di Sauron, in tali giorni di terrore e di incertezza, ahimè, spesso dimenticato. Tuttavia, sebbene egli fosse distante e notizie non gli pervenissero da Edhellond, un'ombra non tardò a invadergli il cuore, costringendolo a ritornare repentinamente nella città elfica, lì ove i suoi timori si rivelarono esatti. Appena giunto nel cortile del palazzo, senza badare al proprio cavallo o alle armi preziose che costui portava, egli si diresse a grandi passi verso la dimora di Elwen. Ivi la trovò che ricamava e gli parve che le fiamme del camino ridessero crudelmente, come se avessero una vita propria "Tale è il pensiero degli Eldar, dunque, che essi non si preoccupano neppure di ricevere i propri consorti? Una fitta ombra mi ha gelato il cuore e tuttavia vedo bene quali altri cuori il freddo abbia imprigionato nella sua fredda morsa". Fu solo allora che Elwen alzò il fiero capo, non già per scusarsi, ma per deriderlo apertamente: "Salve a te capitano dei Númenóreani! Dici bene quando affermi che il mio cuore è diventato gelido. Ma guarda! Forse che tale freddo non è figlio di una tua degenza? Di una colpa mai confessata? Palese ti sia ora, Erfëa, quanto dolore il tuo atto insulso abbia scatenato: freddo nel mio e nel tuo cuore. Non nutrire sterili speranze, che non vi sarà Primavera dei mortali in grado di riscaldarle". Tale fu la derisione e la sorpresa che, sulle prime, nulla Erfëa trovò da ribattere; ma fattosi forza rispose: "Colei che accusa un Uomo senza prove è una stolta o un'ingenua, e quale delle due tu sia io non saprei dire. Tuttavia ben mi avvedo quanto oculatamente tu abbia nascosto il mandante di tali accuse; ché la sua voce ora ascolto, e non già il tuo eco". Così dicendo, grande fu la furia che lo invase, e tutti i servi della casa si coprirono le orecchie con le mani, tanta era la potenza della voce. Tuttavia Elwen non batté ciglio, limitandosi a restituirgli l'anello della stirpe degli Hyarrostar, l'emblema della casata di Erfëa, accompagnando il gesto freddo con ancor più gelide parole: "Questa non è più la tua dimora, dunque allontanati in fretta!" Incollerito, ma impotente, Erfëa rimase in silenzio, livido per la collera, ché qualunque azione avesse compiuto, non gli avrebbe portato alcun giovamento in quel delicato frangente; allora, coperto il viso con il cappuccio del suo lungo mantello, egli si apprestò ad abbandonare quel luogo.

Era dunque sul punto di sellare la sua splendida cavalcatura, quand'ecco che una delle dame di Elwen, a nome Finduilas, gli si accostò turbata in viso, come se una grande paura covasse in lei. Ma Erfëa la tranquillizzò con dolci parole e poi le domandò se avesse nuove da consegnarli; dinanzi a tale domanda, l'Elfa, non più in grado di nascondere il suo disappunto e la sua preoccupazione, facendosi forza gli rispose tremante: "Mio signore, questa mattina, sire Morwin si è recato da dama Elwen. Non ho potuto ascoltare la loro conversazione, ma vi assicuro che questo non è stato il loro unico incontro e io temo per la vostra incolumità; avrei dovuto mandarvi un messaggero, tuttavia non conoscevo la meta del vostro peregrinare. Perdonatemi per quanto dirò, ma negli ultimi tempi il comportamento di dama Elwen è insolito".

Erfëa Morluin sorrise lievemente: "Sì, Finduilas, non sembra esservi una spiegazione apparente; tuttavia, ti prego di proteggere questa casa e le persone che in essa dimorano fino al mio ritorno. Sappi che in verità gravi sono gli avvenimenti di recente accaduti, e ben poco possono gli Uomini, se non esercitare un controllo continuo, a costo della loro stessa vita e di quanto hanno più caro".

Tali furono le parole pronunciate da Erfëa, e più Elfo di Edhellond lo vide per molto tempo, mentre Finduilas serbò nel suo cuore le ultime parole pronunciate dal Numenoreano prima della sua partenza, e mai vi fece cenno con la sua signora.

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