CAPITOLO 5

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Il professor Bartoli appariva sereno e compassato. Aveva chiesto un colloquio privato con il tenente. Lupo glielo concesse volentieri. Era quello che voleva. La richiesta del docente gli evitò l'imbarazzo di escludere dal colloquio Caruso. "Professore, com'erano i suoi rapporti con Pasquini?" domandò.

"Mediamente buoni" rispose l'insegnante. "Né più né meno come quelli che ho con gli altri colleghi."

"Cosa può dirmi del litigio?"

"Non è stato un litigio... Abbiamo discusso ad alta voce."

"Di cosa?"

"Questioni didattiche..."

"Cortesemente, le chiedo di essere più preciso. A noi risulta che c'è stata una discussione piuttosto violenta."

"Si vede che lei non bazzica il mondo della scuola. Non ha idea del frastuono che c'è nei corridoi. Specialmente durante gli intervalli."

"Dunque avete alzato la voce per il chiasso che c'era?"

"Non è solo questione di chiasso. Provi a combattere per un'ora, in aula, con una banda di trenta ragazzi scalmanati. L'adrenalina sale..."

"Se ho capito bene, vuol dire che si era già alterato prima di avere quello scontro con Pasquini?"

"Ripeto, non è stato un litigio, ma una normale discussione adrenalinica fra insegnanti."

"Bene professore, la sua posizione è chiara. Un'ultima domanda: qual è il motivo della sua assenza in aula magna, il giorno della commemorazione funebre? Ci risulta che era presente a scuola."

"Non me la sono sentita. Ultimamente, i miei nervi non sono a posto. Sa, dopo trent'anni di insegnamento... capita molto più spesso di quanto la gente possa immaginare. Dicono che il nostro sia un lavoro facile: lavoriamo poche ore a settimana, abbiamo tre mesi di vacanze l'anno... Non sanno quanti docenti sono a rischio di burnout. Ecco, non me la sento di affrontare lo stress di queste cerimonie. Non sono andato nemmeno al funerale di una mia cara zia, che è morta di recente."

"Capisco... Lei vive da solo, professore?"

"Sì, da quando è morto mio padre. Vivo con il mio cagnolino..."

"Se non ha nient'altro da aggiungere o dichiarare, va bene così."

"Nient'altro."

Lupo lo congedò. Rimase assorto per qualche minuto, il capo fra le mani, i gomiti posati sulla scrivania. Iniziò a passeggiare, lentamente. Percorse la sala sino in fondo, poi tornò indietro. Le braccia incrociate dietro la schiena, la testa chinata verso il pavimento: sembrava che volesse ispezionare la moquette. La calma di Bartoli era innaturale, sarà stata indotta da qualche psicofarmaco. Non somigliava per nulla al tipico insegnante scoppiato che avrebbe potuto commettere il delitto. Il movente si sarebbe trovato subito: la frustrazione lavorativa e l'invidia verso quel collega e intellettuale di successo. Una volta, sarebbe stato il colpevole perfetto. Ma non c'entrava niente col delitto. Non con le nuove procedure garantiste. L'ho convocato, ancora una volta, per compiacere il maresciallo. Tempo sprecato. Sì, è anziano. Ha decenni di servizio alle spalle. E allora? Non è mica un mio superiore. Sono io il capo!...


"Laura, oggi sei uno schianto" disse Matteo, mentre eseguiva la serie di addominali.

"Ragazzo, concentrati sugli esercizi" rispose lei professionale.

"È un po' difficile con te vicino..."

"Non fare lo spiritoso e lavora!...

