Il ritorno di Erfea

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Elwen, tuttavia, non di rado rivolgeva il proprio pensiero all'errante, sebbene fosse sorpresa da tale comportamento, ché ella ancora amava Morwin e solo in seguito si sarebbe pentita del suo gesto. Sette lunghi anni trascorsero dalla dipartita del Dúnadan e molte notizie giunsero dal mondo esterno, tutte funeste. Sovente gli Elfi si imbarcavano sulle navi ancorate nel porto di Edhellond, e più non vi facevano ritorno, abbandonando la Terra di Mezzo e i suoi problemi, ché un nuovo potere si era levato, simile a un manto oscuro, e da levante invadeva Endor.

Draghi si risvegliavano nel Nord, Orchi e altre empie creature accorrevano numerose sotto lo stendardo di Sauron, ché egli riteneva fosse giunto il momento del confronto con i propri nemici; allora nove cavalieri giunsero da terre obliate e si accinsero a condurre in battaglia il potere dell'anello e del suo padrone. Oscure erano le loro stirpi e obliati i loro nomi, ché raramente essi rivolgevano parola ad altri che non fosse Sauron in persona; ma nei canti sopravvissuti a quella oscura epoca, molto si parla degli Úlairi, o schiavi dell'Anello, e dei loro molteplici e terribili poteri.

Immense e spaventose erano le arti magiche esercitate dai Nazgûl, ché traevano la loro forza da quella dell'Oscuro Signore; l'Anello posto al suo nero artiglio, muoveva infatti tutti i loro passi ed essi erano i suoi più fidi luogotenenti, nonché gli schiavi di gran lunga più potenti.

Grandi re e negromanti erano stati gli Spettri dell'Anello nella loro esistenza terrena ormai obliata, ed eterna la fama che si erano guadagnati in seguito alle loro guerre condotte contro gli Elfi o i popoli mortali. Si narra che fossero nove, come nove erano gli Anelli che il loro signore aveva diffuso tra gli Uomini; ché l'intento di Sauron era quello di distruggere la stirpe dei Secondogeniti, assoggettandola al suo volere, essendo codesta la più malleabile e influenzabile tra tutte. Fra i Nazgûl, massimo era il loro sire, noto con il nome di Signore degli Stregoni o Capitano Nero; tale era la sua forza e la sua perfidia, che sovente Sauron gli affidava missioni delicate e complesse. Númenóreano il Nazgûl era stato in vita e ora arma mortale nelle terribili grinfie di Sauron, ché egli era profondo conoscitore delle umane debolezze. Da tempo non guidava le truppe di Mordor nelle terre dei Popoli Liberi, e ciò accadeva a causa del timore che Sauron nutriva nei confronti di Galadriel, massima guardiana tra gli Eldar. Tuttavia, sebbene la Dama fosse potente, sovente era costretta ad allontanarsi dal bianco porto, lasciandolo così sguarnito, ché molti erano i popoli bisognosi della sua sapienza. Approfittando allora della latitanza di Galadriel, e di Erfëa Morluin, anch'egli noto a Sauron, e da questi massimamente temuto, ché lungimirante e nel pieno delle forze, l'Oscuro Signore ordinò al Capitano Nero di marciare contro Edhellond. Lesta fu dunque l'azione bellica, ché Sauron proprio sulla sorpresa puntava, ritenendo che nessun nemico sarebbe stato così possente da resistere a un attacco condotto dal Signore degli Stregoni in persona. E invero amara sarebbe stata la sorte del bianco porto, se Erfëa non avesse fatto la sua ricomparsa nell'ora più buia che la città avesse mai affrontato nel corso della sua millenaria esistenza. Il capitano dei Númenóreani, giunto innanzi al cancello, affrontò a singolare tenzone il suo mortale avversario, non temendo il suo lungo braccio, né la subdola magia: rapido e tuttavia crudele fu il duello, a tal punto che non fu mai dimenticato da coloro che vi assistettero, ed Erfëa, seppur mortale, riuscì nella sua impresa, costringendo il perfido capitano degli Spettri dell'Anello a fuggire a Mordor, essendo questi stato privato della sua forma visibile.


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