Note:
Attualmente in ascolto: " I Don't Want To Talk " Wallows
8 gennaio 1999
Draco
Draco passò un periodo di tempo particolarmente difficile.
Con l'inizio delle lezioni previsto solo per la settimana successiva, si sforzò di trovare un'occasione per rivedere Hermione, si sforzò e fallì. A causa del suo desiderio di mantenere la discrezione, non poteva certo aspettarla fuori dalla Torre di Grifondoro. In ogni caso, dopo la Strillettera, girare per i corridoi era diventato molto più insidioso. Se non fosse stato attento, si sarebbe trovato rapidamente circondato da un entourage di streghe dal momento in cui usciva dalla sala comune a quello in cui ritrovava il suo letto, una situazione che difficilmente si prestava alla furtività.
L'unico momento in cui poteva ragionevolmente vederla era all'ora dei pasti e, anche in quel caso, era ancora a mezza sala di distanza. Non potevano fare molto di più che scambiarsi sguardi accesi e accarezzare le posate. Anche se gli piaceva stuzzicarla da lontano, Draco pensava di meritare una medaglia per la sua moderazione. Non riusciva quasi più a passare davanti a un ripostiglio delle scope senza che gli venisse duro.
Aveva scelto il campo da Quidditch per alleviare l'ansia e i pensieri lascivi. Il sudore ricopriva ogni parte di pelle non coperta dalla sua umida divisa da Quidditch verde e argento, anche se da tempo aveva perso il suo posto nella squadra dei Serpeverde. Aveva già perso il conto del tempo trascorso in volo. Le cosce gli dolevano in modo soddisfacente mentre manipolava la scopa in un altro giro. Fin dall'infanzia, volare era stata una fonte di benessere per lui, a volte il suo unico conforto. L'aria frizzante, solo parzialmente schermata da un incantesimo riscaldante, gli garantiva lucidità, mentre lo sforzo teneva a bada i pensieri oscuri. Era un senso di pace, di libertà, in realtà. Ma mai una soluzione perfetta. Anche adesso, la stretta al petto lo attanagliava più di quanto avrebbe voluto.
Mentre girava intorno al campo sempre più in alto, temeva di aver solo sognato ciò che era accaduto la notte di Capodanno. Dopotutto, era stata in gran parte una notte deludente passata a soddisfare una folla di donne palesemente opportuniste, combattendo un senso di apprensione ogni volta che guardava Hermione e temeva che lei si stesse divertendo di più senza di lui, temendo che la loro avventura durante le vacanze fosse stata solo un colpo di fortuna. La stretta al petto era stata quasi insopportabile, ma aveva comunque indugiato, sperando che lei si avvicinasse, sperando che lui stesso avrebbe trovato il coraggio di farlo.
Era stato sul punto di arrendersi quando l'aveva vista uscire dalla Sala, con i riccioli sciolti che le ondeggiavano sulla schiena scoperta. Indossava un abito che sicuramente gli dei avevano progettato per distruggerlo. A quel punto, era stato uno scontro di volontà: aveva cercato di dirsi di restare indietro, aveva cercato di dirsi che lei stessa lo avrebbe cercato se fosse stata interessata. Alla fine, era stata una decisione avventata quella di seguirla, seguita dalla decisione avventata di baciarla. In realtà tutto in quell'armadio era stato avventato, ma cosa avrebbe dovuto fare esattamente quando lei stava praticamente facendo le fusa tra le sue braccia, gocciolando per lui, tendendosi perfettamente intorno alle sue dita?
Scacciò via il pensiero. Era già abbastanza frustrato senza che i ricordi lo trascinassero indietro.
Inoltre, la prima Veglia del secondo trimestre sarebbe stata tra poche ore; l'avrebbe vista a breve.
Si rese conto di aver vagato un po' troppo in alto, ora quasi circondato da nuvole di neve. Così guidò la scopa verso il basso.
Nonostante l'eccitazione, le sue aspettative per la serata erano un po' confuse. Quel giorno, a colazione, la McGonagall aveva annunciato che ci sarebbero state delle conseguenze per la quasi rissa dello scorso trimestre. Gli studenti erano stati invitati ad arrivare in orario per ascoltare la loro punizione; doveva aver scoperto la tendenza degli studenti più grandi a saltare la parte riverente della serata a favore della dissolutezza che ne seguiva.
Eppure, circostanze misteriose o meno, Hermione sarebbe stata lì, e Draco avrebbe sopportato ben di peggio per avere la possibilità di assaggiarla di nuovo.
Superando la coltre di nubi, fu sorpreso di trovare una piccola figura in piedi sul campo, rannicchiata in spessi abiti invernali che la rendevano non meno distinguibile e che lo riempirono di un non piccolo senso di terrore.
Pansy.
Accigliato, i suoi piedi incontrarono il terreno e lui camminò sulla neve verso di lei, scostando dagli occhi i capelli umidi e intrisi di sudore. Lei sogghignò, con voce alta e crudele. "Stai dando spettacolo per il tuo fan club, vero?"