Laura se ne tornò nel suo box, all'ingresso della sala attrezzi. I tapis roulant erano disposti lungo le vetrate della parete laterale, che si affacciava sul lago. Venti minuti di corsetta prima di affrontare i manubri, la panca e le altre diavolerie sviluppamuscoli sparse nella sala erano l'ideale per smaltire lo stress della giornata. Un quarto d'ora in sauna, una bella doccia fredda tonificante, dopo gli allenamenti, e ti rimettevi in sesto anche nelle giornate più nere. Fu in quella palestra che conobbe Lupo. All'epoca, il giovane tenente si allenava quasi ogni giorno. Fu lei a preparargli la scheda, quando si iscrisse al club. Non ricordava esattamente quando iniziò quel gioco di sguardi, che fece incontrare le loro anime. Sapeva che durò a lungo, troppo... prima che Franco le proponesse di uscire, una sera. Avvenne tutto in modo naturale. Iniziarono a frequentarsi, senza dirsi che stavano insieme. Non ce n'era bisogno, lo sapevano. Si erano dati una regola: stare bene insieme. Finora, aveva funzionato.


"Beviamo qualcosa?" fece Matteo, l'asciugamano in spalla, avviandosi verso gli spogliatoi. Anna lo gelò: "Non mi interessano i toy boy!". Lui rispose con un ghigno. "È proprio un pirla" disse Mario, il personal trainer che era appena arrivato per darle il cambio. "È solo un ragazzino" rispose Laura. Il collega rise, scuotendo il capo. Lei lo salutò. Si avviò verso l'uscita. Prima di salire in macchina, indugiò nel parcheggio, il tempo di fumarsi una sigaretta. Erano trascorsi tre anni da quando conobbe Franco. La regola funzionava. Ma si amavano ancora? Anzi, si erano mai amati? A letto le cose andavano sempre alla grande. La prestanza fisica c'era, il desiderio anche. Ma un rapporto di coppia non è fatto solo di sesso. È fatto di tante cose: complicità, progetti, passione, follia... C'erano ancora tutti questi ingredienti o iniziavano a scarseggiare?


"Com'è andata oggi?" chiese Laura.

"Bartoli non c'entra niente" rispose Lupo. "È un professore frustrato come tanti... A te com'è andata?"

"Quel ragazzino ci ha provato di nuovo."

"Che scemo!..."

"Sai, oggi a vent'anni si credono uomini fatti..."

"Sì, fatti di hashish e marijuana. O delle altre schifezze che circolano nella tua palestra..."

"Ma dimmi, se io accettassi le sue avance, così per gioco... ti seccherebbe?"

"Sarei deluso, mi dispiacerebbe per te. Cosa ci troveresti in un ragazzino brufoloso come quello?"

"Il gusto di educarlo..."

"Ah, sì? Non sapevo che la mia donna fosse un'educatrice..."

"Io non sapevo che tu fossi un moralista."

"Infatti non lo sono. Che c'entra?"

"C'entra eccome! Fra l'altro ti contraddici. La relazione tra il Professore e il suo ex alunno sarebbe una cosa normale? Sul fatto che uno stimato docente e scrittore cinquantenne vada a letto con un ragazzino di vent'anni non hai nulla da dire?"

"Sei andata fuori tema. Per due motivi: primo, sono soltanto voci, pettegolezzi: io guardo ai fatti, mi servono le prove; secondo, Pasquini non era il mio compagno..."

Laura scoppiò a ridere: "Meno male! Temevo che fossi gay!".

"A quanto pare hai le idee un po' confuse. Se hai bisogno di un chiarimento, te lo do volentieri..."

Le carezzò dolcemente i capelli. Rimase a indugiare sul collo. Le esplorò la schiena, con l'abilità di un danzatore virtuoso. La baciò con rabbia e passione. Lei lo assecondò. Iniziò a sbottonargli la camicia, ricambiando sul petto villoso le carezze ricevute. Si fermò sui pettorali, come se volesse controllarne il tono. Dopo avergli slacciato con eleganza la cintura, poté constatare la virilità prorompente del suo uomo. Simulò qualche secondo di stupore. Si accovacciò, e iniziò a baciarlo con passione selvaggia. Franco ne assecondava il ritmo, la mano gentile fra la chioma fluente. La danza durò qualche minuto. Poi si spostarono in camera da letto. Si aiutarono reciprocamente a spogliarsi. Franco si sdraiò supino. Laura si adagiò sopra il suo corpo muscoloso. Condusse abilmente il gioco. L'intesa era perfetta. La gioia condivisa.

ENERGIADove le storie prendono vita. Scoprilo ora