CAPITOLO 28

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Berlino

Palazzo Bellevue

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Karl si sistemò la cravatta guardandosi allo specchio, si pettinò e infine si abbottonò la giacca. Era pronto. Fra pochi minuti sarebbe entrato nella sala principale per pronunciare il suo discorso inaugurale come Cancelliere. La votazione avvenuta quella mattina presto nel Bundestag gli infatti aveva garantito la maggioranza assoluta sia dei conservatori che dei socialdemocratici, perciò, dopo aver ricevuto la nomina formale dal Presidente Federale, adesso non gli restava che prestare il solenne giuramento. Distolse lo sguardo dalla sua immagine e si mosse verso l'enorme finestra che dava sui giardini interni del Reitergarten. L'aprì e rimase così per qualche istante assaporando l'aria fresca e umida che proveniva dal vicino fiume.

L'immacolato palazzo neoclassico di Bellevue, situato sulle rive della Sprea, era la residenza ufficiale del Presidente della Repubblica Federale fin dal lontano dopoguerra e il luogo in cui venivano effettuate le cerimonie d'investitura.

Karl lo aveva visitato molte volte in qualità di membro del Bundestag e ne conosceva l'intrigante storia a cominciare dalla sua costruzione che risaliva al lontano 1786 quando l'architetto Michael Philipp Daniel Boumann era stato scelto per edificare su quella che un tempo era stata la riserva di caccia del Tiergarten, una residenza privata per il figlio minore di Federico II di Prussia. Ciò però che aveva sempre affascinato Karl di quella specie di castello rinascimentale era stata la scelta del Führer di trasformarlo, data la sua posizione strategica, sia nella sede del comando militare dell'epoca sia in un lussuoso albergo per gli ospiti del regime nazista. Anche lui sognava di realizzare una cosa simile e forse, nei successivi anni, ci sarebbe anche riuscito. Del resto, aveva in mente un sacco di cambiamenti assai radicali che avrebbero finito per trasformare la Germania dall'interno riportandola in una posizione dominante nell'asset economico-politico dell'Europa. Come era giusto che fosse.

Alzò lo sguardo verso il cielo, pensando per un attimo a suo nonno e a tutti gli insegnamenti che aveva ricevuto da quell'uomo straordinario. Era sicuro che sarebbe stato fiero di lui.

Richiuse la finestra. Era ora. Diede un ultimo sguardo alla sua immagine riflessa nello specchio, poi aprì la porta e scese al primo piano, nel salone centrale, deciso a immortalare la sua figura in modo indelebile.

Appena fece il suo ingresso venne accolto da una profusione di applausi che rimbombarono fra le enormi pareti decorate da affreschi. Con un sorriso raggiante salì sul palco e si avvicinò al microfono. Quando il fragore iniziò a smorzarsi, attese un secondo poi pronunciò le prime parole del discorso che si era preparato già nei giorni scorsi.

«Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è dargli fiducia. Non sono parole mie, ma di Ernest Hemingway, un uomo che ho sempre ammirato per la sua capacità di coinvolgere le persone usando la forza dirompente della scrittura. E credo così fermamente nella sua massima che di fronte a tutti voi giuro solennemente che saprò ricompensare la vostra scelta» fece una pausa fissando lo sguardo sugli astanti sicuro di avere la loro totale attenzione.

«Ho molti obiettivi» riprese subito dopo con voce calma e cadenzata «alcuni dei quali anche molto ambiziosi. Chi mi conosce sa quali sono le mie idee e come intendo governare, ma oggi non sono qui per fare campagna elettorale, ma per ricordarvi una verità fondamentale, che come tedeschi noi tutti condividiamo la responsabilità di mettere il nostro Paese al servizio di un'Europa unita e più forte. Noi abbiamo le risorse necessarie per aiutare e istruire gli altri Paesi, noi possediamo le energie e la mentalità giusta, e, cosa più importante, siamo noi il popolo che da sempre è stato in grado di sollevarsi dalle avversità per assumere il comando. Possiamo farlo, anzi abbiamo il dovere di farlo. E lo faremo! Con l'aiuto di Dio metterò la mia forza e la mia determinazione al servizio del bene del popolo tedesco, per proteggere e difendere la legge fondamentale della federazione e guidare la Nazione verso un mondo nuovo.»