Forse notando la sua confusione, la testa di lei si diresse verso gli spalti e lui si voltò, trovando un gruppo di streghe che sfidavano il freddo e che strillavano quando lui guardò verso di loro. La rabbia gli si insinuò nelle viscere e, quando si voltò verso Pansy, aveva il ghiaccio nelle vene. "Non so di cosa tu stia parlando".
Lei deglutì, con una strana espressione che le attraversava i lineamenti. Senso di colpa? Si schiarì la gola, lisciandosi la veste che non aveva bisogno di essere lisciata. "Non importa. Mi dispiace", disse prima che Draco potesse sbattere le palpebre. "Non so perché l'ho detto".
Avendo perso la pazienza per l'aggressività passiva, girò sui tacchi, pronto a dirigersi verso gli spogliatoi. "Se sei venuta fin qui solo per fare piccoli commenti sprezzanti, hai sprecato..."
"Aspetta!", disse lei, allungando una mano per afferrargli l'avambraccio.
Lui si fermò, turbato dall'improvviso contatto indesiderato.
Lo sguardo di lei si spostò sulla mano e lo lasciò rapidamente, con lo stesso sguardo di colpa stampato sui lineamenti. "Possiamo... parlare?", chiese. Quando lui non rispose immediatamente, lei aggiunse: "Vorrei scusarmi".
Lui la fissò intensamente e, a suo merito, lei non si tirò indietro. Dopo un attimo, sospirò e fece un cenno con la testa verso l'uscita del campo. "Non qui", grugnì e la condusse attraverso la neve fino agli spogliatoi, ignorando le facce avvilite del suo cosiddetto fan club.
Una volta entrati nella stanza vuota e piastrellata, Draco iniziò a togliersi gli strati più esterni dei vestiti, ammucchiando tutto nell'armadietto con ancora la scritta D. Malfoy.
Pansy lo osservò in silenzio finché lui non si voltò verso di lei, spogliato con solo i pantaloncini. Incrociò le braccia. "Hai detto che volevi scusarti", cominciò. Lei sembrò sobbalzare, ora che lui si rivolgeva direttamente a lei. "Cosa rende questo diverso dalle altre volte? Perché dovrei crederci?"
Lei si strofinò nervosamente le braccia e fece un cauto passo avanti, stando attenta a non toccarlo questa volta. I suoi occhi erano un po' acquosi, il suo tono morbido. "Perché te lo sto chiedendo".
Fece un respiro profondo, la sfiducia si posò su di lui come una coperta. Aveva pianto. Il trucco faceva un discreto lavoro di copertura, ma lui la conosceva. Probabilmente era il motivo per cui lo aveva evitato, cercando di rafforzare la sua maschera. Ma lui ormai era molto bravo a vedere oltre. Una lezione imparata con fatica.
Scrutò le sue emozioni, cercando di farsi un'idea di ciò che provava nei confronti della donna che aveva davanti, la sua amica d'infanzia, il suo... ex. Affetto? Impegno? Sembrava indulgente ora, persino morbida, ma gli sbalzi d'umore di Pansy erano imprevedibili. Aveva una comprovata esperienza nel fraintenderlo quasi intenzionalmente, eppure...
Era la stessa donna che lo aveva portato in infermeria quando si era rotto il braccio, la stessa donna che gli aveva coperto le spalle in ogni orrore che aveva orchestrato, la prima persona al di fuori della sua famiglia incasinata a mostrargli amore. Non era perfetta, ma sarebbe stato un ipocrita a fingere che lui non le fosse legato.
Da qualche parte in tutto questo, supponeva di aver deciso di ascoltare, ed era come se le sue parole fossero un legame tra loro. Quando lei si abbassò su una panchina, lui si ritrovò accanto a lei, anche se ancora diffidente e nervoso.
Lasciò che fosse lei a parlare per prima. "Non volevo essere brusca prima. Ho solo sentito... delle voci sulle ragazze e mi hanno turbato".
"Non sono interessato a un fan club", disse lui, usando le parole di lei.
"Lo so. Ti conosco. Non è gelosia in quel senso. È più un'invidia per il fatto che loro possono passare del tempo con te mentre io non posso". Trasse un respiro profondo. "So che non è esattamente giusto, ma..." deglutì "... ti voglio nella mia vita, Draco".
Lui la fissò a lungo. I suoi capelli scuri incorniciavano il suo viso perfettamente truccato. L'accostamento tra un aspetto curato e una morbida vulnerabilità era così tipico di Pansy, una tempesta al guinzaglio, il caos in un vaso. Parlò con dolcezza. "Non volevo tagliarti fuori dalla mia vita, Pans. Solo che non posso continuare a fare la stessa conversazione".
Lei annuì. "Questo lo so. Credo... credo di non averti capito davvero nel primo trimestre. Io non sono come te; non posso eliminare i miei genitori, loro sono..." si interruppe, con lo sguardo un po' annebbiato. "Non importa cosa sono. Mi sento un po' come se fossi divisa a metà, credo, come sentire parlare di tutte le cose orribili che il Signore Oscuro ha fatto e di come la mia famiglia lo ha sostenuto, e pensare solo... come abbiamo potuto? Era come se ignorassimo volontariamente le cose orribili. Quindi, capisco perché la società ci odia ora". Tirò su col naso. "E so che non è una scusa, ma io... non sapevo come fare. Non mi piace affatto".
Si interruppe, guardandosi le mani che teneva svogliatamente in grembo. Le parole successive suonarono forzate. "Non riesco... a conciliare il fatto che a volte non importa se ho cambiato idea o meno, perché non l'ho fatto abbastanza presto. Mi sembra ingiusto. Voglio dire, stavo solo eseguendo degli ordini. Non so come gestire il fatto di essere vista come una cattiva per aver scelto la sicurezza e la comodità piuttosto che la ribellione e la sofferenza. Quindi, a volte è più facile odiarli per non aver capito". Emise un respiro incerto. "Immagino di aver pensato che tu provassi lo stesso".
Lui sbatté le palpebre, non sapendo perché avesse aspettato fino a quel momento per essere così schietta. D'altra parte, non era uno che si dilettava di comunicazione. Sospirò, passandosi una mano tra i capelli. "Non è che non mi senta così, a volte. C'è una sorta di ingiustizia in tutto questo, credo. I bambini costretti a combattere le battaglie dei loro antenati e tutto il resto..." Abbassò lo sguardo. "Per me è molto più facile lasciarmi alle spalle quelle battaglie".
"E tu ti lascerai alle spalle anche me?"
Lui alzò di nuovo lo sguardo su di lei. La sua voce era quasi esile, sembrava una bambina persa nella tempesta. Lui sospirò e distolse lo sguardo da lei, allungando la mano per afferrare la sua. Era fredda e ossuta. La strinse leggermente. "No, Pans. Non lo farò".
Un milione di cose sembrarono scorrere nei suoi occhi: gioia, contentezza, confusione, stanchezza. Alla fine, un piccolo sorriso le sfiorò le labbra. "Puoi restare con me stanotte?"
Lui chiuse gli occhi, il suo cuore sprofondò.
Lei continuò: "Non intendo in senso romantico. Vorrei solo parlare. Forse puoi aiutarmi a capire come mandare a quel paese i miei genitori, a dimostrare loro che posso prendere le mie decisioni, a farli smettere..." Si infilò una ciocca di capelli setosi dietro l'orecchio. "Ho davvero bisogno di un amico in questo momento".
Le parole di lei si posarono su di lui come un'imbracatura, il dovere si strinse intorno al suo petto. Egoisticamente voleva dire di no, rifiutare e andare comunque da Hermione. Voleva tutto lo spettacolo della cosa, passare troppo tempo in bagno a prepararsi mentre Theo lo prendeva in giro, dimenticare se stesso alla luce inebriante delle candele, fingere di essere una brava persona per un po'.
Tuttavia, guardando Pansy, i suoi occhi così speranzosi e tristi, le sue parole di promessa ancora sospese tra loro, sapeva che non poteva lasciarla. Abbandonarla sarebbe stata un'altra promessa non mantenuta, una via d'uscita da codardo, e non aveva deciso di non farlo più?
Sospirò e con la mano ancora chiusa intorno alla sua le diede una stretta di conforto. Lei sembrò rilassarsi e gli rivolse un sorriso riconoscente, ma Draco non riuscì a incontrare il suo sguardo. Si vestì in silenzio e tornarono al castello, con la neve che scricchiolava sotto gli stivali e la sensazione di libertà che sapeva provato volando, ormai svanita da tempo.
Era questo ciò che serviva per essere una brava persona? Più abnegazione? Considerò le inevitabili conseguenze di questa riconciliazione, l'effetto a catena sui suoi amici, l'effetto a catena su Hermione. Cosa avrebbero pensato quando non si fosse presentato alla Veglia? All'improvviso si sentì sciocco per aver pensato di aver trovato una strada più facile. Nulla nella sua vita sarebbe stato più bianco o nero, solo più sfumature di grigio. Il suo cuore era pesante mentre si addentravano nelle viscere del castello, sempre più in profondità nei sotterranei.
Negli angoli della sua mente continuavano ad affiorare pensieri di occhi d'ambra indagatori, feriti e confusi dalla sua dubbia lealtà. Lo seguirono per il resto della serata, mentre la sala comune dei Serpeverde si svuotava e il sole scivolava sotto il Lago Nero. Aleggiavano mentre ascoltava i lamenti di Pansy e poi quando si scusava per andare a letto, senza mai intromettersi veramente, ma sempre lì, appena fuori portata, a riposare, dormienti.
In attesa.
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REVERLY (traduzione)
FanfictionDopo la fine della guerra, Hogwarts istituì una nuova tradizione: veglie settimanali per promuovere l'unità e onorare i caduti. Il corpo studentesco... non condivideva la stessa riverenza. Gli insegnanti le chiamavano Veglie della Memoria. Gli stude...