Aveva da poco terminato questa invocazione, quando il mare ruggì nuovamente, ed ecco, il sinuoso collo di Morluin apparve in tutta la sua grandezza; troppo a lungo aveva atteso ed ora la sua rabbia era cresciuta, simile a quella del fiume, quando rotti gli argini, semina morte nella verde campagna. Crudele il pensiero del Grande Verme, e agili le sue membra, ché molto aveva appreso della natura degli uomini e numerosi erano i suoi poteri; tuttavia alla vista di Erfea, piccola ombra sotto una luna inquieta, non poté trattenersi dal ridere, mentre pronunciava parole di scherno e di odio: "Salute a te guerriero Numenoreano! Codardi a tal punto sono diventati gli uomini di quest'isola, razza infime, da inviarmi come loro paladino, il più giovane fra quanti impugnano le armi! Non nego Numenoreano che grande è il piacere che provo nello scorgere la tua paura strisciare fuori dal tuo cuore per ghermirti; come un leone ghermisce la sua preda, quando questa crede di essere al sicuro nella sua tana, così io colpirò tutti voi!"
Così parlò, e le sue parole erano veleno per le orecchie degli stolti, che strisciarono via in fretta, lasciando Erfea silente, come l'aurora ad Oriente: ed ecco egli estrasse la sua spada e fu una luce nelle tenebre; tuttavia non l'alzò contro il Grande Verme, ma la tenne vicino a sé, al suo forte petto, come la rosa che l'amato stringe a sé per non abbandonare all'oblio i dolci pensieri che il suo cuore nutre.
Il drago prese nuovamente la parola: "Degenere figlio di una terra degenere, questa notte il tuo sangue marchierà le vesti di tua madre, che piangente, si chinerà sul tuo freddo corpo".
"Può essere - replicò Erfea, con il volto sereno, scolpito ad immagine degli antichi uomini che ora riposano nelle silenziose aule di Mandos - eppure il destino degli uomini è noto a Manwe e a lui soltanto, non ai servi di Morgoth. Dimmi dunque qual è il prezzo che gli uomini di Numenor devono per la vita di tuo figlio, e abbandona questi lidi".
Rise ancora Morluin, ché non gli parve vero che la sua preda gli si concedesse così facilmente: forte nel suo cuore diventò allora il suo orgoglio e il disprezzo per il giovane uomo, cui così si rivolse: "Meschina è dunque la razza dei mortali! Ora mi avvedo come loro misurino il loro coraggio, uccidendo chi già muore e annegando nel vino la loro codardia. Non già da un dio, ma da un bieco avvoltoio discende la vostra stirpe: sempre i vostri vili voleri vi conducono, pallidi fantasmi anelanti alla vita, nei luoghi immondi dove regna il fetore e gli unici suoni sono i lamenti dei morti, abbandonati al loro destino. No, figlio della morte rapace e codarda, mai il vostro sangue sarà così lindo da poter cancellare la macchia del vostro misfatto, compiuto dinanzi ai miei occhi dolenti. Non vi è gioiello in tutta Aman che potrebbe rendere nuovamente viva la luce degli occhi di mio figlio. Atroce sarà la mia vendetta e mai fin troppo severa: passeranno nove volte nove secoli, prima che desista dall'odiarvi. Va' dunque, figlio della meschinità e della crudeltà, va' a portare la triste notizia al tuo popolo".
Erfea, che tutto aveva ascoltato con molta attenzione, dopo aver ponderato, bene pensò di adoperare simili parole: "Tale è dunque il tuo discorso, che la stirpe dei secondogeniti dovrebbe ritenersi umiliata e derisa, eppure, ascolta" ed Erfea rise così limpidamente, che perfino il più pavido degli uomini si rincuorò, avendo ricevuto nuovo coraggio da quel gesto. E meraviglia! La notte fu rischiarata ed Earendil, la stella più amata dai Numenoreani e dagli Elfi, percorse il cielo a bordo della nave Vingilot, sulla brezza del vento dell'Occidente; limpidi divennero allora i cuori degli uomini ed essi levarono gli occhi al cielo in segno di giubilo. "Hai ascoltato, dunque verme di Morgoth? Sappi che le tue parole non hanno oscurato i miei occhi né riempito le mie orecchie di subdolo veleno. Razza di vili, hai detto! Ira e paura hanno in te parlato, ma io non temo né l'una, né l'altra. Le menti degli uomini non sono ancora ottenebrate e l'alba si appressa".
Furente allora lo guardò Morluin e mai nessun dragoodiò con tanta ferocia un mortale, fin dai tempi in cui Turin Turambar incontròe uccise il padre di tutti i draghi; rapida tuttavia l'ira si dileguò e Morluindiventò fredda, ché l'avvicinarsi dell'alba l'aveva placata ed ora attendevacome un serpente nella sua tana il malcapitato essere che vi sarebbe caduto:era ancora forte e l'odore del sangue la chiamava a sé.
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Il Ciclo del Marinaio
أدب الهواةQuesto ciclo di storie si ispira al mondo fantastico creato da J.R.R. Tolkien e include al suo interno una serie di racconti ambientati a Numenor e nella Terra di Mezzo durante la Seconda Era. Il protagonista principale maschile è un principe numeno...