Il rumore degli applausi irruppe nella sala, mentre l'intero discorso veniva ripreso dalle telecamere e trasmesso in diretta su tutti i canali.

Karl sorrise, assaporando il piacere della vittoria.

***

La cerimonia era stata un successo. Certo era rimasto sul vago in quanto ai suoi veri obiettivi calcando la mano solo su quegli aspetti che sapeva avrebbero toccato l'animo sensibile e nazionalista dei colleghi, ma non avrebbe potuto fare diversamente. Se da una parte era intenzionato a trasformare la Germania, dall'altra sapeva bene che il processo doveva essere graduale. Ma lui non aveva fretta e aveva sfruttato l'ora successiva alla fine del giuramento per stringere nuove alleanze rispondendo alle domande dei più curiosi, beandosi di quel momento come un grande condottiero in procinto d'intraprendere la sua più importante battaglia. A malincuore quindi aveva lasciato il palazzo Bellevue per dirigersi all'aeroporto di Berlino, ma d'altra parte la politica non era tutto e lui aveva una missione importante da concludere. L'incontro con Legrand non poteva più aspettare. L'aveva già fatto rimandare fin troppe volte, adesso era giunto il momento di affrontarla. Non sarebbe stato semplice, però. Astrid era una donna intelligente e per di più con molta influenza nell'ambiente. Se aveva insistito nel volerlo incontrare era abbastanza chiaro che sospettava qualcosa nei suoi confronti, ma non aveva prove sufficienti per incastralo. Forse sperava di trovarle a Wewelsburg, ma lui sarebbe stato molto attento a non fornirle appigli di alcun genere. Se fosse riuscito a concludere la faccenda dei quadri di Böcklin e a mettere le mani sul tesoro del Führer, allora la strada per il successo sarebbe stata assicurata.

Guardò l'orologio. Il suo aereo privato sarebbe decollato di lì a pochi minuti e nel giro di un'ora lo avrebbe portato sulla pista di Paderbon dove aveva già dato istruzioni affinché una berlina nera lo attendesse per condurlo al suo castello, qualche chilometro più a sud.

Si rilassò sul sedile, sorseggiando un bicchiere di champagne e tornando a pensare a Legrand. Dopotutto sarebbe stato interessante e istruttivo parlare con lei anche alla luce del mancato assassinio di Margot Labouche. Chissà come avrebbe affrontato l'argomento. Lo avrebbe aggredito? No, non era nel suo stile, la conosceva bene, piuttosto avrebbe messo in piedi uno scontro ad armi pari che per lui sarebbe stato una specie di banco di prova utile per affrontare le future sfide del Governo. Era molto bravo nell'arte della diplomazia, ma c'era sempre margine per imparare.

Immerso in quei pensieri si mise a osservare la pista scorrere veloce sotto di lui prima che l'areo s'alzasse in volo.

Un'ora e mezza più tardi si trovava nel suo studio, all'interno della torre Nord del Castello.

Astrid Legrand arrivò venti minuti dopo e lui la fece accomodare nel salone al piano terreno, una zona neutrale priva di qualunque riferimento ai Cavalieri Neri e alla sua appartenenza a quell'oscura e antica setta.

«Astrid» esordì non appena entrò «che piacere vederti! Perdonami se non ci siamo incontrati prima, ma, sai, ho avuto una settimana piuttosto intensa» le porse la mano.

Lei la strinse, impassibile come al solito. «Ho saputo sì. Dunque, Karl, sei il nuovo Cancelliere della Germania. Devo congratularmi con te o cominciare a preoccuparmi?»

Lui rise mettendosi a sedere su una delle tante poltrone in pelle e facendo cenno anche a lei di accomodarsi.

«Sei sempre così gentile con i vecchi amici?»

«Di solito, no, ma con te ho fatto un'eccezione.»

«Desideri qualcosa da bere?» cambiò argomento lui.

«Sono a posto, grazie. Allora, dimmi, eri all'estero per lavoro o per divertimento?»

Karl afferrò un bicchiere di whiskey e lo tenne in mano osservando il colore ambrato di quella squisita bevanda, poi alzò lo sguardo verso la donna. «Perché non la smettiamo con i convenevoli, Astrid? Ci conosciamo da troppo tempo per fingere che sia piacevole stare insieme, per cui, dimmi, qual è il vero scopo di questo incontro?»

L'ISOLA DEI MORTIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora