CAPITOLO 54

4 0 0
                                    

54

Bonnet rotolò di fianco al corpo di Hans, respirando affannosamente. Il coltello lo aveva lasciato conficcato nel corpo dell'uomo che adesso giaceva immobile in mezzo a una grossa chiazza di sangue.

La gamba gli faceva male, e anche tutti i muscoli delle braccia, ma non poteva perdere tempo. Doveva far detonare le cariche in modo da localizzare l'entrata del tunnel e scendere sottoterra. Forse era troppo tardi per i suoi amici, o forse no. In ogni caso doveva provarci.

Si spostò quindi un po' più lontano dal corpo verso il luogo in cui si era fermato la prima volta, poco prima che gli sparassero e si mise in ginocchio. Una smorfia di dolore si dipinse sul suo volto e la ferita gli bruciò. Non ci fece caso. Doveva ritrovare il cellulare. Gli era caduto quando era stato colpito, ma non doveva essere molto lontano da lì.

Con le mani tastò quindi il terreno muovendosi in cerchio intorno al luogo della colluttazione e dopo cinque minuti ebbe fortuna. Lo afferrò e stava per effettuare la chiamata che avrebbe mandato il segnale al chip installato sul C4, quando un rumore di passi a poca distanza lo fece desistere.

Alzò lo sguardo e vide una luce fendere il terreno nella sua direzione. Poi udì distintamente alcune voci parlottare in tedesco.

Doveva allontanarsi da lì.

Si voltò indietro e si mosse verso gli alberi, camminando basso e il più veloce possibile almeno per quanto glielo permettesse la gamba ferita. Trovò rifugio dietro un grosso tronco proprio nell'attimo in cui tre persone si fermarono accanto al corpo.

Si mise a sedere, con il fiato corto e una leggera striata di sudore sulla fronte.

Per un pelo.

Poi si voltò e cercò di fendere l'oscurità per capire cosa stesse succedendo.

***

Karl Wagner aveva seguito la traccia GPS del cellulare di Hans. Non aveva voluto chiamarlo per paura di far saltare la sua copertura, ma tutto si sarebbe aspettato tranne che di vederlo immobile in una pozza di sangue con un coltello piantato nella pancia.

«Controllate il perimetro del palazzo» ordinò a bassa voce ai suoi due uomini senza perdere la calma. «Poi riferitemi.»

Una volta solo si inginocchiò accanto al corpo e scosse la testa. Un altro Cavaliere morto per la causa. Strinse i pugni, poi senza perdere altro tempo gli sfilò l'anello dal dito e se lo mise in tasca.

Nel fare quel gesto però la mano del ragazzo si mosse impercettibilmente. Karl si avvicinò allora al volto appoggiando l'orecchio a qualche centimetro dalla sua bocca, giusto per sincerarsi che non fosse stato uno spasmo involontario. Un flebile respiro gli fece invece capire che Hans era ancora vivo. Lo scosse leggermente e lui socchiuse gli occhi. Non sapeva quanto tempo ancora avrebbe resistito per cui si affrettò a dire. «Hans.»

Lui lo fissò con sguardo semi vitreo, immobile.

«Hans» ripeté Karl nella speranza che potesse udirlo.

Il ragazzo non si mosse e lui si stava per rialzarsi quando una flebile voce, simile a un soffio uscì da quelle labbra violacee.

«Il ... tun ... nel ..»

Lui si fece più vicino.

«Il ... tu ..nnell. Bos.. co ... die.. tro ..» un colpo di tosse gli bloccò le parole e un grumo di sangue gli uscì dalla bocca.

«Ti ascolto, Hans, va' avanti» fece Karl impaziente.

«... il palaz .. zo. Esplo .. si.. vo. Loro... son.. o.. sott.. mort...» ma non riuscì a finire la frase. Uno spasmo violento lo fece tremare, gli occhi gli si chiusero e smise di respirare.

Karl si rialzò.

Provava una rabbia profonda per quella morte. Hans sarebbe stato un ottimo Cavaliere e lui aveva confidato molto nella sua giovane e impetuosa età. La Horus avrebbe pagato anche per questo.

Strinse i pugni cercando di ritrovare la calma. Non doveva lasciarsi distrarre, da nulla. Fece un bel respiro e ripensò alle ultime parole del ragazzo e questa volta un sorriso gli increspò le labbra.

Hans dopotutto aveva fatto davvero un ottimo lavoro. Da quello che aveva intuito non solo era riuscito a far detonare le cariche esplosive seppellendo la Horus fra le macerie, ma gli aveva anche fornito la posizione del tunnel per entrare nei sotterranei.

Con ogni probabilità aveva avuto la sua stessa intuizione anche lui. Se infatti il compito del Corvo era stato quello di occultare le casse nei cunicoli era più che logico che per farlo avrebbe dovuto servirsi di un passaggio, per di più largo abbastanza da far transitare dei camion. Sarebbe stato impensabile portare tutto a mano.

Lui aveva pensato di cercarlo una volta sul posto in modo da sfruttarlo per entrare di soppiatto sotto il palazzo, ma evidentemente Hans lo aveva preceduto. Adesso sapeva con certezza che non solo esisteva davvero, ma si trovava da qualche parte nel bosco dietro il palazzo nell'esatto luogo in cui lo avrebbe fatto costruire anche lui se fosse stato il destinatario dell'ordine di Hitler.

Si guardò intorno. Non c'era nessuno. La notte aveva avvolto ogni cosa nel suo manto nero e quella era la copertura perfetta. Non c'era altro tempo da perdere. Era giunto fino in Slesia perché voleva sapere se le casse erano davvero sotto il palazzo, bene, il momento era arrivato.

Al suo staff aveva detto che si trattava di un'emergenza personale, ma l'indomani sarebbe dovuto tornare in Germania, quindi doveva affrettarsi. Se il tesoro del Reich fosse stato ancora al suo posto, avrebbe trovato in seguito il modo di recuperarlo. Aveva già un piano. Mentre i suoi Cavalieri avrebbero controllato l'accesso all'area lui avrebbe acquistato l'intera proprietà del palazzo dalla Fondazione. I soldi non gli mancavano di certo e a quel punto nessuno avrebbe più potuto legiferare sul suo operato e i lavori di restauro avrebbero mascherato il recupero delle opere d'arte.

Soddisfatto, si chinò di nuovo e tolse lo zaino dalle spalle di Hans. Lo aprì e constatò che c'era ancora dell'esplosivo. Bene. Se il passaggio fosse stato ostruito lo avrebbe fatto saltare. A quel punto prese il cellulare e chiamò uno dei suoi uomini. Voleva comunicargli dove sarebbe andato e chiedere aggiornamenti. Qualche minuto dopo riattaccò.

Ancora nessuna traccia dell'uomo che aveva ucciso Hans, ma lui sapeva che era solo questione di tempo. Lo avrebbero trovato e ucciso. Non era un suo problema. Lui aveva un compito ben più importante da portare a termine.

Si voltò e si mosse rapido verso il retro del palazzo.


L'ISOLA DEI MORTIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora