CAPITOLO 56

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Margot riaprì gli occhi. La vista era ancora annebbiata e la testa le doleva. Aveva un braccio ferito e la pelle ustionata in più punti, ma per il resto niente di rotto.

Cercò di rialzarsi. Le gambe le tremavano per cui dovette appoggiarsi alla parete. Tossì e le parve che i polmoni le scoppiassero.

Si voltò intorno.

Parte del soffitto era crollato e il pavimento era costellato di massi e polvere. L'aria era calda, ma per fortuna il complesso di cunicoli doveva aver funzionato come un enorme sfiatatoio permettendo al vapore e alla polvere di dileguarsi nelle varie direzioni, altrimenti sarebbero tutti morti asfissiati. Tossì di nuovo muovendo il collo indolenzito, cercando di ricostruire mentalmente ciò che era accaduto.

Stavano per entrare nella prima sala quando doveva essere avvenuta un'esplosione ai piani superiori che li aveva scaraventati a terra.

Poi il buio.

Quella consapevolezza la raggelò. Qualcuno allora li aveva preceduti in Slesia e organizzato una trappola mortale per farli finire sepolti vivi. Wagner! Chi altro?

Brividi freddi le corsero lungo la schiena, ma poi le venne in mente Bonnet. Lui era rimasto all'esterno e di sicuro stava cercando un modo per tirarli fuori di lì, magari attraverso il tunnel principale dove aveva piazzato le cariche.

Ma allora perché non era ancora arrivato? E se Wagner era lì, cosa stava facendo?

Troppe domande e lei era veramente stanca.

Diede uno sguardo all'orologio giusto per capire quanto tempo era rimasta svenuta, ma si accorse che era rotto. Probabilmente un frammento di roccia lo aveva colpito mentre era a terra. Si voltò allora intorno, cercando con lo sguardo Astrid e Payne. Ricordava che poco prima di cadere lei le stava dietro, ma Martin no. Sperò che stessero bene. All'inizio faticò a mettere a fuoco l'ambiente, poi si strusciò gli occhi con la manica e li batté più volte fino a quando non vide la sua amica distesa a terra a pochi metri da lei, con un braccio in una posizione innaturale. Sembrava ancora svenuta. Di Payne invece nessuna traccia. In compenso là dove c'era la breccia nella parete si trovava adesso un enorme ammasso di pietre crollate dal soffitto che formavano un nuovo muro.

«Martin» gridò colpita da un'illuminazione, ma non ottenne risposta.

Stringendo i pugni si avvicinò ad Astrid e le si inginocchiò accanto. Le tastò il polso. Per fortuna era viva. Cercò allora di svegliarla e quando lei socchiuse gli occhi, la issò su e la fece mettere a sedere. La sentì gemere. Con ogni probabilità il braccio era rotto. Le si mise accanto facendole appoggiare la testa alla spalla. Era distrutta. Aveva gli occhi arrossati, la pelle del viso bruciacchiata, un labbro spaccato e i capelli intrisi di polvere.

«Bonnet ci troverà» le mormorò cercando di confortarla. «Dobbiamo resistere.»

Lei annuì mentre una lacrima le rigava il volto annerito. «Payne?» domandò poi con un filo di voce.

Lei indicò il muro. «Deve essere dall'altra parte, ma non risponde» scosse la testa, poi si chiuse nel silenzio.

***

Bonnet arrivò in fondo alle curve quasi zoppicando. Si era fermato un paio di volte per stringersi la bandana ormai intrisa di sangue, ma era servito a poco. Avrebbe avuto bisogno di cure. Sentiva le forze venire meno, ma non poteva mollare, non giunto a quel punto. Avanzò stringendo i denti fino a dove c'era la breccia che aveva aperto con Margot e qui si fermò. Di fronte si ergeva un nuovo muro di pietre e ai suoi piedi giaceva Payne semicoperto dai detriti.

L'ISOLA DEI MORTIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora